In un momento in cui il pensiero femminista sembra acquistare crescente visibilità nel panorama editoriale italiano, che rende finalmente – talvolta nuovamente – disponibili autrici come Donna Haraway, Monique Wittig, Valerie Solanas, non poteva mancare all’appello Carol Adams con Carne da macello. La politica sessuale della carne (comparso per la prima volta nel 1989 con il titolo di The Sexual Politics of Meat), per i tipi di VandA (pp. 360, euro 18, traduzione di Matteo Andreozzi e Annalisa Zabonati, postfazione di Barbara Balsamo e Silvia Molè). Testo chiave dell’ecofemminismo statunitense e dell’antispecismo militante, il libro propone una critica del carnivorismo patriarcale con l’obbiettivo non soltanto di fornire un quadro dell’oppressione della vita animale, ma soprattutto di mettere in atto nuove pratiche di cura. Allieva di Mary Daly, teologa e femminista radicale autrice di Gyn/Ecology (1978), e per numerosi anni prima di dedicarsi alla scrittura attiva nelle lotte per il diritto alla casa e contro la violenza domestica, nel libro Adams ribadisce che creare alleanze significa innanzitutto lavorare trasversalmente, senza separare umani e non umani, e scardinando le gerarchie che discriminano i viventi e legittimano la subordinazione di alcuni e il privilegio di altri. Il libro, che discute i «testi della carne» nelle diverse tradizioni, pratiche e relazioni sociali della cultura occidentale, e nelle sue espressioni verbali e visuali, insiste sull’interdipendenza fra la violenza simbolica e materiale esercitata sui corpi umani animalizzati e quella inflitta ai corpi degli animali non umani, le cui implicazioni vanno oltre la dimensione di genere: referenti assenti sono tutti quei corpi smembrati, macellati, stuprati, oggettivati che diventano, pertanto, consumabili. In occasione della pubblicazione di Carne da macello (presentato in anteprima a Roma nell’ambito di «Feminism» il 5 marzo alle ore 17 in sala 2 Caminetto con Barbara Balsamo, Silvia Molè e Flavia Fechete) abbiamo intervistato Carol Adams.
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