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Emily Dickinson. Vita d’Amore e Poesia – recensione sul Quotidiano del Sud

Il 22 aprile, sul Quotidiano del Sud, è uscita un’interessante recensione di Emily Dickinson. Vita d’Amore e Poesia di María-Milagros Rivera Garretas, scritta da Franca Fortunato.

Potete leggerla qui sotto:

Emily Dickinson – un tesoro fatto di parole

EMILY Dickinson è una delle più grandi poete dell’occidente, nata a Amherst in Massachusetts nel 1830. Di lei sono state scritte molte biografie, l’ultima “Emily Dickinson- Storia vera d’amore e poesia” della spagnola Marìa-Milagros Rivera Garrettas, storica, filosofa, saggista, docente all’università di Barcellona. Il libro da pochi giorni in libreria è stato tradotto in italiano da Luciana Tavernini e le poesie che contiene da Loredana Magazzeni. Milagros si accosta ad Emily con delicatezza e tenerezza, entra nelle sue poesie e svela a se stessa e a chi legge la vita, l’esperienza personale, la sofferenza, gli amori che Emily seppe “cantare” con creatività, attingendo a quel “tesoro” che sin da bambina sapeva di avere dentro di sé, “un tesoro fatto di parole” e dedicò “l’intera vita a coltivarlo a condividerlo con la sua famiglia e le sue amicizie. Forse sua madre, Emily Norcross, mentre le insegnava a parlare, si rese conto che lo possedeva e le insegnò ad apprezzarlo”. Un tesoro, “oro puro” da cui scaturirono le sue poesie che scrisse per tutta la vita, ne scrisse più di 1786 che alla sua morte lasciò “con qualche preoccupazione” alla sorella Lavinia. Da viva non volle pubblicare nulla, non cercava né gloria né fama, nonostante fossero conosciute e ammirate tra le sue amicizie. Milagros con pudore si accosta a lei, scende nell’intimo, nelle viscere, nel sentire nella carne e nello spirito di Emily, che lei affidò alla sua poesia narrandone l’“inferno” e il “paradiso”. Nel suo viaggio porta con sé una adolescente, una studentessa, a cui si rivolge con maestria amorevole per istruirla sulla poesia e sulla vita, l’una intrecciata all’altra, di Emily, stando in una genealogia madre figlia. È la madre che si rivolge alla figlia con sensibilità e tenerezza quando spiega alla giovane il grande dolore e sofferenza di Emily a cui “accadde una cosa totalmente orribile che a fatica si può raccontare. Già nell’infanzia le accadde di conoscere la sofferenza estrema. Subì ciò che di solito chiamiamo abusi sessuali e che ha un nome più concreto che è incesto (…). Sia suo padre, Edward, sia suo fratello, Austin, erano uomini violenti che non meritavano di far parte di una famiglia”. Le insegna come nel patriarcato “questi uomini sanno ingannarti e soprattutto sanno proibirti di parlare. Vorresti raccontarlo a tua madre, o alla tua maestra preferita, però hai terrore a parlare, e poi lui te lo ha proibito, inoltre non sai come si chiama ciò che ti è stato fatto e credi che la tua famiglia ne sarebbe distrutta”. Emily provò tutto questo. Anticipando le domande della ragazza sulla madre, su come fosse stato possibile che non si accorgesse di niente, le insegna a non colpevolizzarla, come accade molte volte ancora oggi, perché “capita a volte che nelle case si commettano delitti tanto gravi che non entrano nella testa di nessuna persona, neppure delle madri. Per questo, anche se la madre sospetta qualcosa sta succedendo, non può crederci e non agisce”. È la grande sofferenza dell’incesto, da cui non si lasciò pietrificare, che le lasciò aperta la porta della creatività, della vita e della felicità, lo fece uscire dal suo corpo creando un “vuoto e posto uno spazio tra sé e l’incesto”. Spazio che lei esprime con l’allegoria del bianco, simbolo della recuperata “purezza e del suo sentire immacolato originario, quello che aveva alla nascita”. Ad autorizzarla ad aprire ed attraversare quella porta fu la relazione con una donna, Susan H. Gilbert, sua compagna di studi, di cui parla in quasi tutte le sue poesie o a cui le dedica. Poesie che Susan leggeva, commentava e gliele rendeva con annotati i suoi suggerimenti. Rivolta alla sua giovane allieva, Milagros la istruisce sull’amore di Emily per Susan. “Nelle sue poesie troverai, quando le leggerai, descrizioni bellissime e originali della sessualità che è già mistica, e lo è perché non scandalizza. Nella poesia di Emily Dickinson c’è quasi tutto quello che si può desiderare sapere della sessualità femminile non orientata alla procreazione ma al piacere. Ma soprattutto senza espressioni crude, sgradevoli o amare ma con la massima bellezza e delicatezza”. Emily, convinta che non era possibile vivere con Susan, a un certo punto la convinse a sposare il fratello, Austin, e da allora per il resto della loro vita “sarebbero state separate solo da una siepe, un sentiero, uno scalino di lava e una porta socchiusa. E avrebbero potuto vedersi con moltissima frequenza”. Non dice perché proprio con il fratello incestuoso, ma fa intuire che tra i tre ci fu un accordo per un matrimonio in bianco. È quando il fratello ruppe l’accordo che Emily decise di cambiare vita, rinchiudersi liberamente in casa e dedicarsi alla poesia, all’amicizia, all’amore e ai fiori rari. Mostrò il cambiamento vestendosi da allora sempre di bianco e vedendo solo chi le interessava davvero. Morì il 15 maggio 1886 nella casa dove era nata e che non aveva mai lasciato. Da due anni era molto malata. Ogni qualvolta le sue poesie vengono tradotte, copiate, studiate, pubblicate, lette e ammirate lei resuscita e guadagna così l’immortalità che voleva. Un libro straordinario, unico nel suo genere questo di Milagros, che trabocca d’amore femminile per la madre, scritto per le donne ma da fare conoscere e leggere nelle scuole alle giovani generazioni di donne e uomini.

