di Alessandro Cannavò, (Corriere della Sera, 10 marzo 2017)
– Eschilo, padre della tragedia greca, decise di finire i suoi giorni qui, sospeso tra la storia e il mito. Archeologia, barocco e natura: venite a scoprirle con il «Corriere».
Eschilo è qui. Te lo immagini passeggiare nell’isola di Ortigia, tra il tempio di Athena e quello di Apollo; oppure nel ruolo di regista al Teatro Greco. Sì, perchè il grande drammaturgo che combatté nella battaglia di ;aratona vinta dai Greci contro i Persiani, venne a Siracusa (poi finì i suoi giorni a Gela), dove realizzò due tragedie appositamente concepite per una delle platee archeologiche oggi meglio conservate. È da questa cavea che parte il nostro viaggio nella Sicilia Sud Orientale, il triangolo estremo dell’Europa. Nei giorni del tour proposto dal Corriere andrà in scena I sette contro Tebe al festival del dramma antico. Lo scontro etico, politico, familiare dei fratelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo, ci ribalta addosso, come accade sempre nella tragedia greca, dilemmi attualissimi.
Il mito come fuoco che alimenta da sempre le pietre, i colori, gli umori di questa città siciliana. Ce lo spiegherà la scrittrice e divulgatrice culturale Giuseppina Norcia che a Siracusa ha dedicato una «biografia» affascinante, giocata tutta sulla contrapposizione tra luce e buio. La luce abbagliante del sole e della pietra calcarea, il buio delle latomie (le cave di pietra) e delle catacombe, le più estese dopo quelle di Roma. L’ingresso nella cattedralecon la splendida facciata barocca che domina una singolare piazza a mezzzaluna, è da brivido. Le possenti colonne doriche del tempio di Athena sono la struttura portante dell’edificio cristiano. Dimentichiamo per un attimo guerre e distruzioni: l’arte e la fede di epoche diverse qui si abbracciano in una fusione miracolosa. E, giurano i siracusani, la patrona santa Lucia ( di cui in cattedrale non si conserva il corpo ma solo un prezioso simulacro) discende da Antigone.
Sono un siciliano etneo trapiantato al nord ma che ha scelto di farsi adottare (mi trovo in una sempre più nutrita compagnia) da questo lembo di terra. Provo la rabbia per un’isola vittima del suo malgoverno, delle tante cifre umilianti che la pongono spesso agli ultimi posti delle classifiche nazionali ed europee. ma proprio per questo cerco di impegnarmi nel far conoscere le persone di qualità, comunque numerose, che qui brillano più che altrove. Il viaggio si snoda, così lungo una serie di incontri. E sul filo della narrazione: da sempre il modo più congeniale per raccontarsi, dalla tragedia antica all’opera dei pupi.
È un affabulatore della natura il botanico Paolo Uccello che ci condurrà a Pantalica, nella più vasta necropoli rupestre d’Europa a picco sullo spettacolare canyon del fiume Anapo, e nella riserva costiera di Vendicari, dove la storia della vecchia tonnara si intreccia con lo spettacolo delle formazioni di volatili migratori. Uccello è un profondo conoscitore dell’uso delle piante nella medicina popolare e arricchisce le sue spiegazioni di proverbi e pregiere dialettali. Noto è a due passi e vedendola da lontano, come una stampa settecentesca, vengono in mente le parole di Vincenzo Consolo ne Le pietre di Pantalica in cui lo scrittore spiega la smania, a ogni suo ritorno in sicilia, di esplorare posti e incontrare persone come «un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca».
Nel «giardino di pietra» barocco (così la definì lo storico e critico d’arte Cesare Brandi) un artista della pasticceria, Corrado Assenza, titolare del caffè Sicilia, ci ricorderà i sapori della ricotta col miele della nonna e ci svelerà l’alchimia della maionese al pistacchio e l’arte della granita.
Nel campo dei sapori è illuminante la scelta di Simone Sabaini, emigrante al contrario: verenose che lavorava nella finanza e che in un’inversione di vita «a U» ha deciso di trasferirsi a Modica per fondare l’azienda di cioccolato Sabadì: tradizione antichissima locale unita a un’idea di commercio del cacao equo e solidale nella scenografica città che Gesualdo Bufalino definì in Argo il Cieco «un paese in figura di melagrana spaccata».
Ma siamo già nel Ragusano e dunque in odor di Camilleri e di Commissario Montalbano. Gli scenari sono quelli di Ragusa Ibla e di Scicli. Elio Vittorini ne La città nel mondo descrive ques’ultima «festosa di tetti ammucchiati, di gazze ladre e di scampanii» e la paragona a Gerusalmme. Lo storico Gaetano Falla ci svelerà la vita delle grandi famiglie in uno degli edifici più noti, Palazzo Spadaro.
E la Sicilia interna dei muretti a secco che scandisce il tragitto verso Piazza Armerina per ammirare gli splendidi mosaici romani della Villa del Casale; e poi a Caltagirone, la capitale della ceramica, dove un artista di fama internazionale come Giacomo Alessi, ci mostrerà la sua ricerca verso nuove forme contemporanee. Il finale è al Monastero dei Benedettini a Catania, il più grande d’Europa, dove il barocco si confronta in un corpo a corpo con la lava e trova un arbitro impeccabile nell’intervento architettonico contemporaneo del progettista Giancarlo De Carlo. La visita al complesso è affidata a Officine Culturali, un caso di successo tra imprese giovanili. La cultura come fonte di sviluppo. Proprio quello di cui ha un bisogno urgente, vitale, la Sicilia.