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A proposito di Elena di Giuseppina Norcia

Voce alle Donne

recensione di Emma Fenu

a proposito elena

A proposito di Elena è un narrazione polifonica, che fonde saggio, piece teatrale e racconto, scritto da Giuseppina Norcia ed edito da Vanda nel 2020.

Di cosa tratta A proposito di Elena?

Fa paura Elena.
Elena dea. Elena bellezza perfetta.
Elena proiezione dell’immaginario maschile.  Elena specchio della violenza della guerra.
Elena doppia. Elena Luna, multiforme e mutaforme.
Elena Donna.

La sua storia racconta cosa gli uomini sono capaci di fare per il possesso. Possesso di una città, di un corpo. Possesso che è abuso, violenza.

Elena odiata dagli uomini sedotti, a fare i conti con i propri mostri, e dalle altre donne. Se l’è andata a cercare, Elena, non è vittima sacrificale come Ifigenia o emblema del coraggio come Antigone.

Elena è rea di essere bella e viva. Imperdonabile.

Non importa se fu stuprata a dodici anni e restituita, come un corpo di bambola, da Teseo.

Non importa se viene rapita e altri decidono una guerra, non lei.

Non importa se disprezza Paride ed è costretta a concedersi.

Non importa se ha un’opinione. Nemmeno le donne hanno orecchie per la storia di Elena.

Solo una donna la difende, la saggia Penelope, quella che sa attendere: sa che è vittima dell’inganno divino che conduce alla follia e sa che non può dire né fare nulla, figuriamoci  se scatenare una guerra. La guerra è la follia degli uomini.

Gli uomini devono essere belli: la frase kalòs (bello) e agathòs (buono) diventa stereotipo: le qualità morali si esplicitano in quelle esteriori.

Ma Elena è una seduttrice pericolosa: in lei si ritrovano Ecate, Persefone e, soprattutto Artemide. E Eva?

Perchè leggere A proposito di Elena?

A proposito di Elena è un libro dalla bellezza travolgente. Seduce con storie, voci, richiami interni al testo, impliciti ed espliciti, connessioni che ricuciscono il mito con la cronaca e raccontano delle donne, non di una, e del corpo di tutte.

Non ho sintetizzato i vari argomenti trattati in modo puntuale e avvincente nei capitoli e l’intersecarsi di voci e storie e urla. Spetta a voi. Necessario è ascoltare, accogliere, comprendere.

L’epilogo invita alla rinascita. Si muore quando le proprie parole sono cancellate e dimenticate, ma si vive nel ventre di ogni storia raccontata dopo millenni di assenza e silenzio imposto.
Sia Voce a Elena, dunque e finalmente.
Sia Voce alle Donne, dunque e finalmente.
Link d’acquisto

Sinossi

Personaggio controverso e fascinoso, emblema della bellezza pericolosa, Elena di Sparta è portatrice di una complessità che ci sfugge.

Crediamo di conoscerla, eppure, per certi versi, di Elena non si sa niente.

Si sa, invece, l’effetto che fa sugli altri, al punto – così si dice – di aver causato una guerra.

Chi ha paura di Elena, dunque, e perché? Qual è la verità su di lei?

Desiderata e temuta dagli uomini, disprezzata dalle donne, apparentemente Elena non riabilita il femminile, non si presta a essere un’eroina da imitare come Antigone o Ifigenia, donne del coraggio e del sacrificio.

Così sembrerebbe. Ma andando alle radici sembra disvelarsi la possibilità di una storia diversa e di un’altra bellezza.

Perché fra le pieghe della Storia esiste sempre un’altra storia, soprattutto se il soggetto è donna.

Titolo: A proposito di Elena
Autore: Giuseppina Norcia
Edizione: Vanda, 2020

Recensione a cura di Emma Feru. E’ possibile vedere per integrale l’intervista sul sito sottostante.

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Alla scoperta della storia delle Principessa Valdina di Palermo

L’VandA ti invita tutti al suo evento speciale il 26 maggio 2023 alle ore 17:30. Si terrà la presentazione del libro “Lo scandalo della felicità. Storia della principessa Valdina di Palermo”, pubblicato da VandA edizioni.