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Carne da macello – Recensione su PhilosophyKitchen.com

Ieri, mercoledì 14 aprile, su PhilosophyKitchen.com è uscita una bella recensione di Carne da macello. La politica sessuale della carne di Carol J. Adams.

«La natura della relazione tra l’oppressione patriarcale e l’oppressione animale resta a lungo una consapevolezza sfuggente per l’autrice; più di una semplice analogia eppure non ancora definita, visibile solo in trasparenza nella sessualizzazione degli animali e nell’animalizzazione delle donne.»

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Se la felicità… : recensione su Feministpost.it

Copertina Se la felicità...

Oggi su Feministpost.it è stata pubblicata un’interessante riflessione su Se la felicità… di Alessandra Bocchetti scritta da Marina Terragni.

“È il 21 marzo 1992. Alessandra Bocchetti, femminista fondatrice del Centro Culturale Virginia Woolf di Roma, chiama a confrontarsi due protagoniste e testimoni – ciascuna a modo proprio – di quel passaggio storico. Di fronte a una platea femminile gremita e attenta Christa Wolf, cittadina dell’ex DDR e autrice dell’amatissimo Cassandra, e la comunista Rossana Rossanda, impegnata a fare i conti con il fallimento del socialismo reale, progetto a cui Rossanda ha dedicato tutta la sua vita di intellettuale politica.”

da: Bocchetti, Rossanda, Wolf: Se la felicità… su Feministpost.it

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Elogio dei corpi delle donne: recensione su Il Fatto Quotidiano

Copertina elogio dei corpi delle donne

Oggi è stata pubblicata sul sito de Il Fatto Quotidiano un’interessante recensione attualizzante di Elogio dei corpi delle donne di Gloria Steinem scritta da Deborah Ardilli, storica del femminismo e curatrice del volume.

