di Barbara Bonomi Romagnoli (La 27esima Ora, 5 aprile 2018)
– Per il grande pubblico Valerie Solanas – scrittrice e femminista statunitense morta in condizioni di indigenza– è anzitutto la psicopatica che ha sparato a Andy Warhol nel 1968, e, solo incidentalmente, l’autrice di Manifesto SCUM e degli altri testi, finora inediti in Italia.
Per il grande pubblico Valerie Solanas – scrittrice e femminista statunitense morta in condizioni di indigenza – è anzitutto la psicopatica che ha sparato a Andy Warhol nel 1968, e, solo incidentalmente, l’autrice di Manifesto SCUM e degli altri testi, finora inediti in Italia. Finalmente son stati pubblicati grazie al lavoro congiunto di due editori, VandA/Morellini, e alla cura di Stefania Arcara, docente di Letteratura Inglese e Gender Studies all’Università di Catania, e Deborah Ardilli, traduttrice e collaboratrice con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena, entrambe studiose femministe. «In una situazione di normalizzazione diffusa della violenza etero-patriarcale, di cui è parte integrante la cancellazione dell’attività intellettuale delle donne, la memoria del ‘grande pubblico’ opera in maniera selettiva e per questo mette in primo piano il gesto aggressivo di Solanas nei riguardi di un uomo, per di più ammantato di prestigio sociale e culturale. In tali condizioni, è fin troppo facile inquadrare Solanas come la quintessenza del nonpensiero, del collasso della ragione, e cercare nei suoi scritti nient’altro che una conferma», spiega Stefania Arcara. Non è semplice, quindi, leggere la sua opera senza pregiudizi, perché «la violenza esercitata da una donna risulta sempre intollerabile e il giudizio negativo ricade sulla sua scrittura, mentre lo stesso criterio non viene applicato, per esempio, alle opere di Norman Mailer, che accoltellò la moglie, o di William Burroughs e del filosofo Louis Althusser, entrambi uxoricidi, perfettamente integrati nel canone» racconta Arcara. «Sebbene sia stata una protagonista della controcultura statunitense degli anni Sessanta, Solanas scrittrice è stata a lungo oggetto di una damnatio memoriae, compresa la rimozione dalla storia del femminismo: negli Stati Uniti ci sono voluti trentacinque anni, da quando fu composta, perché la sua commedia Up Your Ass fosse messa in scena per la prima volta, molti anni dopo la sua morte. C’è voluto mezzo secolo perché questo testo fosse tradotto in Italia (da Nicoleugenia Prezzavento) e pubblicato nel nostro volume insieme alla nuova traduzione del Manifesto SCUM e al racconto autobiografico del 1966, Prontuario per fanciulle, che narra la giornata di una giovane lesbica proletaria che vive di accattonaggio e prostituzione per le
strade del Greenwich Village».
Solanas vendeva per strada il suo Manifesto, 25 cent per le donne e un dollaro per gli uomini, e la parola Scum è stata a lungo considerata come un acronimo di Society for Cutting Up Men (Società per l’eliminazione dell’uomo), ma la sigla in realtà non compare nel manifesto e l’autrice non era concorde con questa interpretazione perché, prosegue Arcara, «nei suoi testi la ‘teoria’, che ha un andamento contraddittorio, consiste in un’analisi – condotta con gli strumenti retorici dell’umorismo, del sarcasmo, del gergo di strada, dell’insulto – del rapporto sociale tra i sessi e della subordinazione delle donne nel sistema eteropatriarcale, arrivando ad una provocatoria soluzione politica: auspica l’abolizione del sistema binario e gerarchico dei generi, attraverso l’eliminazione di uno dei due, quello dominante che secondo lei è da considerarsi realmente “inferiore” proprio in quanto sente il bisogno di dominare».
Tradurre è anche un po’ un tradire, quale è stata la vostra esperienza rispetto a una scrittura come quella di Solanas? Si è perso qualcosa nella versione italiana?
