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Alla scoperta dei Tarocchi Genziana dell’Inconscio

I Tarocchi Genziana dell’Inconscio aiutano nella lettura di sé con un gioco piacevole e profondo: per comprenderli meglio e iniziare a usarli VandA regala a chi acquista un mazzo di queste carte una sessione individuale online con MariaGiovanna Luini, la loro ideatrice, 

Dal 28 aprile al 22 maggio l’acquisto di una scatola di Tarocchi Genziana dell’Inconscio sul sito di VandA edizioni o allo stand del Salone del Libro di Torino dà diritto a un incontro di un’ora con MariaGiovanna Luini in modalità remota: si riceve un seminario personale che spiega l’uso dei Tarocchi e la loro potenza sulla lettura dell’inconscio. 

E per chi sarà al Salone di Torino sabato 20 maggio MariaGiovanna sarà al nostro stand dalle 10 alle 16 incontrerà le lettrici e le persone curiose di conoscere tutti i libri di VandA

Acquista ora i tarocchi Genziana dell’Inconscio e condividi l’acquisto sui social taggando @vanda.edizioni!

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VandA al Catania book festival

Dal 6 all’8 maggio si terrà il Catania book festival: VandA partecipa con il proprio stand (passate a trovarci!) e propone tre presentazioni imperdibili.

Innamorate – romanzo
Venerdì 6 maggio, ore 12.00
Sala Vulcano
L’autrice Chiara Aurora Giunta dialoga con Vera Navarria, presidente dell’ArciGay di Catania.
Letture di Grazia Previtera. 

Aumentare l’esperienza della bellezza – viaggio sentimentale nei luoghi del mito
Sabato 7 maggio, ore 10.00
Sala Venere
L’autrice Giuseppina Norcia dialoga con Viola Sorbello, la presidente di Legambiente di Catania.

Aphra Behn – l’incomparabile Astrea
Domenica 8 maggio, ore 12.00
Sala Venere
La curatrice Stefania Arcara dialoga con Nicoleugenia Prezzavento, regista teatrale.
Letture di Giulia Oliva.

Non mancate!

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La via dei librai di Palermo su Repubblica: VandA ci sarà, e voi?

Il 20 aprile Repubblica ha presentato La via dei librai di Palermo, la fiera letteraria che si snoda lungo il Cassaro alto: tra Caffè letterari en plein air ed editori indipendenti, VandA edizioni presenta Agenda rossa di Giulia Mafai.

Per leggere il pezzo di Repubblica sull’evento, clicca QUI

Ricordiamo a tutti la presentazione:

Lunedì 25 aprile
Piazza Bologni, isola Sciascia
Presentazione di Agenda rossa di Giulia Mafai
Parteciperanno Ariel Mafai, Beatrice Agnello e Gianfranco Perriera. 
Letture di Sabina Mafai.

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Recensione “Carne da macello” di Carol J. Adams

Il 10 aprile 2022, sul suo blog “Diario di ErreBi”, Romina Braggion ha recensito Carne da macello. La politica sessuale della carne di Carol J. Adams.

“In Carne da macello, con una  rara visione di insieme, Adams sviscera il concetto del referente assente e lo connette a una serie di aspetti relativi al femminismo e al veganismo. […] Adams analizza il dispositivo della violenza. […] Adams include una pletora di immagini tratte da pubblicità becere, tutte a tema creofago. […] Al termine della lettura del saggio di Adams, la riflessione maturata riguarda l’urgenza di affiancare a femminismo, veganismo e antispecismo, il tema dell’ambientalismo”.

Per leggere l’articolo completo clicca QUI.

 

 

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Quarant’anni dalla comune di Greenham: “Arrivammo contro la guerra. Siamo rimaste per il femminismo.”

Nel 1982 Julie Bindel si unì alle 30mila donne attorno alla base in protesta contro le armi nucleari. Qui racconta il punto di svolta che quella protesta rappresentò per le loro vite.

Di Julie Bindel
(della stessa autrice, Il Mito Pretty Woman)


Nel settembre 1981 trentadue donne, quattro uomini e molti bambini marciarono da Cardiff fino a Berkshire per protestare contro l’installazione di armi nucleari alla base aeronautica inglese di Greenham.

L’anno seguente, le fondatrici dichiararono l’accampamento “per sole donne”, e il campo di pace femminile comune di Greenham divenne uno degli esempi più noti e duraturi di proteste femministe degli ultimi tempi.