“Appartiene alla definizione stessa di donna all’interno di una società patriarcale l’esposizione a un destino di oggettivazione sessuale che, per compiersi, necessita di una manipolazione corporea adibita a rendere visibile e palpabile la differenza — ovvero, fuor di eufemismi, la gerarchia economica, politica e sociale — tra i sessi.”

da: Elogio dell’insubordinazione: Gloria Steinem e i corpi delle donne (40 anni dopo) di Deborah Ardilli su Il Fatto Quotidiano

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Esplorando l’editoria femminista: incontro online con VandA edizioni – La Casa delle Donne di Milano

Locandina dell'evento "Esplorando l'editoria femminista"

Lo scorso 24 marzo la Casa delle Donne di Milano ha organizzato un incontro online sull’editoria femminista. Abbiamo parlato di noi e della nostra esperienza con VandA. In caso te lo fossi perso, ora puoi recuperare cliccando sul link qui sotto!

Video dell’incontro online sull’editoria femminista con VandA edizioni e La Casa delle Donne di Milano
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Scritture sul corpo: viaggio nell’editoria indipendente con VandA edizioni – DonneXDiritti

Oggi, venerdì 2 aprile, non perdetevi questo incontro dedicato solo a VandA! Alle ore 18.00, connettetevi al webinar in diretta sulla pagina Facebook di DonneXDiritti.

Al link qui sotto, l’articolo di Feministpost.it!

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Sex work. Né sesso né lavoro – Recensione su Autogestione e politica prima. Vite all’opera nelle maglie della pandemia

24 febbraio 2021

Sul trimestrale Vite all’opera nelle maglie della pandemia di Autogestione e politica prima (N.1/2021 gennaio marzo 2021-anno XXIX) è uscita una bella recensione di Sex work. Né sesso né lavoro di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa, scritta da Ana Mañeru Mendez.

Ve la inseriamo qui.

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A proposito di Elena – Recensione su Leggendaria

15 febbraio 2021

Sul numero di Leggendaria di gennaio è uscita una bella recensione di A proposito di Elena di Giuseppina Norcia, dal titolo “L’epica dei maschi, la tragedia delle donne. La Musa ci ripensa”, scritta da Anna Maria Crispino.

Ve la inseriamo qui.

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Bilancio e Recovery Plan: non è una ripresa per donne – Feministpost.it

Oggi, 3 febbraio 2021, su Feministpost.it è uscito un importante articolo di Veronica Tamborini e Marina Terragni sulla preoccupante situazione dell’occupazione femminile.

Ecco l’articolo:

La donna è l’altro rispetto all’uomo. L’uomo è l’altro rispetto alla donna. L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli”.

Carla Lonzi, Carla Accardi, Elvira Banotti Manifesto di Rivolta Femminile – Roma 1970.

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Numeri impietosi per l’occupazione femminile: in dicembre l’Istat registra una flessione dei posti di lavoro dello 0,4% rispetto a novembre, 101 mila occupati in meno. Di quei 101 mila 99 mila sono donne (il 98%) e 2 mila gli uomini. Su base annua sono stati persi 444 mila posti di lavoro e 312 mila nuove disoccupate sono donne. Una débâcle senza precedenti a fronte della quale le misure previste dalla legge di bilancio 2021 si confermano ampiamente insufficienti. La cosiddetta “parità” è pura ideologia.

Tra le misure, l’istituzione di un fondo per promuovere la parità salariale (2 milioni di euro all’anno dal 2022); un fondo di dotazione per l’imprenditoria femminile (20 milioni di euro annui per 2021 e 2022) e un fondo contro le discriminazioni e la violenza di genere (2 milioni di euro annui dal 2021 al 2023) destinato ad associazioni del terzo settore per interventi di promozione della libertà femminile e contro le discriminazioni basate su “sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità”. Si ripete cioè il gravissimo errore simbolico e politico della proposta di legge Zan contro l’omobitransfobia che non indica le donne come la metà abbondante del genere umano ma come una tra le minoranze svantaggiate. Sono previsti inoltre sgravi contributivi per l’impiego di donne disoccupate da più di sei mesi. In ogni caso si tratta di cifre molto basse se confrontate con il totale della manovra, pari a quasi 40 miliardi di euro.

