Descrizione
Una storia crudele
Un grande esempio di lotte convergenti
L’affair del cane marrone fu un caso al centro di una controversia sulla vivisezione che infuriò nell’Inghilterra edoardiana dal 1903 al 1910. Correva l’anno 1906 quando a Londra, nel distretto di Battersea, veniva eretta una statua commemorativa in forma di fontana, che avrebbe fornito acqua a uomini e animali, sormontata dall’effigie di un anonimo bastardino – un terrier, per la precisione. Nulla di scandaloso, se non per l’iscrizione. Un vero e proprio atto di denuncia contro una prestigiosa Università londinese per aver condotto il bastardino alla morte dopo atroci sofferenze a scopo puramente didattico. Non citava solo il piccolo terrier marrone, ma anche le centinaia di cani vivisezionati nello stesso luogo nello stesso anno. “Uomini e donne d’Inghilterra, quanto dovrà durare tutto questo?” concludeva provocatoriamente l’iscrizione.
Il caso scoppiò grazie a due studentesse svedesi femministe, che avevano assistito all’ultima lezione in cui “prese parte” il cane e che sottoposero i loro diari all’attenzione di Stephen Coleridge, segretario onorario della National Anti-Vivisection Society. Citato in giudizio per diffamazione, Coleridge perse la causa. Ma in seguito a ciò fu istituita una commissione reale per indagare sull’uso degli animali nella sperimentazione e il caso ebbe una tale risonanza da spaccare il Paese in due. La statua, a sua volta, divenuta ormai un simbolo, fu causa di duri scontri fra studenti di medicina, forze politiche conservatrici e suffragette, sindacati e socialisti. Insomma, un caso di intersezionalità ante litteram.
Ma oggi possiamo dire che il caso è chiuso? No, purtroppo la questione della sperimentazione è ancora aperta e nevralgica. In questo senso la prefazione del professor Marco Maurizi attualizza il testo nel dibattito sulla sperimentazione dal punto di vista filosofico, etico e politico.