di Maddalena Oculi (Il resto del Carlino, 5 marzo 2019)
– Il modello nordico che punisce i clienti e le vetrine del quartiere a luci rosse di Amsterdam
PROIBIRE o regolamentare? Da Stoccolma a Roma, sono diversi e spesso opposti i sistemi dei Paesi europei in tema di trattamento legale della prostituzione. Il cosiddetto “modello nordico” depenalizza l’adescamento e punisce invece i clienti. Dopo la Svezia, dove è entrato in vigore nel 1999, è stato adottato da Islanda, Norvegia e da poco tempo an-che in Francia. Il modello, di cui negli ultimi anni si discute molto tra le femministe e gli attivisti per i diritti umani, si fonda sul ragionamento che alla base della compravendita del corpo ci sia sempre una relazione diseguale tra uomo e donna. È PROMOSSO da un movimento globale di ex prostitute e sopravvissute alla tratta, che fa capo all’associazione Space International. Donne secondo cui la prostituzione non può essere considerato un lavoro scelto liberamente, come spiega la giornalista del Guardian, Julie Bindel, nel libro-inchiesta che sta presentando in questi giorni in Italia Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione. Al modello abolizionista svedese si contrappone quello regolamentarista, adottato in Paesi come Olanda, Germania, Austria, Svizzera, Grecia, Ungheria c Lettonia. Qui la prostituzione è regolamentata con modalità differenti, ad esempio con la statalizzazione dei bordelli e i quartieri a luci rosse.
IN OLANDA le case chiuse sono legali e le lavoratrici del sesso pagano regolar-mente le tasse. Ad Amsterdam, De Wallen è uno dei quartieri a luci rosse più famosi d’Europa e una delle maggiori attrazioni turistiche della città. Anche in Germania la prostituzione è legale e regolamentata: le ragazze possono esercitare nei bordelli (quasi sempre sono libere professioniste), in strada o casa loro. In Italia, da quando 61 anni fa è entrata in vigore la legge Merlin, i bordelli sono stati aboliti. La prostituzione non è illegale, ma lo sono il favoreggiamento, lo sfruttamento e l’organizzazione in luoghi chiusi. II commercio del sesso è al centro in ogni Paese europeo di accesi dibattiti. In Francia, quando nel 2016 è stata approvata una legge con cui veniva adottato il modello nordico, i lavoratori del sesso sono scesi in piazza a Parigi. In Italia non tutte le femministe la pensa-no allo stesso modo. Stalla riapertura del-le case chiuse la posizione dell’Udi, tra le più storiche delle associazioni femministe è netta: «La prostituzione di Stato è una schifezza inenarrabile, da sessant’anni non c’è legislatura in Italia che non abbia tentato di affossare la legge Merlin», spiega Vittoria Tola, della segreteria nazionale. MA sul tema delle sex workers, il discorso è più complesso e include il concetto di gestione libera del proprio corpo: «C’è una parte di associazioni più giovani— continua Tola— che sostiene il concetto di autodeterminazione, per cui la prostituzione può essere un lavoro come un altro, e quindi sostenendone la regolamentazione si evitano gli abusi». Sul modello svedese, poi, all’interno della stessa Udi ci sono visioni diverse: «C’è una parte di movimento — spiega —che sarebbe molto d’accordo di modificare la Merlin con la punizione del cliente, ma c’è una parte molto più consistente che pensa che toccarla sia un errore clamoroso. Non perché non ci piacerebbe che i clienti uscissero fuori da questa dimensione tutelata, ma temiamo non ci voglia molto ad alimentare la prostituzione clandestina, nei modi e nelle forme in cui viene gestita la tratta».
DIBATTITO APERTO Non tutte le associazioni femminili sono contrarie alla prostituzione