Il campo fu costruito attorno alla base RAF per protestare contro il posizionamento di armi nucleari americane su suolo britannico. Affrontando la polizia e i soldati, le donne gridavano: “State dalla parte del suicidio? State dalla parte dell’omicidio? State dalla parte del genocidio? Da che parte state?”

Rebecca Mordan, al tempo una bambina, fu portata a Greenham da sua madre. “Era profondamente catturata dal femminismo radicale,” dice Mordan. “Stava sul palo del telefono, di notte, e faceva la guardia al campo, così che le donne potessero dormire. Era all”Università del Femminismo’.”

Nell’agosto 2021, per nove giorni, Mordan ha ripercorso con decine di donne il cammino che nel 1981 la portò da Cardiff alla comune di Greenham, per concludere il viaggio con un weekend di celebrazioni culminate con l’anniversario della marcia.

“Non vogliamo che le donne muoiano e portino con sé le testimonianze di Greenham”, dice Mordan, che ha lanciato il sito Greenham Women Everywhere (Donne di Greenham Ovunque), e ha curato il libro Out of the Darkness, basato sulle storie del campo.

Tra il 1981 e il 2000, quando il campo fu restituito ai residenti, più di 70.000 donne manifestarono, ballarono, cantarono e agirono in prima persona, tagliando le recinzioni e facendo irruzione nelle torri di guardia. Fu la più numerosa protesta di donne dai tempi del Movimento per il suffragio femminile.

“I missili da crociera furono rimossi, le leggi internazionali cambiarono, la base aeronautica fu restituita al popolo. La base costò agli americani milioni di sterline, e intanto queste donne parlavano alle Nazioni Unite. Migliaia di donne aderirono al femminismo radicale, anche se restavano al campo soltanto una settimana. L’esperienza mostrò loro l’oppressione, fece avvicinare le donne borghesi alle donne operaie. Fu vero femminismo intersezionale,” dice Mordan.

La comune di Greenham e i suoi slogan presto divennero fonte di imbarazzo per il governo britannico e americano.

“Nel 1982, quando mi unii a 30mila donne in cammino per Greenham per ‘abbracciare la base’, l’unico mezzo pubblicitario erano le lettere a catena inviate tramite gruppi di donne. La gente sente parlare di Greenham e pensa subito a donne di mezz’età e si chiude,” dice Mordan.  E invece erano donne di tutte le età, di ogni estrazione sociale che si unirono a Greenham.

“Dobbiamo portare avanti l’eredità delle donne di Greenham. I ragazzi e i giovani chiedono sempre ‘Perché non ci hanno parlato di questo? È un furto culturale’”, dice Stephanie Davies, donna di Greenham e autrice di Other Girls Like Me.

“Quando si parla di Extinction Rebellion, si fa spesso riferimento alle Suffragette, ma non si parla mai delle donne di Greenham,” spiega Davies. “Il campo mi offrì un riparo dalla violenza maschile, lo trovai lì in altre donne, specialmente quelle in fuga da relazioni abusive.”

Ricordo che frequentavo un club per sole donne ad Islington il venerdì sera. Da un van scendevano le donne di Greenham, per rinfrescarsi al bagno prima di ballare senza sosta e bersi una pinta. Si riconoscevano da subito per i loro tagli alla moicana colorati e i loro vestiti sporchi, che sapevano di legna bruciata.

Con la vita al campo, molte donne eterosessuali sposate si resero conto che potevano non aver a che fare con gli uomini e instaurarono relazioni con altre donne. Molti giornali avevano dei pregiudizi e descrivevano le donne di Greenham come “sporche, sozze lesbiche”. Con quella singola espressione di odio diveniva facile condannare il femminismo di sinistra e l’attivismo pacifista in un colpo solo.

Scegliere Greenham non fu facile. Combattevo contro stupro e violenza domestica al tempo, e gli obiettivi di affetto e cura delle donne che protestavano per la pace rientravano negli stereotipi sessisti sulle donne. Vivere al campo, al gelo, e mangiare stufato di lenticchie in continuazione erano un ulteriore deterrente.

Eppure io ero attratta dall’idea di Greenham per due motivi: primo, perché le relazioni lesbiche e i legami stretti tra donne venivano normalizzati, e si apriva la possibilità di rapporti alternativi anche a donne che non li avevano mai presi in considerazione: erano tempi in cui l’omofobia la faceva da padrone, prima della Section 28, e molte donne lesbiche perdevano la custodia dei propri figli contro mariti violenti.