Se guardiamo invece l’ultima bozza di Recovery Plan o Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) approvata il 12 gennaio scorso dal Consiglio dei Ministri (bozza con ogni probabilità tutt’altrio che definitiva) donne, giovani e Sud sono i tre assi prioritari trasversali, ma manca una chiara indicazione degli obiettivi previsti e degli strumenti per realizzarli. In particolare, le politiche per le donne sarebbero incluse nell’asse strategico “inclusione e coesione” a cui sono destinati 17,2 miliardi di euro, suddivisi tra politiche per il lavoro (5,85 miliardi di euro); infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (7,15 miliardi di euro); interventi speciali di coesione territoriale (4,19 miliardi di euro).

Le principali misure rivolte alle donne sarebbero orientate a favorire l’occupazione femminile attraverso politiche attive del lavoro, decontribuzione fiscale e investimento in settori dove le lavoratrici sono la maggior parte (cura, cultura, turismo). Sono inoltre stati stanziati 400 milioni di euro per l’imprenditoria femminile. 

Anche questo piano risulta molto generico e – al di fuori dell’importo destinato a favorire l’imprenditoria femminile – non risulta chiara l’allocazione di risorse specifiche per le donne nemmeno nelle politiche per l’occupazione, come afferma Fiorella Kostoris sul Sole 24 Ore, parlando di “scomparsa della parità di genere” e chiedendo che ogni Missione e ogni Componente del PNRR indichi i fondi precisamente allocati per le politiche per le donne insieme a una valutazione di impatto di genere con un controllo ex-ante e da verificare ex-post.

Ma anche se le donne nel piano vengono indicate come priorità, mancano del tutto la presenza, lo sguardo e la radicalita’ della differenza femminile, pensata e trattata come marginalità da includere “paritariamente” riperpetuando quindi le logiche di esclusione.

Per settori come il “Green” e il “Digitale” – a cui sono destinate la massima parte delle risorse del piano – si rileva una fortissima presenza maschile a scapito di quella femminile sia in termini di capitale sia di forza lavoro, e questo benché la cosiddetta “economia circolare” si fondi sul talento femminile a non sprecare, e moltissime imprese femminili siano nate in questo ambito. Se ci pensate sono le logiche dell’economia domestica che vanno in giro per il mondo, è quello che sappiamo fare da sempre. Impresa femminile è anche questo, portare le logiche di casa nel mondo, portarle nello spazio pubblico dal quale sono state estromesse per confinarle nel privato. E riportare l’economia a casa, nell’oikosstrapparla alla finanziarizzazione senza tetto né legge. Ma nel Piano il Green resta soprattutto affare degli uomini.

Per rendere evidente il problema, la valutazione sul cosiddetto “impatto di genere” potrebbe essere un primo passo, purché non si riduca a un esercizio tecnico fine a se stesso -e a ulteriori organismi di controllo- e possa avere ricadute immediate in termini di politiche e di risultati per bambine, ragazze e donne. Ma di sicuro non si tratta della strada principale.