«Pensiamo alla nostra traduzione come a un modo per rendere finalmente giustizia alla scrittrice Solanas. La nostra è la prima traduzione italiana basata sul rarissimo testo integrale approvato dall’autrice, la quale per tutta la vita fu ossessionata dall’integrità artistica e dal controllo, che non ebbe mai, della propria opera. Fino a oggi le traduzioni italiane di SCUM Manifesto si erano basate sul testo pubblicato dall’Olympia Press senza il consenso dell’autrice subito dopo l’attentato a Warhol – un testo mutilato di alcune parti e alterato dall’editore Maurice Girodias. Edizione che, tra le altre cose, riporta il titolo come acronimo, “S.C.U.M.”, che rimanderebbe a “Society for Cutting Up Men” (un’operazione di marketing editoriale giudicata ‘tasteless’, ‘di cattivo gusto’, da Solanas e finora sempre riproposta nelle traduzioni italiane, con il sottotitolo “società per l’eliminazione del maschio”): invece, nell’Edizione corretta da Valerie Solanas che l’autrice riesce finalmente a pubblicare in proprio nel 1977, il titolo è SCUM, cioè “feccia”, in riferimento alla posizione subordinata delle donne in un mondo egemonizzato dagli uomini ma anche un’operazione di sovvertimento dell’insulto, poiché sarà proprio la scum a guidare la rivoluzione contro quel sistema di potere che l’ha prodotta. Nella sua scrittura Solanas mescola registri stilistici diversi e lessici eterogenei, dal linguaggio scurrile allo stile visionario, dall’umorismo situazionista all’invettiva e all’aforismo, e a volte ricorre al gergo della controcultura del suo tempo. Per noi è stata un’esperienza molto bella restituire a Valerie Solanas la sua voce di scrittrice, così come ha fatto l’altra traduttrice, Nicoleugenia Prezzavento, che è anche regista teatrale, con la commedia Up Your Ass (In culo a te) che presto verrà da lei messa in scena. In accordo con la casa editrice VandA, abbiamo perciò scelto una copertina che ritrae l’autrice con la penna in mano, per restituire finalmente legittimità a Solanas scrittrice».
Ardilli, nella vostra introduzione al volume scrivete “il nome di Valerie Solanas, ancora oggi, segna il limite di rispettabilità e ragionevolezza che il femminismo deve osservare per essere tollerato, e pertanto la lettura delle sue opere è tuttora un atto eversivo”. Qual è oggi il limite di rispettabilità e ragionevolezza che i femminismi devono rispettare per essere tollerati?
«Per qualsiasi gruppo subalterno i limiti da osservare per non incorrere in sanzioni sono quelli dettati, di volta in volta, dalla pressione ideologica e materiale esercitata dalla controparte dominante. Non possiamo stabilire in anticipo, una volta per tutte, quale sarà l’efficacia di quella pressione, in quale misura sarà interiorizzata, aggirata o sfidata. Tuttavia, considerando che i sessi sono gruppi sociali non naturali e avendo chiara la posizione delle donne nella scala gerarchica del genere, mi pare ci sia ancora una straordinaria riluttanza a riconoscere l’esistenza stessa di una controparte e, di conseguenza, a legittimare un’attitudine conflittuale nei confronti degli uomini. Alla “folle” Solanas non si perdona facilmente il fatto di avere individuato, nominato e aggredito frontalmente quella riluttanza. E le si perdona ancora meno il ricorso a repertori d’azione violenti».
Arcara, l’umorismo di Solanas secondo voi è ancora vincente? I femminismi di oggi sono capaci di far ridere?
«Quante volte, di fronte a una battuta “scherzosa” pesantemente sessista che – in quanto donne – non ci fa ridere, siamo state accusate di mancanza di senso dell’umorismo, magari con un paternalistico: “E fattela una risata…”? Per rispondere, parto da una mia osservazione basata sull’esperienza delle
presentazioni di Trilogia SCUM che abbiamo tenuto in giro per l’Italia, in contesti molto diversi. Al momento della lettura, da parte nostra o di attrici, di qualche brano di Solanas, puntualmente nel pubblico di fronte a me ho notato uomini che restavano serissimi, uomini sorridenti, imbarazzati più che divertiti, pochi (quasi certamente non eterosessuali) che ridevano di gusto, e donne che immancabilmente scoppiavano a ridere. Anche l’umorismo è un “terreno di potere” e la sua efficacia dipende da quale posizione occupa chi fa una battuta scherzosa, a spese di quale gruppo sociale, e di fronte a quale pubblico. Solanas fa un’operazione inedita, e molto potente perché esclude qualsiasi atteggiamento vittimistico, nel momento in cui usa l’umorismo per denunciare i rapporti sociali di potere basati sul sesso. Questa operazione la compie da scrittrice isolata, senza avere alle spalle una tradizione di satira femminista che oggi invece esiste e, soprattutto fuori dall’Italia, ha acquistato una certa visibilità. Oggi esiste un pubblico di donne che finalmente può ridere di battute femministe, perché
cinquant’anni di lotta ci hanno finalmente legittimate a farlo».
Ardilli, qual é il ruolo della marginalità nella vita di Solanas rispetto alla sua scrittura?
«Marginalità e scrittura sono dimensioni inscindibili in Solanas. La sua biografia, firmata da Breanne Fahs, è apparsa soltanto nel 2014 e chiarisce aspetti importanti di questo nesso. Quella di Solanas è stata una vita segnata da abusi precoci in famiglia, due gravidanze in età adolescenziale, da violenza economica, da reiterati rifiuti ogniqualvolta ha tentato di proporsi come scrittrice; ma è anche una vita caratterizzata da una coscienza lucida dell’oppressione vissuta e da uno slancio molto forte, da un desiderio lancinante di vita buona che brucia ogni mediazione».