Un altro motivo di fascinazione era il modo in cui le attiviste collegavano le forze dell’ordine, il militarismo, la guerra e le quotidiane forme di violenza maschile contro le donne.

Nonostante il campo, il primo missile di crociera arrivò a Greenham nel 1983, ma le proteste continuarono per tutti gli anni ’80: molte donne furono condotte a processo, sanzionate o persino incarcerate.

Il trattato sulle forze nucleari a medio raggio firmato da Stati Uniti e Russia nel 1987 spianò la strada alla rimozione dei missili di crociera da Greenham tra il 1989 e il 1991. Nel 1992 l’aeronautica americana lasciò la base, poco dopo le forze britanniche fecero lo stesso. Al campo di pace le proteste contro le armi nucleari continuarono fino al 2000.

Oggi, parte di Greenham è un’area produttiva, mentre il resto è divenuto suolo pubblico.

Rebecca Johnson arrivò al campo nel 1981 e visse lì per cinque anni. È direttrice e fondatrice dell’Acronym Insitute for Disarmament Diplomacy, che promuove l’uso della diplomazia per il disarmo nucleare, nonché co-fondatrice della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, e vicepresidente del Centro per il disarmo nucleare.

“Molte di noi si unirono contro le armi nucleari e rimasero per il femminismo. Dopo quarant’anni, sembra che si continuino a combattere le stesse lotte. Abbiamo creato connessioni con le donne che in tutto il mondo vivono guerre e conflitti,” dice Johnson.

Forse la nostalgia contribuisce alla gioia che quel campo donò alle donne che non avevano potuto vivere al di fuori di nuclei familiari eterosessuali, o lontane dal controllo degli uomini. Quelle donne che vivevano in comune su una scala così larga sono probabilmente il più brillante gruppo di autocoscienza femminista in tutta la storia del movimento.

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“La produzione letteraria femminista nella seconda ondata”. Intervista a Deborah Ardilli su Global project

Il 2 aprile 2022 Global project ha pubblicato l’intervista a Deborah Ardilli tenutasi a Book Pride durante il panel “Editoria femminista: l’importanza di mettersi in rete”.

Per leggere l’intervista clicca QUI

 

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“Il caso del cane marrone” di Peter Mason su Il Fatto Quotidiano

Il 23 dicembre 2021 Davide Turrini ha stilato per Il Fatto Quotidiano una top 10 di libri da regalare e leggere a Natale: al quarto posto, Il caso del cane marrone. La storia di un monumento che ha diviso un paese di Peter Morgan.

Ecco un estratto dell’articolo:

Mason, giornalista del Guardian, rievoca una storia sconosciuta fatta di idealità e sensibilità, di lungimiranza antispecista e cieco fideismo scientifico. Oggi di quella statua e di quel cagnetto non c’è più traccia, ma per fortuna c’è questo libro che è racconto di cronaca, di archivio, di costume e di cultura di un’epoca e di un luogo che paiono specularmente alieni e identici all’oggi. Il bastardino così rivive nelle sue atroci sofferenze che sono la tortura di tutti, animali e non, sugli oppressi della terra.

Per leggere l’articolo completo clicca QUI

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Presentazione “Agenda rossa” presso La casa della memoria di Milano

Lunedì 21 marzo 2022, presso la Casa della Memoria di Milano, si è tenuta la presentazione di Agenda Rossa di Giulia Mafai.

L’introduzione al romanzo è stata tenuta da Ariel Mafai, figlia dell’autrice, e le letture da Valeria Ferrario.

Interessanti gli interventi di Marco Cuzzi, professore associato di Storia contemporanea dell’Università degli Studi di Milano, e di Cristina Tagliabue, direttrice del quotidiano “La Svolta”.

 

 

 

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Presentazione “Gentleman Anne” presso il Teatro Elfo Puccini di Milano

L’8 febbraio 2022 si è tenuta presso la Sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini di Milano la presentazione del libro Gentleman Anne e altre pièce femministe di Magdalena Barile.

La presentazione si è svolta al termine dello spettacolo omonimo.

L’autrice ha presentato il volume insieme alla regista e interprete Elena Russo Arman, alla co-protagonista Maria Caggianelli Villani, all’editora Angela di Luciano e a Lucia Falzari di Anne Lister Italia.