L’incontro si svolgerà online e avremo il piacere di avere con noi l’autrice Pina Mandolfo. L’evento sarà introdotto da Floriana Coppola e Margherita Cogo. Inoltre, Marzia Benazzi e Paola Cavallari dialogheranno con l’autrice.

Per partecipare, vi preghiamo di utilizzare il seguente link Zoom: http://bit.ly/ZoomPinaMandolfo26052023

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Grazie Torino

Il Salone del libro di Torino si è appena concluso, tre giorni intensi che hanno lasciato un’impronta indelebile. Siamo stati entusiasti degli incontri con voi, lettrici, che sono andati oltre le semplici conversazioni, regalandoci momenti di scambio profondi e preziosi spunti per il futuro. Desideriamo ringraziare di cuore tutti coloro che hanno visitato il nostro stand e partecipato ai due eventi organizzati.

Continuate a seguirci sui nostri canali social per rimanere aggiornati su tutte le novità.

Non vediamo l’ora di rivedervi al prossimo evento!

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Ultimi giorni per scoprire con l’autrice MariaGiovanna il potere Tarocchi Genziana dell’Inconscio.

I Tarocchi Genziana dell’Inconscio aiutano nella lettura di sé con un gioco piacevole e profondo: per comprenderli meglio e iniziare a usarli VandA regala a chi acquista un mazzo di queste carte una sessione individuale online con MariaGiovanna Luini, la loro ideatrice.

Fino al 22 maggio l’acquisto di una scatola di Tarocchi Genziana dell’Inconscio sul sito di VandA dà diritto a un incontro di un’ora con MariaGiovanna Luini in modalità remota: si riceve un seminario personale che spiega l’uso dei Tarocchi e la loro potenza sulla lettura dell’inconscio.

Acquista ora i tarocchi Genziana dell’Inconscio e condividi l’acquisto sui social taggando @vanda.edizioni

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VandA al salone del libro di Torino

Siamo lieti di annunciare che VandA Edizioni sarà presente al Salone del Libro di Torino, uno degli eventi culturali più importanti dell’anno. Saremo entusiasti di accogliervi presso il nostro stand dal 18 al 22 maggio.

Durante questi giorni emozionanti, avrete l’opportunità di scoprire le nostre ultime pubblicazioni, incontrare autori di talento e immergervi nel meraviglioso mondo della letteratura. Il nostro stand sarà allestito con cura, offrendo una vasta selezione di libri che spaziano tra vari generi e tematiche.

I nostri esperti saranno a vostra disposizione per consigliarvi e suggerirvi le letture più adatte ai vostri gusti. Sarà un’occasione unica per interagire direttamente con gli autori, partecipare a sessioni di autografi e ascoltare interessanti presentazioni e dibattiti.

Non vediamo l’ora di condividere questa esperienza con voi e di festeggiare insieme la passione per i libri. Vi invitiamo a venire a trovarci presso il nostro stand al Salone del Libro di Torino, dove vi aspetteranno tante sorprese e momenti indimenticabili.

Segnatevi queste date sul calendario e preparatevi a vivere un’esperienza letteraria unica. Saremo lieti di darvi il benvenuto al Salone del Libro di Torino dal 18 al 22 maggio. Non mancate!

VandA Edizioni
Salone del Libro di Torino
18-22 maggio 2023

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Buono da leggere

VandA adersice all’iniziativa promossa dalla regione Piemonte. Per i ragazzi dai 14 ai 24 anni residenti in Piemonte, un buono dal valore di 10 euro da spendere durante il salone del Libro di Torino.

Un’occasione per ampliare la tua biblioteca personale o scolastica e per tornare dal Salone con un libro in mano. 