Lo scorso 23 gennaio, Giusto Mezzo ha organizzato un flash mob con lo slogan “Non ci basta!” per evidenziare che le previsioni del piano non risultano sufficienti per le donne e per chiedere maggiori fondi per asili nido, servizi di cura per non autosufficienti, tutele di maternità per lavoratrici autonome. L’iniziativa prende spunto dalla petizione “Half of it” di Alexandra Geese, eurodeputata dei Verdi e responsabile del Gender Budgeting presso la Commissione bilancio del Parlamento europeo che richiede che la metà dei fondi del Next Generation EU sia dedicata alle donne. Un’iniziativa per molti aspetti efficace in termini di risposta delle istituzioni e di alcune aree politiche: molte donne e molte professioniste sono impegnate in modo concentrato e “verticale” sul piano e sull’utilizzo dei fondi del Ricovery Plan. La Commissione Europea ha confermato che la parità di genere è uno dei i criteri con cui giudicherà i piani nazionali Next Generation EU, che dovranno anche indicare le debolezze nazionali esistenti in proposito, l’aggravamento a causa della crisi e gli strumenti per affrontare il problema nei vari capitoli di investimento.

Il 31 gennaio e’ stato presentato in Italia il manifesto “Donne per la salvezza – Half of it – Idee per una ripartenza alla pari” da presentare al Governo e che si articola in cinque aree principali e in alcune politiche di lunga durata

a) governance e valutazione di impatto di genere 

b) incremento degli investimenti in infrastrutture sociali; voucher di cura come strumento transitorio (5 anni) per accompagnare la messa a regime dei nuovi servizi

c) strategie formative, STEM e contrasto agli stereotipi di genere 

d) sviluppo imprenditoria femminile 

e) gender procurement e investimenti in parità 

Vari punti del documento sono condivisibili, come la richiesta di potenziamento delle infrastrutture sociali e dei servizi e le agevolazioni e il sostegno all’imprenditoria femminile. Tuttavia, a parte l’idea secondo la quale le donne dovrebbero essere destinatarie della meta’ dei fondi, sembra mancare la metà della visione.

Per cominciare, continua a non essere chiaro come le donne potranno accedere alle risorse a loro destinate che, come si è visto nell’era pre-pandemica, spesso restavano inutilizzate per un fallimento della mediazione -generalmente da parte dei partiti e di corpi intermedi governati da uomini- e per l’estrema farraginosità burocratica che ha continuato a ostacolare l’accesso. Tante imprenditrici raccontano che per accedere ai fondi destinati hanno dovuto coinvolgere un uomo, una testa di paglia maschile a garanzia.

Tra l’altro è verosimile che la grande parte di quei tanti soldi dell’Europa li abbiamo prodotti noi, consapevolezza che dobbiamo acquisire: accettando di essere pagate meno sul lavoro (gender pay gap in aumento costante a livello globale, intorno al 25 per cento: il più grande furto della storia, lo ha definito una consigliera economica dell’Onu). L’Institute for women’s policy research quantifica il mancato guadagno globale per le donne in 482 miliardi di dollari l’anno. In Italia sono in media 3 mila euro in meno l’anno, un paio di mesi non retribuiti, e quando sei madre il divario si accentua. Per non parlare del carico quasi esclusivo del lavoro di cura, che significa mancati guadagni per le donne e risparmio per le famiglie. E lo stesso risparmio privato è realizzato in gran parte dalle donne che gestiscono i bilanci familiari. Ma di tutte queste risorse prodotte dalle donne, alle donne torna poco o niente. Queste due risorse, la marea del desiderio femminile e la marea di soldi, non si incontrano. A volte c’è da sospettare che ci tengano impegnate a difenderci sui minimi -la violenza, la discriminazione, la Pas, l’utero in affitto, il transcult che ci cancella- anche per distrarci da questa faccenda. Quindi una prima cosa da ottenere sarebbe lo snellimento delle procedure oltre a luoghi di mediazione, di accompagnamento, di tutoring autogestiti dalle donne e non da organismi maschili “per conto di”.

Ma la cosa importante è che la differenza femminile è cancellata. Le donne avranno tante più chance quanto più sapranno uniformarsi al modello maschile, adottando il medesimo sguardo sul mondo e rinunciando a qualunque approccio trasformativo che disturbi l’idea corrente di lavoro: che non può più essere un inferno separato dalla vita-; di economia: che non può più essere la ricchezza di pochissimi ai danni delle moltissime e dei moltissimi-; di cura: che va intesa come centrale per la convivenza umana e non più marginale e nascosta sotto il tappeto del profitto e del Pil. Si perpetua quindi la stessa logica che continua a espellere le donne dal lavoro e dalla scena pubblica.

