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Un buon auspicio! Basta lacrime!

Articolo di Maria Concetta Sala originariamente apparso qui.

Nel contesto sconquassato e sgangherato in cui ci troviamo a vivere la lettura dell’ultimo libro di Alessandra Bocchetti Basta lacrime (VandA.edizioni, 2022) offre a donne e uomini, a ragazze e ragazzi – interessati a leggere il risvolto meno noto delle origini dello scardinamento in atto e delle aperture su idee e visioni in un orizzonte di autentica libertà grazie alla potenza di un’idea sovvertitrice dell’ordine millenario del patriarcato – la possibilità di ripercorrere, se non di scoprire, la storia politica dell’Italia nel venticinquennio 1995-2020 attraverso lo sguardo di una donna impegnata insieme ad altre donne nell’edificazione di una civiltà che metta al primo posto un nuovo senso dell’umano rivolto alla cura del vivente, all’attenzione materna, alla tensione verso la giustizia.

Si tratta di una storia politica che continua ad alimentare « principi ordinatori della società » totalmente diversi da quelli dominanti –  quali il potere, il denaro, la violenza –  e che contribuisce a diffondere « una cultura meno eroica, meno violenta, più radicata nel mondo » (p. 287), perché ancorata alla conoscenza e all’accettazione della fragilità umana e della condizione di interdipendenza alla quale tutti, donne e uomini, siamo sottoposti. Si tratta di una straordinaria reinvenzione dello stare al mondo e nel mondo a partire dal « lavoro oscuro » delle donne, « insomma, l’invisibile della storia », che è « oggi, un tesoro da spendere accumulato nel corso di secoli, che è il loro sapere materiale generato dall’aver visto l’umanità sempre da molto vicino, nel suo splendore e nella sua miseria, nei profumi e nelle puzze » (p. 78).

Alla femminista della differenza Alessandra Bocchetti, figura di spicco del  Centro culturale Virginia Woolf di Roma, fondato nel 1979 insieme ad altre amiche, alla donna da sempre in dialogo con le istituzioni ma distante dal femminismo istituzionale o di Stato dobbiamo questa raccolta di scritti politici che pur precisamente datati in quel ventennio ruotano intorno a questioni ancor oggi decisive per il futuro dell’umanità tutta e sollecitano a un ulteriore dibattito – ne elenco alcune: violenza e identità, corpo e maternità, violenza e giustizia, diritti e desideri, libertà e liberazione, femminismo e femminismi, soggettività e governo delle donne… Questioni complesse che i documenti, le lettere, gli articoli di Bocchetti hanno il pregio di porgere con grande pacatezza e di formulare in un registro piano, scorrevole e chiaro.

Mi soffermo su alcuni aspetti in una certa misura sorprendenti e che più hanno destato la mia curiosità e suscitato interesse, primo fra tutti il riaffiorare in diversi scritti di un vocabolo quale « dignità umana », che vorrei reinterrogare tenendo presente la possibilità di stabilire dei nessi con la ricerca della felicità da parte di una donna.

Dignità è una parolina che ha una lunga storia: riguarda il valore unico e irripetibile che ogni individuo maschio o femmina possiede di per sé in quanto essere umano esistente su questa terra, nella sua qualità di essere umano, nel suo essere partecipe alla comune umanità. Simone Weil, molto amata da Alessandra Bocchetti, e il cui pensiero ricorre spesso in questa raccolta,  è la prima a fare dell’affermazione della dignità umana un obbligo incondizionato, l’obbligo primario, agganciandola ai bisogni umani, al nutrimento del corpo e dell’anima di ogni essere umano:

L’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando non gliene si riconoscesse alcuno.

Quest’obbligo non si fonda su nessuna situazione di fatto, né sulla giurisprudenza, né sui costumi, né sulla struttura sociale, né sui rapporti di forza, né sull’eredità del passato, né sul supposto orientamento della storia. Perché nessuna situazione di fatto può suscitare un obbligo.

Quest’obbligo non si fonda su alcuna convenzione. Perché tutte le convenzioni sono modificabili secondo la volontà dei contraenti, mentre in esso nessun cambiamento nella volontà degli uomini può nulla modificare (1) .

Si tratta, continua Simone Weil, di un obbligo fondamentale, eterno, incondizionato, che « non ha un fondamento, bensì una verifica nell’accordo della coscienza universale » (2) e che si trova espresso nei più antichi testi a partire dall’antico Egitto.