Richiedi il tuo buono da leggere da 10 euro da spendere in libri presso il nostro stand!( al padiglione 2 stand N32-P31)

Come ogni anno torna il Buono da leggere. Nei cinque giorni del Salone, grazie al sostegno della Regione Piemonte, verranno distribuiti 13.000 Buoni dal valore di 10 euro per promuovere la lettura: 

  • un buono da leggere di 10 euro per i ragazzi dai 14 ai 24 anni domiciliati in Piemonte che vengono in visita al Salone
  • un buono da leggere di 10 euro per gli studenti e le studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado che vengono in visita al Salone con i loro docenti
  • 10 buoni da leggere per un totale di 100 euro per le classi di scuola d’infanzia e primaria in visita al Salone 

Hai tra i 14 e i 24 anni e vivi in Piemonte? Scopri come ottenere il buono

Scarica il tuo voucher e, munito di un documento di identità e del tuo biglietto di ingresso, vai al punto di ritiro all’interno del Salone, in galleria visitatori. Ti verrà consegnato un Buono che potrai spendere nel nostro stand al padiglione 2 stand N32-P31

Scarica ora il tuo buono!

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Grazie Catania Book Festival

Sì è appena concluso il Catania Book festival. 3 giorni ad alta intesità, che hanno lasciato un segno indelebile. Tatissimi gli incontri con voi lettrici: dallel semplici conversazioni a profondi momenti di scambio che ci hanno donato spunti preziosi per il futoro. Grazie a chi ci è venuto a trovarci allo stand e ai numerosi che hanno partecipato hai due eventi organizzati.

Continuate a seguirci sui nostri canali social

Ci rivediamo al prossimo evento !

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Seminario personale con l’autrice dei Tarocchi Genziana del’inconscio.

VandA regala a chi acquista i Tarocchi Genziana del’inconscio una sessione individuale online con MariaGiovanna Luini, la loro ideatrice.

Dal 28 aprile al 22 maggio l’acquisto di una scatola di Tarocchi Genziana dell’Inconscio sul sito di VandA edizioni dà diritto a un incontro di un’ora con MariaGiovanna Luini in modalità remota: si riceve un seminario personale che spiega l’uso dei Tarocchi e la loro potenza sulla lettura dell’inconscio. 

Acquista ora i tarocchi Genziana dell’Inconscio e condividi l’acquisto sui social taggando @vanda.edizioni!

 

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Incontro con l’autrice Pina Mandolfo autore del libro ” lo scandalo della felicità”

Martedì 9 maggio 2023 ore 19:00 presso il locale la Societé di Siracusa si terrà un piacevole incontro sul libro ” lo scandalo della felicità” scritto da Pina Mandolfo. Oltre all’autrice parteciperà Giuseppina Norcia, le letture saranno a cura  di Nadia Spicuglia Franceschi. Vi aspettiamo numerosi!

Se vuoi leggere il libro ordinalo ora: lo scandalo della felicità

Cosa😀: incontro con l’autrice Pina Mandolfo, autore del libro ” lo scandalo della felicità”

Quando🕝 : martedì 9 maggio 2023

Dove🏚️: Via Roma 26, Ortigia – Siracusa

Perchè⁉️: per conoscere l’autrice e fare un piacevole dialogo sui temi del femminsimo, e l’indipendenza della donna.

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Alla scoperta dei Tarocchi Genziana dell’Inconscio

I Tarocchi Genziana dell’Inconscio aiutano nella lettura di sé con un gioco piacevole e profondo: per comprenderli meglio e iniziare a usarli VandA regala a chi acquista un mazzo di queste carte una sessione individuale online con MariaGiovanna Luini, la loro ideatrice, 

Dal 28 aprile al 22 maggio l’acquisto di una scatola di Tarocchi Genziana dell’Inconscio sul sito di VandA edizioni o allo stand del Salone del Libro di Torino dà diritto a un incontro di un’ora con MariaGiovanna Luini in modalità remota: si riceve un seminario personale che spiega l’uso dei Tarocchi e la loro potenza sulla lettura dell’inconscio. 

E per chi sarà al Salone di Torino sabato 20 maggio MariaGiovanna sarà al nostro stand dalle 10 alle 16 incontrerà le lettrici e le persone curiose di conoscere tutti i libri di VandA

Acquista ora i tarocchi Genziana dell’Inconscio e condividi l’acquisto sui social taggando @vanda.edizioni!