Esemplare il ragionamento sulle facoltà STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica): oggi in Italia le ragazze che si iscrivono a queste facoltà sono più o meno il 20 per cento, e anche Half of It propone una campagna per allargare la platea femminile. Ma uno studio ha dimostrato che dove le donne hanno più libertà di scelta sono meno propense a scegliere le STEM. In Algeria il 41 per cento delle studentesse si laurea in STEM, numeri simili in Giordania, Qatar, Emirati Arabi. Molte meno quelle che scelgono STEM in Svezia, Finlandia e Islanda. Lo studio parla di paradosso. In sostanza dove le ragazze sono più libere scelgono di studiare quello che gli piace davvero e a quanto pare non gli troppo piacciono le STEM.

“Half of it” potrebbe e dovrebbe significare liberare le forze e le energie femminili, i talenti ignorati, non riconosciuti e svalorizzati. Di nuovo invece corriamo il rischio di continuare a non poter essere noi stesse, libere di seguire i nostri desideri, patrimonio ancora intatto ispirato da un’altra idea di crescita, di ricchezza e di economia, da un’altra idea di politica e di giustizia, del tempo e delle relazioni.

https://feministpost.it/magazine/primo-piano/bilancio-e-recovery-plan-non-e-una-ripresa-per-donne/

Novità Marzo/Aprile 2021

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“Carne da macello” – Recensione su Culturalfemminile.com

Ieri, lunedì 14 dicembre, su Culturalfemminile.com è uscita un’interessante recensione di Carne da macello. La politica sessuale della carne di Carol J. Adams, dal titolo CARNE DA MACELLO, LA POLITICA SESSUALE DELLA CARNE. UNA TEORIA CRITICA FEMMINISTA VEGETARIANA – DI CAROL J. ADAMS, scritta da Veronica Sicari.

“In Carne da macello l’autrice rintraccia la matrice originaria che sta alla base della misoginia e della disparità di genere e del mangiar carne: il patriarcato.”

Per leggere l’intera recensione, clicca QUI.

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Fai la brava. Se il mostro delle favole è mio padre – Intervista a Katia sul settimanale F

Sul numero di oggi, 11 Novembre 2020, della rivista F è uscita un’intervista a Katia M., autrice del libro “Fai la brava. Se il mostro delle favole è mio padre“, in cui racconta la sua sconvolgente storia di abusi domestici. L’intervista è a cura di Marzia Pomponio.

Ve la inseriamo qui.

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“A proposito di Elena” – recensione su Critica Letteraria.org

Domenica 25 ottobre 2020 su Critica Letteraria.org è uscita una bella recensione di “A proposito di Elena” dal titolo Se la bellezza perde (o salva?) l’uomo: “A proposito di Elena” di Giuseppina Norcia, di Carolina Pernigo.

Per leggere la recensione clicca qui.

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“Sex work. Né sesso né lavoro” – recensione su L’Indice dei Libri del Mese

Venerdì 2 ottobre 2020 su L’indice dei Libri del Mese è uscita una bella recensione di “Sex Work. Né sesso né lavoro” dal titolo La narrazione delle forme di violenza contro le donne, di Mia Caielli.

Per leggere la recensione clicca qui.

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Carne da Macello – intervista alla traduttrice su La mano sinistra

Su La Mano Sinistra è uscita l’intervista a Annalisa Zabonati, traduttrice di “Carne da Macello. La politica sessuale della carne” di Carol J. Adams.

La potete ascoltare al seguente link:

https://www.spreaker.com/user/la_mano_sinistra/1×3-ladonnamangiata

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Innamorate – recensione di Piero Isgrò

Sul quotidiano “La Sicilia” è uscita una bella recensione di “Innamorate” di Chiara Aurora Giunta firmata da Piero Isgrò.