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Book Pride 2022 – Fiera nazionale dell’editoria indipendente

Dal 4 al 6 ottobre VandAedizioni ha partecipato a Book Pride 2022.

Durante l’evento “Editoria femminista: l’importanza di mettersi in rete”, in collaborazione con Enciclopedia delle Donne e Al3vie, è intervenuta l’autrice e traduttrice Deborah Ardilli, storica del femminismo. Nella sua brevissima lezione ha raccontato il femminismo della seconda ondata attraverso alcune delle autrici simbolo del catalogo VandA, da lei tradotte, svelando i retroscena delle prossime uscite di giugno e settembre de Il nemico principale 1. Economia politica del patriarcato, di Christine Delphy e Il corpo lesbico, di Monique Wittig.

Le nostre editore Angela Di Luciano e Ilaria Baldini, insieme a Raffaella Polverini, Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli, sono state intervistate da Gemini Network per Radio Sherwood.

Potete ascoltare la loro intervista qui.

 

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L’eredità delle donne. Laura Boldrini incontra Gloria Steinem

Il 24 ottobre 2021 in occasione de L’Eredità delle donne, Laura Boldrini, ex presidentessa della Camera, ha incontrato Gloria Steinem, scrittrice e storica attivista statunitense: quello che si è tenuto è stato uno straordinario dialogo sul femminismo che a partire dalla storia del movimento di liberazione delle donne, rivolge lo sguardo alle giovani generazioni e alle ragazze di domani.

Steinem ha ripubblicato con VandA edizioni il suo best seller Autostima, la rivoluzione parte da te. 

 

 

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Manifesto delle femministe russe contro la guerra

Il 24 febbraio, verso le 5:30 di mattina, ora di Mosca, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una “operazione speciale” sul territorio dell’Ucraina per “denazificare” e “smilitarizzare” questo stato sovrano. Questa operazione era in preparazione da molto tempo. Da diversi mesi, le truppe russe si stavano spostando al confine con l’Ucraina, ma le autorità del nostro paese negavano qualsiasi possibilità di un attacco militare. Ora sappiamo che questa era una bugia.

La Russia ha dichiarato guerra ai suoi vicini. Non ha concesso all’Ucraina il diritto all’autodeterminazione né alcuna speranza di vivere in pace. Dichiariamo – e non per la prima volta – che il governo russo sta provocando guerre da otto anni. La guerra nel Donbas è una conseguenza dell’annessione illegale della Crimea. Noi crediamo che la Russia e il suo presidente non siano -e non siano mai stati- preoccupati per il destino delle persone a Luhansk e Donetsk, e il riconoscimento delle repubbliche dopo otto anni è stato solo un pretesto per l’invasione dell’Ucraina sotto la maschera della liberazione.

Come cittadine russe, e come femministe, condanniamo questa guerra. Il femminismo come forza politica non può stare dalla parte di una guerra di aggressione e di occupazione militare. Il movimento femminista in Russia lotta per i gruppi vulnerabili e per lo sviluppo di una società giusta con pari opportunità e prospettive, in cui non ci può essere posto per la violenza e i conflitti militari.

Guerra significa violenza, povertà, migrazioni forzate, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. È inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento femminista. La guerra esaspera la disuguaglianza trai sessi e riporta indietro di molti anni le conquiste dei diritti umani delle donne, e non solo. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale: come dimostra la storia, durante la guerra il rischio di essere violentata aumenta moltissimo, per qualsiasi donna. Per queste e molte altre ragioni, le femministe russe e quelle che condividono i valori femministi devono prendere una posizione forte contro questa guerra scatenata dalle autorità del nostro paese.

L’attuale guerra, come dimostrano i discorsi di Putin, viene combattuta anche sotto la bandiera dei “valori tradizionali” dichiarati dagli ideologi del governo – valori che la Russia avrebbe deciso di promuovere in tutto il mondo come un missionario, usando la violenza contro coloro che si rifiutano di accettarli o hanno altre opinioni. Chiunque sia capace di pensiero critico capisce bene che questi “valori tradizionali” includono la disuguaglianza tra uomini e donne, lo sfruttamento delle donne e la repressione statale contro coloro il cui stile di vita, l’autodeterminazione e le azioni non sono conformi alle strette norme patriarcali. La giustificazione dell’occupazione di uno stato vicino con il desiderio di promuovere tali norme distorte e perseguire una “liberazione” demagogica è un’altra ragione per cui le femministe di tutta la Russia devono opporsi a questa guerra con tutta la loro energia.