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Incontro con Marta Correggia autrice del libro ” Il mio nome è Aoise”

Venerdì 5 maggio 2023 ore 18:00 presso la Libreria Hoepli di Milano si terrà un piacevole incontro sul libro ” Il mio nome è Aoise” scritto da Marta Correggia . Oltre all’autrice saranno presenti: Elena Masetti Giudice Tribunale di Milano, Nando dalla Chiesa scrittore e sociologo, Ferruccio Pinotti giornalista e scrittore

Se vuoi leggere il libro ordinalo ora: il mio nome è aoise

Cosa😀: incontro Marta Correggia, autrice del libro “Il mio nome è Aoise”

Quando🕝 : venerdì 5 maggio 2023

Dove🏚️: Libreria Hoepli, Via Hoepli 5, Milano

Perchè⁉️: per conoscere l’autrice e scoprire la straordinaria storia della protagonista del libro.

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Vanda al Catania Bookfestival

Dal 5 al 7 maggio si terrà il Catania book festival: VandA partecipa con il proprio stand (passate a trovarci!) e propone due presentazioni imperdibili.

Le presentazioni in programma sono:

Il corpo lesbico – romanzo
Sabato 6 maggio, ore 17:30
Sala Vulcano

Il mondo sfavillante  – viaggio sentimentale nei luoghi del mito
Domenica 7 maggio, ore 17:30
Sala Vulcano

Se vuoi leggere il libro ordinalo ora: il corpo lesbico e il mondo sfavillante

Ti aspettiamo, vieni a trovarci presso il nostro stand e partecipa ai nostri eventi. Non ti dimenticare di condividere l’evento sui social taggando VandA edizioni .

Cosa😀: Catania book festival

Quando🕝 : dal 5 al 7 maggio 2023

Dove🏚️: centro fieristico le ciminiere Catania

Perchè⁉️: per conoscere i nostri saggi e romanzi, e per partecipare alle presentazioni dei nostri libri.

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Recensione – Il corpo lesbico

Un corpo che si chiama desiderio. Wittig ritradotta

di Jamila Mascat, articolo su Nazione Indiana

VandA ha recentemente ripubblicato Il corpo lesbico di Monique Wittig nella traduzione di Deborah Ardilli, che ne ha anche curato l’introduzione.

Qui di seguito l’incipit dell’introduzione e del libro.

di Deborah Ardilli

All’interno del romanzo di formazione della generazione che, nell’ultimo scorcio del Novecento, ha tentato l’assalto al dominio patriarcale, Monique Wittig occupa il posto riservato alle grandi esploratrici, alle intrepide che prendono il largo per inoltrarsi in mare aperto, in attesa di essere raggiunte da chi è rimasta indietro. «Wittig è stata il nostro primo spaesamento culturale», ha scritto Simonetta Spinelli (2001) rievocando la forza d’urto di una scrittrice* capace di far deflagrare assetti categoriali ritenuti intangibili e, perciò stesso, di suscitare reazioni contrastanti nella generazione femminista e lesbica degli anni Settanta. In generale, non è affatto raro che il disorientamento provocato dall’incontro con l’inaudito dia luogo a risposte divergenti, sospese tra i poli estremi dell’accettazione senza riserve e del rifiuto pregiudiziale. Lo spaesamento può essere la prima tappa di un’avventura politica e conoscitiva perseguita fino alle estreme conseguenze o, viceversa, può indurre l’attivazione di meccanismi difensivi finalizzati a neutralizzare l’agente estraneo insinuatosi in un sistema di credenze naturalizzate. In particolare, se si volge lo sguardo alla prima ricezione italiana del Corpo lesbico, apparso in traduzione nel 1976 per le Edizioni delle Donne, salta agli occhi una pronunciata tendenza alla neutralizzazione.

