È uscita sul numero di settembre/ottobre della rivista “Africa” una bella recensione di “Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero” di Aph e Syl Ko.
La potete scaricare e leggere qui.
È uscita sul numero di settembre/ottobre della rivista “Africa” una bella recensione di “Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero” di Aph e Syl Ko.
La potete scaricare e leggere qui.
Su Leggere Donna è uscita una bella recensione di “Carne da macello. La politica sessuale della carne” di Carol J. Adams.
Siamo sicure che la libertà che noi donne abbiamo conquistato sia nostra per sempre? O possiamo tornare indietro? O possiamo proprio perderla? A fronte della nostalgia per una società patriarcale che oggi una certa politica esprime e minaccia, si offrono pensieri ad alta voce.
“Cosa siamo disposte a fare per la nostra libertà” contiene due monologhi di Alessandra Bocchetti, figura autorevole del femminismo italiano, per riflettere su ciò che abbiamo conquistato, ciò che a volte diamo per scontato, ciò che rischiamo di perdere.
“Il 7 gennaio 2015 esce in Francia Sottomissione , un romanzo fantapolitico di Michel Houellebecq, dove si racconta come a poco a poco l’Islam avrebbe conquistato l’Occidente. Il libro suscita un forte scalpore. Lo stesso giorno a Parigi due uomini armati di mitra entrano nella redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” e uccidono dodici persone.
Sono due fratelli, i fratelli Kouachi, di religione islamica, cresciuti nella banlieue parigina, affiliati ad Al Qaeda. Con la loro azione volevano punire le vignette pubblicate dal giornale su Maometto.
L’11 gennaio, in risposta a quella carneficina, un’enorme manifestazione contro il terrorismo sfila per Parigi. Sono presenti quasi tutti i capi di Stato del mondo. Lo stesso giorno due bambine di circa dieci anni, imbottite di tritolo, vengono fatte saltare in un affollato mercato di Potiskum, in Nigeria. Alla notizia che appare sui giornali non viene prestata una grande attenzione. (Luce. Una donna davanti a un leggio)
Come tanti sono rimasta a guardare alla televisione la grande manifestazione di Parigi. Un po’ commossa, un po’ confusa, ma con la sensazione che stesse succedendo qualcosa di buono. C’erano tutti, sono sicura. Tutte le razze erano presenti, tutte le religioni e anche tutti i tipi di atei che possiamo immaginare. Ma qualcuno mancava. Anzi, qualcuna mancava. Sono stata attenta, ho cercato con intenzione in quel mare di gente almeno una donna che portasse il velo ma non l’ho trovata. Non dico il velo pesante, che non sarebbe stato possibile, ma quello che lascia scoperto tutto il viso. Delle donne con il velo. Sicuramente c’erano i loro mariti, i loro figli, i loro padri, ma loro no.
Eppure sono sicura che condividevano tutto: la commozione, la rabbia, la speranza di un mondo senza odio. Ma lì non c’erano. Erano a casa, perché “a casa” è il loro mondo, il loro posto. Ma perché le cercavo così ansiosamente in quella marea umana? Devo ora spiegare quella mia assoluta necessità.
Non vorrei stare ora nei panni di Houellebecq. Certo guadagnerà un sacco di soldi, ma sono sicura che non avrebbe mai desiderato uno scenario simile per l’uscita del suo libro.
Il suo romanzo è una profezia di perdita, racconta come l’Occidente a poco a poco verrà guadagnato dall’Islam. Solo pochi anni e la Francia, dice, avrà un presidente della Repubblica islamico, sia pur moderato, e le donne di nuovo “a casa”, sottomesse alla volontà e alla padronanza degli uomini. Onestamente devo dire che non ho letto ancora il libro di Houellebecq, penso che lo farò, ma da quello che se ne racconta, e dal modo in cui se ne parla, che è anche già molto significativo, c’è una cosa che mi fa scandalo. Il fatto che le donne siano rimesse “a casa”.
Le donne occidentali. Dico noi perché di noi si parla a questo punto. Viene rappresentato come un fatto quasi meccanico, una deriva facile, senza grandi complicazioni, senza lacrime né maledizioni. Prima dentro, poi fuori, poi di nuovo dentro come fossimo corpi inerti, senza desideri, senza volontà. Corpi facilmente spostabili. È questa l’impressione che diamo? Come mai, oggi, si può ancora immaginare che si possa prescindere dalla volontà delle donne, dai nostri desideri, dal nostro amore per il mondo? La nostra immagine è ancora così debole? Le radici della nostra libertà sono ancora così corte?
Certo, la libertà delle donne è cosa nuova, una manciata di anni di fronte al peso della storia. Che le ragazze ascoltino, per favore!
Una donna francese, che oggi è lì, a place de la République, per la dignità di tutti, fino al 1968 ha avuto bisogno del permesso di suo marito per firmare un assegno. Sembra incredibile, no? Sembra incredibile che fosse cosa saggia picchiare una donna se questa donna magari saggia non sembrava.
Siamo state proprietà degli uomini per lunghi secoli della storia, nel nome e nei fatti. Abbiamo avuto anche noi i nostri califfi prima di poter viaggiare, votare, scegliere, decidere, leggere, scrivere e far di conto. La nostra libertà è stata guadagnata.
Ed ecco la domanda: saremo capaci di difenderla? O sarà facile riportarci “a casa”? Dove potremmo arrivare?
Saremmo capaci di uccidere per la libertà delle donne? Vi racconto quello che mi spaventa”.