Per Alessandra Bocchetti dignità è una grande parola: « A pensarci bene, da sola basterebbe a fare un buon programma di governo. Se si pensasse alla dignità che a ciascun essere umano si deve in questa terra, che meravigliosi programmi si farebbero per il lavoro, per l’istruzione, per la salute! Sì, dignità è una parola che ci aiuta a fare bene » (p. 224). Gli esseri umani, donne e uomini, sostiene giustamente Bocchetti, sono uguali unicamente nella dignità, che « non è un bene da conquistare ma che ciascuno ha, malgrado se stesso, per il solo fatto di essere nato, per il solo fatto di condividere la condizione umana. Mi piacerebbe leggere nelle aule dei tribunali la scritta in bella vista: “La dignità è in ciascuno di noi”, sarebbe forse una frase profondamente più vera de “La giustizia è uguale per tutti”» (p. 245).

Il riconoscimento della dignità umana, lo sappiamo,  è un pilastro della civiltà giuridica e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e sappiamo anche quali e quante lotte le donne hanno dovuto sostenere perché questo principio si traducesse in realtà di fatto, ma, sottolinea con vigore Bocchetti, tutto quello che le donne hanno conquistato sulla carta, nei diritti, « può restare lettera morta se non viene animato da un soffio […] che dà energia» e questo soffio « è appunto un’idea nuova e forte, capace di cambiare le regole del gioco. […] È l’idea di diritto-aspettativa di felicità. Vedete, ho usato una doppia parola, “diritto-aspettativa”, in realtà né l’una né l’altra vanno bene, la parola diritto è troppo arrogante, la parola aspettativa è troppo debole. Ce ne vorrebbe una terza…» (p. 81).

Saggiamente viene sottolineato in un altro scritto che si tratta di un’idea nuova, di uno straordinario e rivoluzionario risultato, perché ha innescato un mutamento nell’ordine del discorso e nell’ordine dei fatti, ma qua e là affiora l’impazienza del “tutto e subito” che è a mio parere un errore, perché la rivoluzione delle donne è una rivoluzione simbolica, nella quale rientrano azione e contemplazione, e necessita di tempi lunghissimi E del resto lo ammette la stessa Bocchetti nel suo intervento nel corso di  un convegno sugli anni Settanta svoltosi a Cinisi nel 2018: « La felicità di una donna ha dato sempre un certo scandalo nell’ordine dei padri, risultava sempre un po’ fuori posto, il dolore era il sentimento che più si addiceva alla donna, la sua icona. Adesso invece questa felicità possibile è nella testa di tutte noi » (p. 239); e questo «è stato un grandioso passo avanti verso la libertà » (p. 247), lo ribadisce in un discorso tenuto durante il convegno “Stereotipi e pregiudizi sulla violenza di genere” organizzato dall’ Area Democratica per la Giustizia in Senato nel 2019.

Un altro aspetto importante di questo libro è il rilievo dato al lavoro delle donne, quello in casa, quello fuori di casa, fino alla presa di posizione giustamente intransigente nei confronti di quel terribile contratto che regola la  maternità per altri. Bocchetti è consapevole della visione statica della libertà delle donne che la politica tradizionale ha fatto propria e denuncia le armi a doppio taglio quali, ad esempio i congedi parentali e il part time, che mantengono le donne prigioniere e protette in gabbia; e si pronuncia contro le politiche di genere che hanno rafforzato e non eroso la miseria e la debolezza femminili in una sincera autocritica che è qualcosa di raro e di esemplare nella storia del movimento delle donne: « Abbiamo dato credito solo alla miseria delle donne, alla loro debolezza e abbiamo cercato di mettere a punto politiche di tutela, di riparo, di consolazione, non rendendoci conto che, così facendo, contribuiamo alla nostra imperfetta cittadinanza. […] La nostra cittadinanza diventa piena solo quando la nostra attenzione e tensione modificatrice va alla società intesa nella sua complessità », perché le donne sono « parte costituente della società stessa» (pp. 152-53). La sua riflessione sulla formula “forza-lavoro” è fondamentale ancora oggi : «Un padrone di fabbrica non compera l’operaio, compera la sua “forza-lavoro”. L’operaio non vende il suo corpo, vende la sua “forza-lavoro”. Simone Weil e altri ci hanno spiegato questo puro imbroglio. Weil, che ha voluto sperimentare la catena di montaggio alla Renault, ci racconta che è l’intera vita che se ne va, se ne va il poter pensare, il poter immaginare, la voglia di parlare, la salute, l’eros…» (pp. 217-18).

