Sull’edizione di giugno di Ghinea è uscita una bella recensione di “Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero” firmata da Marco Reggio.
Eccone uno stralcio.
“Il pensiero antispecista vive nel nostro paese un certo fermento negli ultimi anni. Le parole d’ordine del “primo” antispecismo di matrice anglosassone (ma anche – occorre ricordarlo – bianca, maschile, cisgenere e accademica) si accompagnano a riflessioni che muovono da prospettive più ampie e, soprattutto, che dialogano serratamente con altri ambiti di lotta e di elaborazione teorica. Le prospettive foucaultiane in relazione all’ agency animale , la teoria critica seguente alla “svolta” suggerita da Derrida in relazione alla questione animale; gli intrecci con le teorie queer, esplorati interpellando sia la teoria della performatività di Judith Butler sia il versante anti-sociale del queer ), ma anche con altre “correnti” del femminismo, come l’ecofemminismo , l’opera di Carol J. Adams (da poco tradotta ) e l’etica del care. Senza contare il gran lavoro di traduzione, che spesso è sottorappresentato (forse anche perché è prevalentemente femminile), sui blog o a livello editoriale, che si è rivelato preziosissimo per far conoscere ai lettori/trici italian*, soprattutto militanti, alcune voci e alcuni momenti salienti dei dibattiti esteri (si veda il sito del collettivo Les Bitches ). In questo scenario, un ritardo certamente significativo è quello relativo alla messa a tema dell’intreccio tra questioni razziali e questione animale. Sebbene gli elementi non manchino, e sebbene una certa diffusione del metodo intersezionale abbia preparato il terreno per aprire una discussione su tale ambito, è stata fino ad oggi pressoché clamorosa la mancanza delle voci non bianche sulle teorie e le prassi antispeciste/animaliste. Inizia a colmare questo vuoto la traduzione di Aphro-ism. Essays on Pop Culture, Feminism, and Black Veganism from Two Sisters , di Aph e Syl Ko ( Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero , Vanda Edizioni, traduzione di feminoska, 2020), in uscita in questi giorni.
Le autrici, due sorelle afroamericane, hanno dato alla luce un libro per certi versi atipico, costruito a partire dall’omonimo blog, articolando una serie di riflessioni in forma non lineare, non accademica, militante nello spirito e nel linguaggio, ma al tempo stesso ben radicata nelle fondamenta delle riflessioni teoriche del campo dei Critical Animal Studies .
La prospettiva delle sorelle Ko è quella di chi si trova, in prima persona, a dover denunciare il biancocentrismo dell’animalismo mainstream, evidenziando gli aspetti escludenti di alcune parole d’ordine apparentemente neutrali dal punto di vista razziale (una su tutte: veganismo ), e il retaggio coloniale di molte pratiche di solidarietà interspecie. Al tempo stesso, però, si tratta di una postura che rivendica la piena considerazione dell’animalità nelle pratiche di decolonizzazione. Come sintetizza Breeze Harper nella prefazione all’edizione originale, “Afro-ismo mette in discussione la narrazione popolare secondo cui antispecismo, liberazione nera e antirazzismo siano incompatibili e causa di divisioni”. Tale prospettiva si radica nel rifiuto della favola del “post-razziale” e trova nel movimento Black Lives Matter un costante riferimento concreto, talvolta anche critico, per scardinare il mito del sapere oggettivo bianco in grado di elaborare una teoria a tutto tondo dello sfruttamento animale in cui sarebbe la buona coscienza dei privilegiati a traghettarci nell’eden vegano. Come emerge dalla pubblicistica che ruota intorno allo slogan go vegan , la liberazione dovrebbe materializzarsi come somma di atti di volontà individuale, generati da un’empatia indifferente agli assi della razza, del genere o della classe e, in definitiva, del tutto disincarnata.
In questo scenario, quella delle sorelle Ko è, sempre prendendo a prestito una fortunata espressione di Breeze Harper, “un’avventura di giustizia epistemica”. Non è solo la determinazione del soggetto nero escluso dal discorso animalista bianco a demolire il trasversalismo politico di chi, anche in Italia, afferma incessantemente che tutti “gli altri discorsi” non fanno altro che sottrarre energie alla liberazione animale; è anche la storia della razza e dell’animalità che, riscritta da un soggetto nero con gli strumenti decoloniali, mostra come sia semplicemente impossibile parlare di due elementi distinti. Le autrici illustrano infatti come razzializzazione e animalizzazione siano legate in modo molto più stretto di quanto lascino pensare gli stessi argomenti che da qualche anno iniziano a circolare in alcune nicchie antispeciste.”
Trovate l’intera recensione nell’edizione di giugno di Ghinea.