Dopo “soli” 15 anni finalmente il Premio Strega a una donna! L’ultima era stata Melania Mazzucco nel 2003. Ed è un premio due volte al femminile: al centro del racconto una donna, la giovanissima compagna del celebre fotoreporter Robert Capa, ribelle ed entusiasta, che è stata il simbolo dell’ultimo anelito anti-dittatoriale prima dell’avanzata nazista in Europa. «Lei lo ha aiutato a diventare una celebrità. Ho voluto rendergliene merito», ha detto la scrittrice.
“Adesso spero che dopo di me possano vincerlo tante altre donne e che le donne continuino ad avere la giusta attenzione. Quest’anno eravamo in sei su dodici concorrenti, tutte con libri diversi che dimostrano la ricchezza delle storie raccontate. In Italia tutto questo è possibile perché ci sono bravissime scrittrici”.
“… il lavoro di una scrittrice fatica a ottenere, quando lo merita, il giusto riconoscimento. In settant’anni il Premio Strega è stato vinto appena dieci volte da una donna. È un rilievo sociologico piuttosto che critico-letterario, visto che molti autori che consideriamo grandi non appaiono in quell’elenco. Però l’aggettivo “grande” è quasi sempre associato agli uomini, mentre le scrittrici sono “brave”, come le prime della classe. Producono libri “belli”, raramente “importanti”. Personalmente non posso lamentarmi, ma ho trattato “temi importanti” come la Grande Storia o addirittura prettamente maschili come la guerra. Gli stereotipi di genere esistono nella testa sia degli uomini che delle donne: fanno sì che se racconti storie private con molti personaggi femminili, forse soltanto il Nobel, come quello vinto da Alice Munro, riesce a consacrare l’universalità del tuo valore letterario. L’universale è concepito come maschile: ancora oggi gli uomini – inclusi parecchi scrittori – tendono a non leggere le donne, partendo dal presupposto che ci sia poco da scoprire o da imparare dai loro libri. Ma non si fanno un gran servizio, nella sostanza, visto che noi colleghe nel frattempo possiamo aver amato e assimilato sia le “trame da matrimonio” di Jane Austen, sia la caccia alla balena di Herman Melville.”
Helena Janeczeck, scrittrice, traduttrice e giornalista, è nata a Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca; vive in Italia da oltre trent’anni. Dopo aver esordito con il libro di poesie Ins Freie (Suhrkamp, 1989), ha scelto l’italiano come lingua letteraria. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori 1997; Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), Bloody Cow (Il Saggiatore, 2012). Ha co-fondato il blog collettivo Nazione Indiana, inoltre ha collaborato con le riviste Nuovi Argomenti, alfabeta2, Lo Straniero, pagina99 e scritto per la Repubblica, l’Unità, Il Sole 24 Ore.
Nel nostro catalogo Helena Janeczeck ha partecipato con un brano nel saggio Gestazione per altri, il titolo è Le madri surrogate, soggetti e non oggetto del desiderio altrui potete scaricarlo qui.