Certo, il vantaggio prospettico della posterità impone un esercizio di carità ermeneutica nei confronti del lavoro di chi ci ha precedute: le valutazioni che oggi sono possibili, all’epoca erano precluse, o rese difficilmente udibili, da una serie di fattori contestuali che hanno pesantemente condizionato la ricezione italiana di Wittig. Nel 1976 non esiste ancora, nel nostro Paese, una vera e propria soggettività lesbofemminista e i contatti del movimento delle donne con l’area francese sono mediati quasi esclusivamente da incontri periodici con le donne di Psychanalyse et politique, il gruppo raccolto intorno all’autorità carismatica di Antoinette Fouque, avverso al riconoscimento politico del lesbismo e incline semmai a riferirsi a un’omosessualità primaria concepita in chiave psicoanalitica. Per Psychanalyse et politique, la funzione del movimento delle donne consisteva infatti nel riattivare l’originaria relazione madre-figlia in modo da farne la via maestra per il recupero della differenza femminile forclusa dall’ordine fallogocentrico. Era questa la forma archetipa dell’omosessualità individuata da Fouque, per altro convinta che non esistesse nulla di più falso della celebre affermazione di Simone de Beauvoir – successivamente ripresa da Wittig in chiave lesbica – secondo cui «donna non si nasce». A propria volta, la valorizzazione simbolica dell’omosessualità primaria e della libido femminile che le era connessa – una libido creandi assimilata in tutto e per tutto alla procreazione – era intesa da Fouque come tappa essenziale di processo più ampio, finalizzato alla costruzione di relazioni più “autentiche” con gli uomini, libere dal potere, fondate sull’amore e sull’avvento di una “vera” eterosessualità. Poste tali premesse, l’ostilità di Psychanalyse et politique era riservata alla tendenza femminista rivoluzionaria, rea di volersi liberare simultaneamente della discriminazione e della differenza sessuale, e a maggior ragione alla coscienza politica lesbica che, in quella tendenza, affondava le proprie radici. Il lesbismo politico, inteso come indisponibilità permanente allo sguardo maschile, come denuncia vivente dell’oppressione patriarcale, come possibilità incarnata di rimettere in questione la società eterosessuale e le sue istituzioni, rappresentava, all’interno del quadro politico e concettuale disegnato da Psychanalyse et politique, una provocazione inconcepibile o, al più, una fissazione di segno regressivo.

Nella battaglia delle idee, Antoinette Fouque poteva inoltre giovarsi di una risorsa egemonica come le éditions des femmes la casa editrice creata nel 1972 da Psychanalyse et politique, grazie ai generosi finanziamenti dell’ereditiera Sylvina Boissonnas, con l’obiettivo di promuovere la letteratura femminile rifiutata dalle case editrici mainstream e di creare un presidio culturale capace di fare da cassa di risonanza alla teoria della differenza sessuale.

L’ambiguità irrisolta tra la denigrazione del lesbismo, squalificato da Psychanalyse et politique come grottesca imitazione del modello maschile, e l’enfatica messa in scena dell’amore tra donne, è stata il binario ideologico su cui ha viaggiato Il corpo lesbico nella sua prima sortita al di qua delle Alpi: circostanza, questa, che ha impedito alle femministe italiane di apprezzare appieno la novità della visione politica del lesbismo tratteggiata da Wittig. Se la scrittrice francese intuisce precocemente la necessità di accelerare il passo per non lasciar rifluire la radicalità originaria del movimento, le italiane continuano invece a procedere con maggiore prudenza. Del resto, l’eco dei conflitti che infiammano il movimento di liberazione delle donne a Parigi, in particolare a partire dal momento in cui Wittig inizia a premere (senza successo) per la costituzione di un Fronte Lesbico Internazionale**, non raggiunge il nostro Paese: le prime manifestazioni di autocoscienza lesbica legate al femminismo si sviluppano in un contesto non toccato dalla «grande disputa tra le madri e le amazzoni» (Wittig e Zeig [1976] 2020, p. 51) che, a metà degli anni Settanta, porta la scrittrice ad allontanarsi dalla Francia e a stabilirsi negli Stati Uniti. Estranee ai quadri di riferimento entro cui si svolge la discussione fra le femministe italiane in quegli anni sono anche le premesse teoriche che, in Wittig, saldano l’affermazione del punto di vista lesbico all’attacco sferrato contro l’eterosessualità, intesa come sistema sociale fondato sull’appropriazione delle donne da parte degli uomini e come forma ideologica volta a giustificare, tramite la dottrina della differenza tra i sessi, tale appropriazione. Mancano ancora all’appello gli scritti in cui Wittig espone i lineamenti teorici della propria politica; e soprattutto manca, in Italia, un filone autoctono di femminismo radicale e materialista in grado di sintonizzarsi con la proposta della francese.