Oggi le femministe sono una delle poche forze politiche attive in Russia. Per molto tempo, le autorità russe non ci hanno percepito come un movimento politico pericoloso, e quindi siamo state temporaneamente meno colpite dalla repressione statale rispetto ad altri gruppi politici. Attualmente più di quarantacinque diverse organizzazioni femministe operano in tutto il paese, da Kaliningrad a Vladivostok, da Rostov-on-Don a Ulan-Ude e Murmansk. Chiediamo ai gruppi femministi russi e alle singole femministe di unirsi alla Resistenza Femminista Anti-Guerra e di unire le forze per opporsi attivamente alla guerra e al governo che l’ha iniziata. Chiediamo anche alle femministe di tutto il mondo di unirsi alla nostra resistenza. Siamo molte, e insieme possiamo fare molto: Negli ultimi dieci anni, il movimento femminista ha guadagnato un enorme potere mediatico e culturale. È ora di trasformarlo in potere politico. Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che prevarrà.

Facciamo appello alle femministe di tutto il mondo:

Unitevi alle manifestazioni pacifiche e lanciate campagne in presenza e online contro la guerra in Ucraina e la dittatura di Putin, organizzando le vostre azioni. Sentitevi libere di usare il simbolo del movimento Feminist Anti-War Resistance nei vostri materiali e pubblicazioni, così come gli hashtag #FeministAntiWarResistance e #FeministsAgainstWar.

Distribuite informazioni sulla guerra in Ucraina e sull’aggressione di Putin. Abbiamo bisogno che il mondo intero sostenga l’Ucraina in questo momento e che si rifiuti di aiutare il regime di Putin in qualsiasi modo.

Condividete questo manifesto con altri. È necessario mostrare che le femministe sono contro questa guerra – e qualsiasi tipo di guerra. È anche essenziale per dimostrare che esistono ancora attiviste russe che sono pronte a unirsi in opposizione al regime di Putin. Ora siamo tutte in pericolo di persecuzione da parte dello stato e abbiamo bisogno del vostro sostegno.

 

Si ringraziano Maria Celeste e The feminist post per la traduzione.

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“Ricordando Raphaël e Giulia Mafai” sulla newsletter L’Arte di Domani di Demetrio Paparoni

La newsletter L’Arte di Domani di Demetrio Paparoni del 5 marzo 2022 ha incluso un bellissimo omaggio alla memoria di Antonietta Raphaël e di sua figlia Giulia Mafai, autrice di Agenda rossa. 

Di seguito, un estratto della newsletter:

“Ho conosciuto Giulia mentre scrivevo il mio libro Il bello, il buono e il cattivo, come la politica ha condizionato l’arte negli ultimi cento anni. (Neri Pozza). Avevo letto il suo La ragazza con il violino (Skira, 2013), che è molto più che una biografia di Raphaël, e avevo chiesto alla casa editrice di mettermi in contatto con lei per avere alcune informazioni. Ne era nata un’amicizia e da allora Giulia era diventata la prima persona cui mi rivolgevo quando mi occorrevano notizie di prima mano sull’ambiente dell’arte italiana, e su quello romano in particolare, negli anni della Seconda guerra mondiale e del primo Dopoguerra. Di Giulia Mafai, costumista, scenografa e autrice di una Storia del Costume dall’Età Romana al Settecento (Skira, 2011), è appena stato pubblicato Agenda rossa (Vanda edizioni), un romanzo che inizia ai nostri giorni ma si riallaccia a una storia di lotta partigiana e poi di militanza e impegno politico.”

Per leggere la newsletter completa clicca QUI

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“Il caso del cane marrone” presentato da Silvia Molé nel podcast Restiamo Animali

L’attivista antispecista Silvia Molé ha presentato Il caso del cane marrone: storia del monumento che ha diviso una nazione di Peter Mason nel podcast “Restiamo animali”, puntata 630 (25/02/2022). 
Molé ha parlato del tragico tema della vivisezione, che assieme alla sperimentazione sugli animali resta una questione purtroppo ancora aperta.
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Recensione di Cristina Luzzi di “Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione”

Cristina Luzzi, dottoranda in Giustizia costituzionale e diritti fondamentali nell’Università di Pisa, ha scritto una brillante recensione di Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Grazia Villa e Luciana
Tavernini. Luzzi analizza il fenomeno della prostituzione in chiave giuridica, offrendo nel suo pezzo molti spunti interessanti.

