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La Musa surreale, Alessandra Redaelli racconta Gala Dalì in prima persona nel suo nuovo libro

Articolo di Paola Martino pubblicato su Artuu (20 novembre 2024), dedicato al libro di Alessandra Redaelli “La musa surreale”.

Alessandra Redaelli ci guida nel mondo di Gala Dalì, la donna che ha vissuto al centro di un intreccio di amori e incontri destinati a segnare la storia dell’arte e della letteratura. Nel suo libro La musa surreale (edito da VandA edizioni), l’autrice ripercorre attraverso la voce della stessa protagonista, la vita della musa di Salvador Dalì, non solo come compagna del celebre pittore, ma come una figura indipendente, capace di determinare il proprio destino.

Leggi l’articolo completo su Artuu: https://www.artuu.it/la-musa-surreale-alessandra-redaelli-racconta-gala-dali-in-prima-persona-nel-suo-nuovo-libro/

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In nome della libertà: Claude Cahun, una sovversione continua

Claude Cahun (1894-1954) è stata una delle artiste più interessanti e originali del primo Novecento. Oggi è ricordata soprattutto per le sue fotografie, ma si è cimentata anche nella recitazione, nell’arte visiva e nella scrittura in prosa e in versi. Una figura eccentrica, che ha vissuto contro, in nome di una libertà ricercata come valore assoluto e, in particolare, rispetto alle norme patriarcali e eterosessiste. Come conferma la lettura di “Eroine” (un libro divertente, disturbante, ironico, gioioso e terribile al tempo stesso), Cahun mette in atto una sovversione continua, attraverso un gioco di straniamenti, che opera attraverso la ripresa costante dei miti e delle ideologie della cultura moderna, pervicacemente ribaltata e rimessa in forma altrimenti…

Leggi l’articolo completo su Il lIbraio.it: https://www.illibraio.it/news/dautore/claude-cahun-1457835/

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Un nuovo finale per Alcesti Il mito è libertà

Articolo di Alessandro Cannavò pubblicato sul Corriere della Sera (11 novembre 2024), dedicato al libro di Giuseppina Norcia “Con cuore di donna”.

Riletture Giuseppina Norcia (Vanda) 

Un nuovo finale per Alcesti
Il mito è libertà

di Alessandro Cannavò

Che fare oggi del mito che tuttora ci chiama, ci attira, ci coinvolge riempiendo i teatri com’è successo anche quest’anno a Siracusa per le rappresentazioni classiche? Accettarlo così com’è, nell’intreccio di passioni, eroismi, nefandezze, dilemmi che accumunano personaggi mortali e divinità; o cedere a una contestazione e a una riscrittura, anticamera di una cancel culture? Giuseppina Norcia propone una terza via in Con cuore di donna. Alcesti, Teti, Atena ( Vanda Edizioni, pp. 90,  € 17). Che è quella di riprendere per mano il mito là dove conclude ogni sua storia. E dargli un’altra possibilità di epilogo. Scrittrice, grecista e divulgatrice, Norcia ricerca, nelle sue narrazioni punti di vista meno granitici, per raccontare i personaggi della mitologia. Lo aveva già fatto ne L’ultima notte di Achille, sulla giovinezza del grande guerriero; o in A proposito di Elena, risarcimento alla donna che la leggenda ha «condannato» per la sua bellezza, cagione della guerra tra Greci e Troiani. In Con cuore di donna, Norcia riprende il lavoro di riscatto di personaggi femminili, dee o donne mortali che siano, ancorate in modi diversi da una visione maschile, se non da una dinamica maschilista.
Prendiamo Alcesti, la sposa di Admeto, che accetta più o meno consapevolmente di andare nell’Ade, dunque di morire al posto del marito che avrebbe cambiato il suo destino deciso dagli dei solo con il sacrificio di un’altra persona. Né il padre né la madre accettano lo scambio; non resta che lei, la quale per amore è disposta anche a dire addio ai figli. Ercole riporterà sulla terra Alcesti presentandola velata ad Admeto che si era nel frattempo costruito un simulacro di lei per colmare la mancanza. Tutto è bene quel che finisce bene? Non è successo nulla, si riprende la vita come prima? No, perché il viaggio negli inferi ha dato ad Alcesti una nuova consapevolezza di sé. Così, ecco l’intervento di Norcia: Alcesti se ne va, stavolta con il figlio Eumelo, e Admeto resterà con la sua statua e la sua codardia. Non è un discorso femminista, è un discorso di libertà. Libertà, per esempio, di morire per rinascere che nutre una dea metamorfica come Teti, madre di Achille, oltre che di Efesto, personaggio chiave nella teogonia greca, al centro di molti punti chiave, eppure da sempre «dietro le quinte».
Infine Atena, dea figlia di Zeus, regolatrice di giustizia, che istituisce un tribunale perché scelga di condannare o assolvere Oreste matricida di Clitennestra per vendicare la morte del padre, Agamennone. Il verdetto finale sarà a favore di Oreste, proprio grazie al suo voto che permette di sbilanciare un tribunale esattamente spaccato a metà. Eppure in un sogno in cui vedrà per la prima volta la madre Metis che non l’aveva partorita, perché era stata fagocitata da Zeus, Atena si rende conto, nel racconto proseguito da Norcia, che tutto il processo era inficiato dal falso ideologico della superiorità del padre sulla madre, dell’inferiorità della donna sull’uomo. Da qui comincia una riflessione che porta a una rifondazione.
Gli epiloghi di Norcia sono debitori, come la scrittrice dichiara apertamente, delle riflessioni sul mito e le differenze di genere di Christa Wolf, Maria Zambrano, Clarice Lispector, Luce Irigaray, Jacqueline Morineau, Carla Lonzi, Gianna Mazzini, Giovanna Galletti. Ma anche di Pier Paolo Pasolini. Tutti alla ricerca di un’altra verità in una materia, quella del mito, che si rigenera. E che per questo resta tremendamente attuale.