Date queste condizioni, sfugge una chiave interpretativa indispensabile per avvicinare Il corpo lesbico: nella pratica politica, letteraria e teorica di Wittig il lesbismo non denota un orientamento sessuale o un marchio identitario, non configura un’ennesima differenza essenziale candidata al riconoscimento. Esso si pone invece come negazione determinata di un rapporto sociale di oppressione e, perciò stesso, come punto prospettico privilegiato in vista della ricostruzione del contratto sociale al di là dei meccanismi costitutivi di alterizzazione e inferiorizzazione delle donne riprodotti nel contesto del dominio eterosessuale. Come ha sottolineato Christine Delphy, sua sodale all’interno delle Féministes Révolutionnaires e delle Gouines Rouges (le “lesbicacce rosse”) nei primi anni Settanta e poi ancora nei tre anni di vita della rivista Questions féministes (1977-1980), Wittig non è stata certo la prima scrittrice francese a far sapere di essere “omosessuale”: è stata invece la prima «ad aver collocato il lesbismo al centro della sua politica, e la sua politica al centro del lavoro di scrittura» (Delphy [1985] 2020). Al di fuori di queste coordinate, la prima ricezione italiana del Corpo lesbico risente di una provincializzazione profondamente equivoca del messaggio wittighiano. Ascritto d’ufficio al novero della “scrittura femminile”, il libro è presentato come un esempio di rivalutazione della differenza sessuale, alla sua figurazione del lesbismo vengono attribuite le fattezze di un’omosessualità onirica equivalente all’autoerotismo femminile e i presupposti di poetica che governano l’orchestrazione del testo passano clamorosamente inosservati.

[…]

*Wittig prediligeva per sé la denominazione écrivain (scrittore), in luogo del femminile écrivaine (scrittrice), per distanziarsi da esponenti dell’écriture féminine come Hélène Cixous, Luce Irigaray, Annie Leclerc e Chantal Chawaf, a cui imputa un fraintendimento naturalistico del lavoro di scrittura, ridotto alla stregua di una secrezione naturale. Ciò nonostante, al pari di altre studiose (per esempio Feole 2020), utilizzerò il sostantivo “scrittrice” per indicare Wittig, ferma restando la necessità di dissociare il termine da ogni riferimento alla “scrittura femminile” e al suo apparato categoriale: differenza, specificità, natura, produzione inconscia, rimandi metaforici alla generatività corporea. Sulla critica di Wittig all’écriture féminine, cfr. Wenzel 1981; Griffin Crowder 1983; Armengaud 1998; Lasserre 2018.

** Wittig inizia a pensare al progetto della costituzione di un Fronte Lesbico Internazionale nel novembre del 1974, in occasione della Conferenza Internazionale delle Donne di Francoforte, a cui partecipano 600 donne provenienti da 18 paesi. L’idea di una coalizione lesbica internazionale è la proposta politica che Wittig lancia per evitare un riassorbimento del movimento di liberazione delle donne all’interno dell’ideologia patriarcale, eventualità che nella Francia di quel periodo appariva tutt’altro che remota: il 1974, infatti, non è solo l’anno dell’esplosione pubblica dell’écriture féminine, ma anche quello della creazione del Segretariato di Stato sulla condizione femminile, istituito dopo l’elezione presidenziale di Valéry Giscard d’Estaing. La proposta, tuttavia, non sopravvive all’ostilità che Wittig incontra non tanto da parte di Psychanalyse et politique quanto da parte della componente maggioritaria delle Féministes Révolutionnaires. Per la ricostruzione di queste vicende, si vedano Turcotte 2003 ed Eloit 2018; 2019. L’amarezza e la disillusione di Wittig per gli esiti di quelle vicende hanno trovato una trasposizione letteraria in Paris-la-politique (Wittig 1999).

