Milano, 29 novembre 2018, dalle 10.00 alle 18.00
Daniela Danna partecipa al Convegno Mater Iuris.
Il diritto della madre: uscire dalla simmetria giuridica dei sessi nella procreazione
Convegno presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze politiche, economiche e sociali, via Conservatorio 7, 29 novembre 2018, Sala Lauree.
Comitato scientifico: Valentina Calderai (Diritto privato, Università di Pisa), Daniela Danna (Sociologia, Università di Milano), Olivia Guaraldo (Filosofia politica, Università di Verona), Silvia Niccolai (Diritto costituzionale, Università di Cagliari), Elisa Olivito (Diritto costituzionale, Università di Roma), Susanna Pozzolo (Filosofia del diritto, Università di Brescia), Monica Santoro (Sociologia, Università di Milano)
Programma
Il convegno intende stimolare una riflessione delle giuriste e di tutti coloro che studiano la società intorno ad una coppia di domande: ci chiediamo se sotto la rivisitazione paritaria e neutra, che ha interessato nel corso degli anni il diritto di famiglia, non sia all’opera ancora, o nuovamente, un diritto prevalente del padre, e se questo assetto non possa essere ripensato, alla luce del patrimonio del pensiero femminista nel diritto. A questo pensiero intendiamo richiamarci, nelle sue ricche sfaccettature, che annoverano figure e percorsi diversi, ma sono tutte accomunate dalla critica nei confronti dell’automatismo della parità e dell’aspirazione alla mera simmetria dei sessi; riflessioni che hanno saputo sempre, partendo dalle donne, parlare del mondo, riconoscendo e criticando i modelli di convivenza che si sono venuti affermando, i quali condizionano e influenzano, anche, l’argomentazione giuridica e la riflessione sociale.
Si pensi all’elaborazione della nozione di ‘uguaglianza valutativa’ di Letizia Gianformaggio; all’ampia riflessione che approfondisce l’intreccio fra capitalismo e patriarcato e, in questa cornice, alle considerazioni di Carole Pateman sul ‘contratto sessuale’ e sulle ambiguità del concetto di ‘genere’; oppure alla riflessione che coglie, con Martha Fineman, il legame tra la “neutralizzazione” della madre e le esigenze del mercato. Oppure, agli studi che hanno riconosciuto nella medicalizzazione del corpo femminile, della gestazione e del parto, l’annuncio di una idea di soggettività e di socializzazione basate sulla ‘managerializzazione del sé’, che si sono col tempo rivelate cruciali nella costruzione della governamentalità ‘neo-liberale’, come nella lettura di Barbara Duden; e ancora alle ‘istituzioni della maternità’ di cui parla Adrienne Rich, che possono assumere storicamente forme diverse, ma riproporre identiche finalità espropriative e di controllo sulle donne, in particolare nella surrogazione di maternità.
Molti sono gli ambiti che si aprono e che possono essere esplorati, sia in chiave di diritto positivo, sia di analisi filosofica e sociologica, a partire da una riflessione volta a interrogare problematicamente una simmetria giuridica dei sessi nella procreazione che neutralizza la donna.
In particolare, da un lato, è stato da lungo tempo sottolineato che l’approccio ‘neutro’ ai temi della famiglia in nome della “parità” e della “fungibilità tra i sessi” può nascondere una nuova insidiosa discriminazione, nel senso di un trattamento incongruo e inappropriato, e di una perpetua svalorizzazione, nei confronti dell’esperienza femminile. Oggi, sul terreno della concreta esperienza giuridica, segnali significativi di simili insidie vengono chiaramente alla luce quando, in nome di un interesse superiore del minore tutto declinato nel cono di un principio paritario di bi-genitorialità, l’applicazione dell’affido condiviso apre a tragiche contraddizioni nei casi di conflittualità e di violenza. Più equa ci appare una prospettiva che, ben oltre il discorso individualista e il suo correlato paritario – oggi egemoni nel diritto – faccia spazio, proprio nel diritto, a una concezione costitutivamente relazionale della soggettività, nei suoi aspetti più concreti e materiali.
D’altro lato, è consolidata la consapevolezza che la famiglia, organismo centrale nell’autonomia sociale, risente delle dinamiche interpretative e delle pratiche che interessano il “governo” delle soggettività, e l’idea stessa di individuo e di persona, pratiche che hanno un loro centro nevralgico nella regolazione della fecondità femminile e degli istituti connessi. In questo quadro, rappresenta una sfida interrogare, per un verso, il concetto neutro di ‘omogenitorialità’– che si sostituisce a espressioni, sessuate, quali ‘doppia maternità’ e ‘doppia paternità’ – e, per l’altro verso, confrontare la rivendicazione di un principio neutro di “genitorialità alla nascita” con il principio mater semper certa – universale fino all’introduzione dell’istituto giuridico della surrogazione di maternità in California con Johnson v Calvert (1993). Riteniamo che la regula juris del mater semper certa possa essere interpretata oggi in chiave favorevole a nuove dimensioni di libertà femminile, traducibili in istituti giuridici capaci di rispecchiare la differenza sessuale.
In questa cornice possiamo enucleare, esemplificativamente, alcune domande:
È possibile sviluppare un “universalismo” a partire dalla prospettiva femminista o l’analisi femminista deve essere annoverata tra quelle politiche “parziali” e/o di parte?
Si può andare oltre l’anatema “essenzialista” che colpisce ogni uso politico e intellettuale dell’idea di differenza sessuale?
Quali sono le connessioni tra prospettiva femminista e critica all’intreccio tra capitalismo e patriarcato?
Come tener conto della differenza sessuale nella generazione e nella filiazione?
Quali i percorsi della soggettività giuridica e dell’idea di libertà nelle visuali critiche del diritto, giusfemministe e della differenza sessuale?
Donna, concepito, terzi: come individuare la libertà femminile nella generazione, in una scena della filiazione sempre affollata da ulteriori interessi?