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Leggi un estratto da Eroine di Claude Cahun: Eva la credulona

Bisogna evitare ogni tipo di droga, soprattutto quelle raccomandate dalle
riviste come rimedio per ogni malattia.

Undicesimo comandamento

(Apparso anch’esso nell’avviso che raccomandava un certo medicinale –
per il quale, evidentemente, si temeva la concorrenza.)

Alle “Evette”, piccole corrispondenti del giornale Eva, e in generale a tutte
le giovani donne passate, presenti e future.

OCCASIONE UNICA. Volete diventare più forti, riuscire in tutte le vostre imprese? Non esitate: il giorno in cui voi ne mangiaste i vostri occhi si aprirebbero e sarete COME DIO, conoscendo il bene e il male. Chiedete il gustoso frutto. Ne rimane SOLO UNO. Chiedetelo senza esitare! Cosa avete da perdere? Soddisfatti o rimborsati.

“Serpenti dagli anelli luminosi formano lettere sinuose, poi altre lettere per gli annunci successivi.
“Mi piace trascorrere le serate all’ombra odorosa degli alberi (sono generosi, vero? Il profumo è gratuito), in impaziente attesa della metamorfosi di queste promesse meravigliose. È una distrazione, e il nostro giardino non ne offre molte. Se solo Adamo mi desse più spiccioli!
“I serpenti si agitano, vediamo…”

LONELY men, I have a sweetheart for YOU.*

“No, non è roba per me! E non lascerò che il mio uomo venga qui. È così debole con le donne!” (Ride.)

“Non va bene; non è appropriato! Serve altro!… Ah! Ecco qualcosa di meglio…”

Pep – tabs
BE A MAN
You must have pep – vigor – strength
– youth – to fully enjoy life –,
Make your sex life a joy!
– Quick results –
PEP – TABS

They positively help to build up
weakened, nervous and ageing men
to such a state of thrilling,
pulsating power that they STAND
UP and shout: “I CAN! I WILL!!
I AM FIT!!!” (only two dollars a packet)

“Peccato: costa troppo! Mi sarebbe davvero piaciuto regalarglielo. Ne ha tanto bisogno, povero caro…”

Are you reaching for Truth
I will tell you FREE!

(only send the exact date of your
Birth and enclose ten cents.)
A GREAT SURPRISE AWAITS YOU

“Ma quando sono nata? Bisognerebbe chiederlo al padre. Sono così ignorante!”

BE AN ARTIS
EASY method. Write for terms and
List of SUCCESSFUL GENIUSES.