Ecco un estratto:

In un crescente e affollato dibattito politico e giurisprudenziale sull’autodeterminazione femminile le autrici di Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione consegnano al panorama nazionale giuridico, e non solo, una visione unitaria del fenomeno della prostituzione. Il libro muove da una critica alle opinioni secondo le quali la vendita della propria intimità costituisce una libera scelta della donna, opinioni che sottovalutano o rimuovono il peso che condizionamenti, economici ma anche psicologici, esercitano su questa ed altre scelte della persona. […] Nel tentativo di contrastare la tratta e la prostituzione minorile, favorendo solo la prostituzione “cosciente e responsabile”, si riscontra in questi casi una depenalizzazione delle diverse condotte riconducibili allo sfruttamento della prostituzione, accompagnata da una regolamentazione più o meno stringente su requisiti d’accesso e luogo di svolgimento dell’attività. In altre parole, si assiste a un processo di normalizzazione del “mercato del sesso”, in riferimento al quale il linguaggio svolge da subito un ruolo chiave. Non si parla, infatti, di sesso ma di “servizio sessuale”; non di prostituzione, ma di “sex work”, nonostante il grado di ambiguità che circonda tale espressione e che spinge a ricondurvi le più diverse prestazioni sessuali (da quelle che prevedono il contatto sessuale più brutale a quelle che lo escludono, come le telefonate erotiche o la condivisone di video e immagini via webcam, accomunate a ben vedere soltanto dalla capacità di consentire presumibilmente il raggiungimento del piacere per colui che ne usufruisce).

Clicca QUI per leggere la recensione

 

 

 

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“Libri femministi: 5 titoli che spiegano cos’è il femminismo” su Elle.com

Il 24 febbraio 2022 Elle magazine ha stilato una lista di cinque libri che spiegano il femminismo: tra questi spicca Manifesti femministi. Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977), a cura di Deborah Ardilli.

Di seguito riportiamo un estratto:

Manifesti femministi a cura di Deborah Ardilli è un libro dedicato sia a chi fa attivismo che a chi si sta avvicinando adesso alla causa femminista. Risponde alla domanda cos’è il femminismo radicale, spesso associato ad una forma di estremismo, facendo un viaggio nei movimenti femministi della seconda ondata, dagli anni Sessanta fino alla fine degli anni Settanta. Attraverso i brani del libro si ripercorre la vita del movimento del femminismo radicale, che dalla sua nascita ha analizzato le cause della disparità di genere, trovandole nella società patriarcale e nel capitalismo. 

Trovi l’articolo completo QUI

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“Cani marroni tra lotte e rivolte dei senza nome” su ilmanifesto.it

Il 12 febbraio 2022 è stato pubblicato su ilmanifesto.it “Cani marroni tra lotte e rivolte dei senza nome”, un’importante recensione di Massimo Filippi di Il caso del cane marrone di Peter Mason.

Ecco un estratto:

Il caso del cane marrone, saggio di Peter Mason del 1997, è stato reso disponibile al
pubblico italiano grazie al lavoro collettivo di un gruppo di attivist* coordinato da Barbara Balsamo e Silvia Molé (VandA, pp. 189, euro 15). Come recita il titolo, il libro racconta la storia della vita offesa di un cane in carne e ossa che diventa simbolo di rivolta sociale. Il «primo» cane, vivo ma già morto, entra in scena nel tardo pomeriggio del 2 febbraio 1903 nel teatro anatomico dello University College di Londra, per essere «sezionato al collo» al fine di illustrare il funzionamento delle ghiandole salivari. In aula vi sono Louise Lind-af-Hageby e Leisa Schartau, che denunciano l’accaduto a Stephen Coleridge: dopo «mezz’ora di ordalia», in cui si contorce per il dolore, il cane, che aveva sull’addome i segni di precedenti esperimenti e che non era stato adeguatamente anestetizzato, viene allontanato dall’aula per essere abbattuto. Coleridge, avvocato della National Anti-Vivisection Society, non esita a portare la vicenda alla conoscenza del grande pubblico ed è così trascinato in tribunale dal docente di fisiologia di cui aveva denunciato l’operato.

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