Eccone un estratto.

“Il mondo cambia ma in fondo rimane lo stesso. Cambia quando l’amore tradizionale si trasforma, diventa altro, né migliore né peggiore. Il primo esempio. Resta lo stesso quando la società non riesce a superare le sue contraddizioni che sono l’ipocrisia, la menzogna, la violenza, l’affarismo, l’ignoranza. Il secondo esempio. Fin qui niente di nuovo perché il principio è eterno, pressoché immodificabile. Ma talvolta, per capirlo pienamente, basta un libro, una storia
ben scritta, un racconto che diventi una forma di educazione sentimentale.

Il romanzo al quale alludo è “Innamorate” scritto da Chiara Aurora Giunta per i tipi di VandA & Publishing. Chiara è una scrittrice direi di lungo corso. Ha pubblicato tre romanzi con Mondadori e due con Neri Pozza. Ed è anche una moglie di lungo corso nonché madre esemplare di tre figli. Con questo background ti aspetteresti un romanzo tradizionale, un romanzo rosa, e invece si è scommessa con una storia d’amore tra donne.

Francesca e Gaetana. La prima è una intellettuale sposata con un uomo buono e devoto, la seconda è sposata con l’amore per le donne. Si incontrano e si amano. E qui vedi la caratura della scrittrice che riesce a descrivere senza veli ma senza volgarità i loro amplessi travolgenti, le loro gelosie, i loro rimorsi. E ti convinci che questo amore diverso, furente e appassionato, ha la stessa legittimità di quello tradizionale tra uomo e donna.”

Per leggere tutta la recensione clicca qui.

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KATIA M., “FAI LA BRAVA. SE IL MOSTRO DELLE FAVOLE è MIO PADRE”: la sua sconvolgente storia di abusi e violenze su RAI RADIO 1 E RAI 1

Ne parlerà su Rai Radio 1 domenica 20 settembre alle ore 9:05 e su Rai 1 lunedì 21 settembre alle ore 10:00.

È solo l’ultimo atto della storia di coraggio e resilienza di Katia M, una donna sin da bambina vittima di abusi e violenze, che ha trovato la forza di trascinare il padre in tribunale, vincendo la sua battaglia. E che oggi, superando lo stigma del suo ambiente, il riserbo e la vergogna, ha voluto raccontare la sua storia nel libro “Fai la brava. Se il mostro delle favole è mio padre”, edito da VandA Edizioni.

La sua testimonianza in Rai è preziosa, non solo per la profonda umanità che traspare da un percorso di sofferenza e riscatto, ma anche per il valore che tale testimonianza assume in uno scenario, quello italiano, sempre più problematico per le donne. Si pensi che solo nel corso dei primi sei mesi del 2020 sono state 59 le donne uccise, facendo salire vertiginosamente la percentuale di femminicidi fino al 45% sul totale degli omicidi commessi. E, come la cronaca ha purtroppo registrato, nella fase di lockdown la violenza domestica contro le donne è esplosa.

La storia di Katia è una storia che fa bene al cuore, perché tra le pieghe del dolore racconta della possibilità del riscatto e della forza che l’amore per una figlia, la sua, può davvero trasmettere, trasformandosi in necessità e urgenza di spezzare il vincolo brutale della perpetuazione del silenzio e della violenza.

KATIA M. Fai la brava. Se il mostro delle favole è mio padre.

SU RAI RADIO 1, PROGRAMMA “VITTORIA”, DOMENICA 20 SETTEMBRE H 9:05 E SU RAI 1, PROGRAMMA “STORIE ITALIANE”, LUNEDì 21 SETTEMBRE H 10:00. 

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“Afro-ismo” – recensione su Africa

È uscita sul numero di settembre/ottobre della rivista “Africa” una bella recensione di “Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero” di Aph e Syl Ko.

La potete scaricare e leggere qui.