“Perché non farlo? Perché non io? Cosa direbbe vedendo la sua piccola donna diventare grande pittrice, grande poeta, la gloria del Paradiso? Strano come certe idee mettano fame! Non c’è nulla da mangiare da queste parti?…”

Quick PEP
Get NEW pep in TWENTY MINUTES
Guaranteed or your money back
GIVE ONE TO YOUR FRIEND

“Interessante. Si mangia, no? Che gusto avrà?…”

OCCASIONE UNICA…

“Ecco che si ricomincia. Basta per questa sera. Non ci sono molti annunci! Cosa potrebbe essere, come dio? Sarà buono?… Un frutto, allettante davvero!… Mi hanno detto che succhiando sette prugnole acerbe una ragazza può diventare un ragazzo. Ma io non ci credo… C’è troppa differenza. (Con trasporto) “Cosa? Il frutto – è una mela! – costa solo trentanove centesimi?… una vera occasione. Lo prendo! Dov’è l’albero?…Questo, al centro del giardino?… Ma papà dice che è sterile! O perlomeno che i suoi frutti sono aspri, buoni per ingrassare i porci! Senza dubbio no ne sa nulla, papà. Non è goloso. È pure un brontolone, ha sempre da ridire sulla cena, forse ha problemi di stomaco.
“È vero, questa piccola mela è squisita. Voglio portargliene un quarto: gli farà bene (Give one to your friend!). Un pezzetto a lui, uno ad Adamo, uno a Eva. Non sono mica egoista, io!”

Non appena Dio ebbe ingoiato la mela indigesta, abilmente dissimulata in uno dei piccoli gustosi piatti che la Donna gli preparava, fu colto da una violenta rabbia. (Aveva chiaramente problemi di stomaco.) Cacciò la Coppia dal Paradiso; la richiamò, la mandò nuovamente via – non sapeva che fare.
Perché, ahimè, pubblicità simili sono in parte vere, in parte false. Grazie al frutto, il Padre, i figli, tutti i mangiatori di mele, hanno appreso infatti che esisteva un Bene ed esisteva un Male. Ma, eternamente tormentati, non riescono a distinguere Quale sia Quale. (D’altronde la pubblicità si giustifica: un quarto non basta.)
Tuttavia, coloro che, più felici ma ancora più pericolosi, dispongono gli oggetti in due armate distinte, hanno tutti addentato una polpa diversa (in questo la Mela è la mela della discordia).
(Soltanto la loro è pura.) Non sopportano l’odore di altri respiri.

* Per chi non conosce l’inglese: L’AMORE dice: Aggiungete una corda al vostro arco imparando le LINGUE MODERNE. – Eva: le lingue, d’altronde, sono come i colori vivaci, fanno moderno. La Torre di Babele è alla moda. C’è persino chi dice non sia ancora stata costruita. Se mi si chiedesse un parere, consiglierei lo stucco. Lo stucco va molto di moda quest’anno. Amo tutto ciò che è nuovo, io, originale!

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Per una critica delle evidenze: il femminismo materialista di Christine Delphy

di Marcella Farioli

È stato tradotto di recente da Deborah Ardilli il volume di Christine Delphy, L’ennemi principal. 1. Économie politique du patriarcat, Syllepse, Paris 1998 (Il nemico principale. 1. Economia politica del patriarcatoVandA, Milano 2022, pp. 323).

«…et puis je suis tombée sur Delphy et ce fut comme une révélation» (S. Chaperon, in «Autour du livre de Christine Delphy L’ennemi principal», Travail, genre et sociétés 4, 2000/2, p. 164)

«Come una rivelazione», «come inforcare un paio di lenti», «come una boccata di aria fresca»: la maggior parte delle lettrici di Christine Delphy sintetizza con espressioni di questa natura la forza argomentativa e l’effetto dirompente di sgretolamento delle “evidenze” relative ai rapporti sociali di sesso provocato dalle pagine della sociologa francese, esponente tra le più illustri del gruppo di studiose e militanti femministe fondatrici della rivista Questions féministes. A partire dagli anni Settanta il collettivo di Questions féministes, animato da donne della componente femminista radicale del Mouvement de liberation des femmes, elabora l’insieme di analisi e di strumenti teorici definiti da Delphy come “femminismo materialista”. Le basi materiali dell’oppressione delle donne sono al centro dell’analisi di queste studiose, che sviluppano, soprattutto in campo antropologico e sociologico, importanti analisi del patriarcato, dei meccanismi di oppressione e appropriazione delle donne attraverso il lavoro domestico, dello scambio sessuo-economico e infine, ben prima della teoria queer, del ruolo binarizzante dell’eteronormatività.