Alessandra Bocchetti fa bene a sottolineare l’importanza che potrebbe avere oggi una riflessione delle donne sul lavoro: « Nessuno ha mai difeso veramente il lavoro delle donne, né i partiti, né i sindacati. Il lavoro delle donne è stato sempre considerato aggiuntivo. […] È importante che il femminismo si assuma questo tema in questo momento, è un tema allo stesso tempo materiale e profondamente simbolico » (articolo apparso il 20 luglio 2020 sul supplemento La 27esima ora del «Corriere della Sera»). Sono d’accordo, bisogna riprendere le fila del discorso a partire dal «Sottosopra» del 2009, Immagina che il lavoro, un manifesto ben sintetizzato nella formula Primum vivere, che significa mettere al centro la vita ma non subordinando l’esperienza materiale del vivere alla riflessione teorica sul vivere o viceversa, bensì attribuendo valore a ciò che rende la vita degna di essere vissuta, a ciò che è vitale e non mortifero (3).

________________________

1) Simone Weil, La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, trad. di Franco Fortini, SE, Milano, 1990, p. 14.

2) Ibid., p. 15.

3) A questo proposito si  vedano ulteriori considerazioni nell’articolo redatto per «pressenza. International Press Agency, redazione di Palermo:  https://www.pressenza.com/it/2020/11/tutto-il-lavoro-indispensabile-alla-vita/

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Christine Delphy

Una delle più grandi teoriche del femminismo mondiale, è la maggiore rappresentante in Francia del femminismo materialista. Dopo aver studiato sociologia alla Sorbona, si è trasferita a Chicago e poi a Berkeley negli Stati Uniti, dove ha preso parte al movimento per i diritti civili e al Washington Urban League (organizzazione in difesa dei diritti dei neri).

Tornata in Francia, entra nel CNRS nel 1966 e nel 1968, partecipa alla fondazione del Movimento di Liberazione della Donna (MLF), con il gruppo FMA – “Féminin, masculin, avenir” – che diventa, nel 1969, “Féminisme, marxisme, action”.

È stata fra le otto femministe (tra cui Monique Wittig) che il 26 agosto 1970 deposero una corona di fiori all’Arc de Triomphe per la moglie del milite ignoto, “scandalo” che segnò la nascita del Movimento di Liberazione della Donna nei media europei. Co-fondatrice di Questions féministes con Simone de Beauvoir nel 1977 e poi di “Nouvelles questions féministes” (1981), ha introdotto in Francia le idee del femminismo materialista e il concetto di genere. Ha sviluppato il concetto di economia del patriarcato e ha descritto il lavoro domestico come la base di un modo di produzione distinto dal modo capitalista. Negli ultimi anni, è stata particolarmente attiva nella difesa dei diritti delle donne musulmane stigmatizzate per la questione del velo, la cui messa al bando Delphy collega ad antiche radici coloniali ma anche sessiste.

Le sue pubblicazioni più importanti sono Il nemico principale (vol.1). Economia politica del patriarcato (1998, 2009) e Il nemico principale (vol. 2). Pensare il genere (2001, 2009), Classificare, dominare. Chi sono gli altri? (2008), questi ultimi in uscita per VandA edizioni fra il 2022 e il 2023.

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Katia M.

Katia M. è un nome fittizio. Per VandA ha scritto “Fai la brava. Se il mostro delle favole è mio padre“. Lo pseudonimo è una cautela usata dall’autrice per salvaguardare la privacy degli affetti più cari, dal momento che la storia che racconta è vera.

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Giulia Mafai

Protagonista della cultura italiana del ‘900, terza e ultima figlia di Mario Mafai e Antonietta Raphael, sorella di Myriam Mafai, intraprende la carriera di costumista e scenografa a partire dal 1950 lavorando con alcuni dei registi più famosi del periodo tra cui Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Damiano Damiani e altri. È stata ideatrice e curatrice del Laboratorio del Carnevale di Venezia dal 1978 al 1985 e curatrice e organizzatrice di mostre di Arte e di Costume in Italia e all’estero. Ha pubblicato un prezioso e dotto volume “Storia del Costume dall’Età  Romana al Settecento” (Skirà , 2011), il romanzo “La ragazza con il violino” (Skirà, 2013) e il testo “Ebrei sul Tevere” (Gangemi, 2017).