***

Monique Wittig,  Il corpo lesbico

In questa geenna dorata adorata nera è tempo di dire addio m/ia molto bella m/ia molto forte m/ia molto indomita m/ia molto sapiente m/ia molto feroce m/ia molto dolce m/ia prediletta, a ciò che esse chiamano l’affetto la tenerezza o il grazioso abbandono. Ciò che ha corso qui, nessuna lo ignora, non ha nome per ora, che esse lo cerchino se ci tengono veramente, che si lancino in una battaglia di belle rivalità, cosa di cui i/o m/i disinteresso quasi completamente mentre tu puoi con voce da sirena supplicare qualcuna dalle ginocchia brillanti di venirti in aiuto. Ma lo sai, nessuna potrà sopportare di vederti gli occhi revulsi le palpebre tagliate gli intestini gialli fumanti spalmati nell’incavo delle tue mani la lingua sputata fuori dalla bocca i lunghi filamenti verdi della bile colanti sui tuoi seni, nessuna potrà sopportare l’ascolto della tua risata bassa frenetica insistente. Lo splendore dei tuoi denti la tua gioia il tuo dolore la vita segreta delle tue viscere il tuo sangue le tue arterie le tue vene i tuoi abitacoli cavi i tuoi organi i tuoi nervi la loro disgregazione il loro zampillo la morte la lenta decomposizione il lezzo il divoramento da parte dei vermi il tuo cranio aperto, tutto sarà per loro ugualmente insopportabile.

Se qualcuna pronuncia il tuo nome m/i sembra che le orecchie siano sul punto di caderm/i pesantemente a terra, sento il sangue surriscaldarsi nelle m/ie arterie, percepisco d’un tratto i circuiti che irriga, un grido m/i sale dal fondo dei polmoni per farm/i scoppiare, stento a contenerlo, i/o divento bruscamente il luogo dei più oscuri misteri, la pelle m/i si accappona e si copre di macchie, i/o sono la pece che brucia le teste assalitrici, i/o sono il coltello che squarcia la carotide delle agnelle neonate, i/o sono le pallottole delle mitragliatrici che perforano gli intestini, i/o sono le tenaglie arroventate al fuoco che tormentano le carni, i/o sono la frusta che flagella la pelle, i/o sono la corrente elettrica che folgora e paralizza i muscoli, i/o sono il bavaglio che imbavaglia la bocca, i/o sono la benda che copre gli occhi, i/o sono i lacci che legano le mani, i/o sono l’aguzzina forsennata galvanizzata dalle torture e le tue grida m/i eccitano tanto più m/ia prediletta perché le trattieni. A questo punto i/o ti chiamo in m/io aiuto Saffo m/ia incomparabile, damm/i a migliaia le dita che leniscono le ferite, damm/i le labbra la lingua la saliva che porta nel lento nel dolce nel velenoso paese da cui non si può fare ritorno.

Scopro che la tua pelle può essere rimossa delicatamente pellicola per pellicola, tiro, si solleva, si avvolge sopra le tue ginocchia, a partire dalle ninfe tiro, scivola lungo il ventre, sottile fino all’estrema trasparenza, a partire dai lombi i/o tiro, la pelle scopre i muscoli rotondi e i trapezi della schiena, si solleva fino alla nuca, arrivo sotto i tuoi capelli, le m/ie dita ne attraversano la massa, tocco il tuo cranio, lo tengo con tutte le dita, lo comprimo, palpo la pelle sull’insieme della scatola cranica, strappo brutalmente la pelle sotto i capelli, scopro la bellezza dell’osso lucente percorso da vasi sanguigni, le m/ie mani frantumano la volta e l’occipite dietro, le m/ie dita ora sprofondano nelle circonvoluzioni cerebrali, le meningi sono attraversate mentre il liquido rachidiano defluisce da ogni parte, le m/ie mani sono immerse negli emisferi molli, cerco il bulbo rachidiano e il cervelletto racchiusi sotto da qualche parte, ti ho afferrata ora tutta intera muta immobilizzata ogni grido bloccato in gola i tuoi ultimi pensieri dietro gli occhi chiusi nelle m/ie mani, il giorno non è più puro del fondo del m/io cuore m/ia amatissima.