L’analisi di Delphy si fonda sull’estensione del metodo materialista al genere, che la porta a  identificare due modi di produzione analiticamente distinti: al modo di produzione capitalista descritto da Marx si affianca un secondo modo di produzione, quello domestico (o patriarcale), che funziona fuori dal meccanismo del plusvalore ed è basato sulla cosiddetta “divisione diseguale” del lavoro domestico e sulla sua non-remunerazione. Con il termine “lavoro domestico” (travail domestique), Delphy designa non solo il lavoro familiare e di cura (travail ménager), ma anche il lavoro gratuito effettuato dalle donne nelle attività economiche del marito o del padre. Mentre il primo modo di produzione avvantaggia i capitalisti, il secondo avvantaggia gli uomini.

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Margaret Cavendish, icona del (proto)femminismo occidentale, L’Indice

I discorsi arguti e gli innocenti passatempi di MadMadge

di Giuseppe Sertoli

Mad Madge, “Meg la pazza”, sembra la chiamassero i londinesi quando la vedevano passare in carrozza scortata da lacché in divise di velluto e, se le circostanze lo richiedevano, con un seguito di gentiluomini e damigelle a reggerle lo strascico di un abito, da lei stessa disegnato, poco meno che regale. I ragazzini accorrevano ad ammirare le sue fastose e stravaganti acconciature, delle quali lei andava fierissima perché se c’era qualcosa che detestava era l’ordinarietà: “Mi adopero per essere massimamente singolare, poiché l’imitazione non denota altro che una natura volgare”. Adulata per il suo rango sociale, dietro le spalle era però derisa non solo per le sue eccentricità – di abiti, comportamento e linguaggio –, ma più ancora per le sue velleità intellettuali. “La povera donna è certamente fuori di testa” commentò Lady Osborne dopo aver sfogliato un suo volume di Poems and Fancies (1653) – il primo di una ventina di tomi pubblicati, con tanto di nome sul frontespizio (cosa inaudita a quel tempo per una donna), nell’arco di altrettanti anni –, rincarando poi la dose: “in manicomio ci sono molte persone più sane di mente di lei. È tutta colpa dei suoi amici che la lasciano fare”. Quasi trecento anni dopo, Virginia Woolf non sarebbe stata più comprensiva, paragonando la sua opera a separare un gigantesco, mostruoso cetriolo che avesse soffocato “fino a ucciderli” tutti i garofani e le rose di un giardino. Fuor di metafora: “Torrenti di versi e di prosa congelati in volumi in quarto e in folio che nessuno legge”, “scribacchiature senza senso” che la fecero “sprofondare sempre più nell’oscurità e nella follia”. Se solo ci fosse stato qualcuno a “insegnarle”, a “contenerla”…

E tuttavia questa povera pazza, che non potendo “conquistare il mondo come Alessandro o Cesare” avrebbe voluto almeno passare alla storia come “Margaret the First”, è l’autrice da trent’anni più studiata, discussa e commentata della letteratura inglese early modern. Un’autentica, seppure controversa, icona nella storia della scrittura femminile e del (proto)femminismo occidentale.

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Donne di destra su Il fatto quotidiano

Donne di destra, ovvero come si costruisce il consenso al familismo
di Monica Lanfranco

Ci sono libri che con la loro chiarezza non scadono mai, perché la loro attualità sta nell’analisi con strumenti di lettura universali della realtà anche se il tempo scorre. Uno di questi libri è stato scritto nel (apparentemente) lontano 1982 dalla studiosa, scrittrice e attivista femminista Andrea Dworkin, che così ne ringraziava un’altra per esserne stata la scintilla: ”Questo libro deve la propria esistenza a Gloria Steinem: è stata sua l’idea di ampliare un saggio precedente, Safety, Shelter, Rules, Form, Love: The Promise of the Ultra-Right, apparso su Ms. (giugno 1979), fino a trasformarlo in un volume. Ringrazio Gloria non solo per l’idea, ma anche per avere insistito sulla sua importanza”.

Nelle cinque parole del saggio pubblicato dall’autorevole mensile femminista Usa sta la chiave per capire molto del tempo nel quale noi viviamo: della fascinazione di gran parte dei popoli europei per il nazionalismo, del consenso, anche a sinistra, verso il relativismo culturale e, infine, del benestare femminile verso la destra politica e ideologica, che oggi in Italia ha nella prima ministra una antesignana di spicco (prima donna in questo ruolo, che ricopre negando di nominarsi donna mentre lo esercita, in una torsione simbolica degna di sforzi che andrebbero meglio riposti).