Agenda rossa racconta del casuale ritrovamento di una vecchia agenda da parte di una giornalista che si metterà sulle tracce della legittima proprietaria: una storia feroce, tra fascisti e partigiani che, fra echi morantiani e squarci neorealisti, ci racconta la dura lotta che le donne di quella generazione hanno condotto per aprire la strada alla nostra emancipazione e alla nostra libertà.

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Vita Sackville-West

Vita Sackville-West (1892-1962), nata da famiglia aristocratica e sposata al diplomatico Harold Nicolson, da cui ebbe due figli, condusse una vita audace e fuori dagli schemi. Grande viaggiatrice e apprezzata scrittrice, fece parte del circolo di Bloomsbury. È nota la sua relazione amorosa con Virginia Woolf, che a lei si ispirò per il romanzo “Orlando”, trasfigurazione letteraria del loro amore. Altri suoi scritti pubblicati in Italia sono “Ogni passione spenta”, “La signora scostumata” e il carteggio con Virginia Woolf, “Adorata creatura”.

Con Aphra Behn ci racconta la storia della prima scrittrice professionista della letteratura inglese: Vita Sackville-West fu la prima a riscattare Aphra Behn dal disprezzo della critica misogina, con questa biografia pubblicata nel 1927.

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Monica Lanfranco

Monica Lanfranco, giornalista, scrittrice e formatrice, ha insegnato “Teoria e Tecnica dei nuovi” media all’Università  di Parma e conduce corsi di formazione sulla comunicazione e il linguaggio non sessista, sulla storia e il pensiero del movimento delle donne, sulla risoluzione non violenta dei conflitti nel lavoro e nelle dinamiche collettive. Ha pubblicato “Uomini che odiano le donne”, “Virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi”, “Parole madri”. Dal 1994 dirige il trimestrale femminista “Marea”.

Voi siete in gabbia, noi siamo il mondo racconta a vent’anni dalle manifestazioni del G8 di Genova il punto di vista delle donne che c’erano e che le hanno vissute sulla loro pelle. Mio figlio è femminista è il suo libro più recente.

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Erella Shadmi

Erella Shadmi è una femminista radicale, attivista pacifista, antirazzista e studiosa. Ha co-fondato il Kol Ha’Isha (Centro femminista di Gerusalemme) e il Fifth Mother (Movimento per la pace delle donne). Già a capo del Women’s and Gender Studies Program, è lettrice senior di Criminologia e di Applicazione della legge presso il Beit Berl College in Israele.

Il sentiero della madre supporta da plurimi punti di vista una reale e saggia alternativa per l’evoluzione dell’umanità: un nuovo modello materno e matriarcale al posto di quello patriarcale e capitalista.

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María-Milagros Rivera Garretas

María-Milagros Rivera Garretas, storica, filologa, traduttrice, saggista, insegna all’Università  di Barcellona. Specialista di Emily Dickinson, ha tradotto in spagnolo con Ana Maňeru Mèndez, l’intero corpo delle poesie delle Dickinson (2012 -2015).

In Emily Dickinson. Vita d’amore e poesia individua in un gruppo di poesie la testimonianza di un incesto subito dalla poeta, la sublimazione di un dolore insopportabile nella poesia e nell’amore e un grande infinito amore per la sua amica e poi cognata Susan.

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Mariam Irene Tazi-Preve

Docente femminista, si occupa di politica e riproduzione, insegna all’Università  negli Stati Uniti e in Austria. Ha pubblicato “Motherhood in Patriarchy” (2013), in Italia “Contro la maternità patriarcale” (VandA edizioni, 2020).

Il suo ultimo libro è “Il fallimento della famiglia nucleare” (VandA 2021).

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Carol Gilligan

Carol Gilligan è un’attivista femminista fra le più celebri al mondo, docente della New York University e autrice di “Con voce di donna” (1982) e “La nascita del piacere” (2002), fra i libri femministi più influenti di tutti i tempi.

Con Naomi Snider ha scritto Perché il patriarcato persiste? (VandA 2021).

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Christa Wolf

Scrittrice tedesca celebre in tutto il mondo. Fra le più amate dalle donne, autrice di libri divenuti “cult” come Cassandra (1983) e Medea (1996). Anche per lei la politica aveva avuto una parte molto importante nella sua vita, fermamente convinta della missione politica della letteratura.

VandA ha edito un suo importantissimo intervento con Alessandra Bocchetti e Rossana Rossanda in Se la felicità… Per una critica al capitalismo a partire dall’essere donna (2021).

