Il Giornale (30 aprile 2018)
– L’Italia ha nel debito pubblico, ormai pari al 132 % del Pil, la sua maggior vulnerabilità.
L’Italia ha nel debito pubblico, ormai pari al 132 % del Pil, la sua maggior vulnerabilità. Tagli alle spese e al welfare, politiche di austerità e gli aiuti della Bce non sono riusciti, negli ultimi anni, a impedirne la lievitazione. Un vicolo cieco, se non si ridà sovranità al Paese collocandolo al di fuori dei confini dell’eurozona? Pierangelo Dacrema, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria, non è di questo avviso. E nel suo «La buona moneta. Come azzerare il debito pubblico e vivere felici», dà una ricetta per rendere sostenibile questo peso da oltre 2.200 miliari di euro.
La trama
Dal greenback di Lincoln durante la guerra di secessione ai Mefo di Scahft agli albori del nazismo, fino ai Certificati di credito fiscale di stampo keynesiano, nella storia contemporanea non sono certo mancate soluzioni eterodosse e fantasiose per provare a finanziare la crescita e disinnescare la mina del debito. Gli esempi citati si basano sulla circolazione di una valuta parallela rispetto a quella ufficiale, ed è questa la base della proposta di Dacrema. Con una premessa: l’Italia deve restare in Europa. Può farlo, secondo l’autore, anche se dovesse decidere di rimborsare Btp, Cct e Bot con una moneta a corso forzoso, cioè valida solo in Italia, con un rapporto 1 a 1 sull’euro, da impiegare fino a quando l’indebitamento non sia stato riportato entro il parametro del 60% (o anche fino al suo azzeramento). Uniche avventure: divieto per le banche di usare questa moneta per erogare prestiti o per operazioni finanziarie. L’operazione, ammette l’autore, non è esente da rischi. Il primo è che l’Europa dica no. L’altro è la massiccia vendita di debito italiano da parte degli stranieri.
Chi non può perderselo
Chi non crede che sia ancora una via d’uscita dal debito.
A chi non piacerà
A chi non ci crede più.