Sicurezza, riparo, regole, modello, amore: ecco i cinque concetti messi sotto la lente nel libro della Dworkin Donne di destra – la politica delle donne addomesticate, tradotto e pubblicato dalla casa editrice femminista Vanda con la preziosa introduzione di Stefania Arcara e Deborah Ardilli.

Le cinque parole, secondo Dworkin, sono le pietre miliari simboliche sulle quali si costruisce l’adesione, delle donne in particolare, al pensiero e alla politica della destra, specialmente nei passaggi di crisi cruciale come questa che stiamo attraversando. Ogni essere umano ha bisogno di vivere potendo contare su livelli accettabili di sicurezza e riparo, come ha necessità di condividere con altri esseri umani regole e modelli di comportamento e, infine, ha bisogno di amore e di amare. Ma quando alcuni di questi bisogni e condizioni sono minacciati, ecco che si riduce lo spazio per la negoziazione e si rischia di cadere nella trappola del consenso cieco a chi, promettendo protezione in primis, la fornisce al prezzo della diminuzione della propria libertà, quella individuale così come quella collettiva.

Per raccontare e spiegare a fondo il meccanismo che induce le donne a dare consenso alla destra politica, Dworkin analizzò il fenomeno della prostituzione e della pornografia, che indagò per decenni dopo una dolorosa parentesi di vissuto personale, concludendo che “Quello che i pornografi hanno fatto è stato prendere la libertà sessuale per cui avevamo lottato e trasformarla in un’industria orientata al profitto, che fornisce prodotti, incentrata sull’odio per le donne”.

Come sostengono Arcara e Ardilli nell’introduzione al testo occorre, anzitutto, disporsi a riconoscere che se la destra familista e antiabortista manipola con successo le paure delle dominate, al punto da rendere allettante un’insidiosa offerta di protezione, è perché fa leva su paure realmente fondate: non in un comparto separato dell’inconscio femminile, e nemmeno in un’indole naturalmente timorosa, ma nella situazione concreta delle donne all’interno della società patriarcale.

Le donne di destra «non hanno torto», sostiene ripetutamente Dworkin. Non hanno ragione, ma ciò non significa che siano in preda all’obnubilamento totale. Presa isolatamente, e letta maliziosamente, l’affermazione «non hanno torto» può suonare come una rovinosa concessione ideologica al conservatorismo. Ricollocata all’interno del suo contesto argomentativo, rimanda alla tragedia della salvezza ricercata attraverso la propria distruzione, sotto un imperativo di sopravvivenza che riduce severamente i margini di manovra e le possibilità di fuga.

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Intervista ad ANGELA DI LUCIANO, co-fondatrice di VandA edizioni

Intervista ad ANGELA DI LUCIANO, co-fondatrice di VandA edizioni insieme a VICKI SATLOW e SILVIA BRENA, che ci parla delle origini della casa editrice e di tre strenne proposte di VandA.

1) PINA MANDOLFO, Lo scandalo della felicità, 2023.

2) CAROL GILLIAGAN e NAOMI SNIDER, Perché il patriarcato persiste, 2021

3) ANDREA DWORKIN, Donne di Destra. La politica delle donne addomesticate, 2023.

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“Mio figlio è femminista” su Aosta Sera

La scrittrice e formatrice Monica Lanfranco: “Insegnate ai vostri figli maschi che no significa no”.
In “Mio figlio è femminista” l’educazione diventa uno strumento per dire no alla violenza contro le donne. Sabato 25 novembre l’autrice femminista Monica Lanfranco presenterà il suo “manuale di istruzioni” per arginare la cultura misogina.

“Se vi state chiedendo, essendo madre, padre o comunque punto di riferimento educativo di un bimbo o un ragazzo, se sia possibile trasferire le idee del femminismo in un giovane maschio d’oggi la mia risposta è decisamente sì”. Lo afferma la giornalista Monica Lanfranco, autrice del libro “Mio figlio è femminista”.

In questi giorni in cui il dibattito si è acceso su femminicidi e patriarcato, considerato causa della violenza di genere, il libro, che sabato 25 novembre alle ore 17 sarà presentato ad Aosta, risulta più attuale che mai.

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