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Rossana Rossanda

Figura di spicco della sinistra italiana. Dirigente del Partito Comunista e parlamentare, è fra i fondatori de «il Manifesto», dove resta come editorialista fino alla sua morte, pubblicando alcuni dei suoi interventi più lucidi sui temi politici, culturali, morali cruciali della storia recente del nostro paese.

VandA ha edito un suo importantissimo intervento con Alessandra Bocchetti e Christa Wolf in Se la felicità… Per una critica al capitalismo a partire dall’essere donna (2021).

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Alessandra Bocchetti

Figura autorevole del femminismo italiano, è tra le fondatrici del Centro Culturale Virginia Woolf, di cui è stata presidente per molti anni. Ha pubblicato “Cosa vuole una donna. Storia, politica, teoria” (La Tartaruga,1995), “Cosa siamo disposte a fare per la nostra libertà” (VandA edizioni, 2020).

È autrice per VandA di “Cosa siamo disposte a fare per la nostra libertà“, di “Basta lacrime. Storia politica di una femminista 1995-2000” e ha scritto come coautrice con Christa Wolf e Rossana RossandaSe la felicità… Per una critica al capitalismo a partire dall’essere donna”.

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Gloria Steinem

Gloria Steinem è una storica femminista attivista americana, portavoce e leader del femminismo radicale della seconda ondata (anni Sessanta e Settanta). Giornalista al New York Magazine, è cofondatrice della celebre rivista femminista Ms. e autrice di numerosi saggi e best-seller.

VandA tra i suoi famosissimi saggi ha pubblicato Autostima. La rivoluzione parte da te, La Nazi-connection, Elogio dei corpi delle donne e Oltre i 60.

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Grazia Villa

Grazia Villa è dal 1985 avvocata per i diritti delle persone (donne, lavoro, minori, famiglia, vita indipendente, immigrazione, cittadinanza, libertà). Con le donne ha promosso molte cause pilota in materia di riconoscimento di diritti nei luoghi di lavoro, costituzione di parte civile nei processi di stupro e violenza sessuale, denunce relative a molestie e stalking, tra queste la prima condanna per reato di schiavitù nel 2000. Ha svolto molte attività  a livello politico e sociale, segue percorsi formativi per adulti e per studenti delle scuole superiori. Ha promosso la costituzione l’Osservatorio giuridico di Como sui diritti dei migranti e delle migranti.

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Luciana Tavernini

Luciana Tavernini ha partecipato dagli anni Ottanta all’Associazione Melusine, alla Pedagogia della differenza e poi alla Comunità  di pratica e riflessione pedagogica e ricerca storica, ora Comunità  di storia vivente. Ha insegnato nelle scuole medie, nei corsi 150 ore e italiano a donne straniere. Scrive su diverse riviste e siti internet.

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Julie Bindel

Julie Bindel, giornalista britannica, rinomata per le sue inchieste, si è occupata di fondamentalismo religioso, violenza contro le donne, maternità  surrogata, commercio di mogli ordinate su catalogo, tratta di esseri umani e delitti insoluti. Scrive regolarmente per The Guardian, NewStatesman, Truthdig, Standpoint Magazine, e collabora con la BBC e Sky News.

VandA tra i suoi scritti ha pubblicato Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione (2019) e Femminismo per donne. L’unica strada per la liberazione (2023).

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Deborah Ardilli

Deborah Ardilli ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università  di Trieste, è traduttrice e studiosa di teoria politica e storia dei movimenti femministi. Attualmente collabora con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena.

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Daniela Danna

Daniela Danna è ricercatrice in Sociologia generale all’Università  degli Studi di Milano (dove insegna Politiche sociali e tiene un Laboratorio sociologico sul tema delle dinamiche della popolazione). Da scienziata sociale storica si è occupata – leggendo, scrivendo, insegnando, e a volte facendo più direttamente politica – di questioni di genere, lesbismo e omosessualità , violenza contro le donne, politiche sulla prostituzione, maternità  surrogata, analisi dei sistemi-mondo, decrescita, teorie sulla popolazione, rapporti società ambiente.

Fra le sue pubblicazioni: Sesso e genere (Asterios, 2020), L’amore tra donne nella storia (Venexia, 2019), Né sesso, né lavoro (VandA, 2019), La Piccola Principe. Lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione (VandA, 2018) Ancora dalla parte della natura (VandA 2021), Fare un figlio per altri è giusto… (Falso)! (Laterza, 2017)