Con i tuoi diecimila occhi tu m/i guardi, lo fai e sono i/o, non m/i muovo, ho i piedi completamente piantati nella terra del suolo, m/i lascio raggiungere dai tuoi diecimila sguardi o se preferisci dallo sguardo unico dei tuoi diecimila occhi ma non è lo stesso, questo sguardo immenso m/i tocca in ogni parte, esito a muoverm/i, se alzo le braccia verso il sole tu abbassi gli occhi di sbieco rispetto alla luce, scintillano ma tu m/i guardi oppure se vado verso l’ombra ho freddo i tuoi occhi non sono visibili là dove tu m/i segui neanch’i/o sono vista da te, i/o sono muta in questo deserto svuotato dei tuoi diecimila occhi più nero del nero in cui i tuoi occhi m/i apparirebbero diecimila alla volta neri e brillanti, i/o sono sola fino a quando sento come dei rumori di campane dei rintocchi si dice, tremo, ho le vertigini, m/i risuona dentro, m/i sconvolge, è la musica degli occhi m/i dico, sia che si urtino dolcemente e con violenza sia che da soli producano questi suoni molteplici, cado bocconi davanti o dietro da questa parte o dall’altra, gesticolo disordinatamente il tempo di capire che i/o non posso sfuggire alla molteplicità dei tuoi sguardi, ovunque i/o sia tu m/i guardi m/ia ineffabile con i tuoi diecimila occhi.

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Presentazione – Lo scandalo della felicità

Cinquant’anni per uscire dal convento: alla Casa delle donne il libro sulla storia vera di Vandina, monacata da bambina

Articolo originariamente comparso su La Repubblica

Lunedì 17 aprile, alle ore 18, alla Casa delle donne in via della Lungara, la presentazione de Il segreto della felicità, l’ultimo libro di Pina Gandolfo. L’autrice dialogherà con Francesca Comencini, Maria Rosa Cutrufelli, Laura Delli Colli

Alla Casa delle donne di Roma, si parla de Lo scandalo della felicità. È l’ultimo libro pubblicato da Pina Mandolfo, giornalista, scrittrice, regista che nel volume edito da VandA edizioni racconta la storia vera, ambienta nella Palermo del 1600, di Anna Vandina, la donna che fu monacata da bambina e trascorse quasi 50 anni della sua vita nel tentativo di ottenere un processo per sciogliersi (liberarsi) dal voto reliogioso. Alla fine Vandina ce la farà.

Ma la storia degli anni trascorsi nel chiuso di un convento si intreccia con i fatti più rilevanti della Palermo di epoca spagnola. Un racconto carico di tensione. 

“Di tutta la passione verso un personaggio femminile – dice Mandolfo, già autrice nel 1996 di Desiderio per Baldini&Castoldi – non comune, di cui ho voluto narrare la grandezza, descrivendone l’esemplarità di donna assoggettata ma non soggetta”.

Alla presentazione del libro, in programma lunedì 17 aprile alle 18 alla Casa delle donne di Roma, in via della Lungara, l’autrice dialogherà con Francesca ComenciniMaria Rosa CutrufelliLaura Delli ColliPatrizia D’Antona leggerà dei brani del libro. Coordina l’incontro Maria Palazzesi.

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L’omaggio a Monique Wittig – Bookpride

in un talk condotto da Carlotta Cossutta e Deborah Ardilli

Appunti per un corpo rivoluzionario 

15 / 4 / 2023, articolo su Global Project

Domenica 11 marzo il Book Pride di Milano ha fatto un omaggio alla scrittrice Monique Wittiga vent’anni dalla sua morte, con un talk organizzato da VandA Edizioni. Il focus del talk è stato quello di riscoprire la sua produzione politica ed il suo modo unico di concepire i codici linguistici. Per fare ciò le relatrici Carlotta Cossutta e Deborah Ardilli hanno utilizzato Il corpo lesbico, libro che la Wittig ha scritto nel 1973, ristampato quest’anno da VandA e curato dalla stessa Ardilli.

Il filo conduttore dell’incontro è stato il lesbismo come atto rivoluzionario, ovvero la trasformazione da oggetto passivo a soggetto attivo. Non si tratta semplicemente dell’orientamento sessuale ma di pratiche sociali che mettono in crisi l’ordine costituito, auto-elettosi come dogmatico e citando Wittig «Il lesbismo è molto più dell’omosessualità. Il lesbismo è molto più della sessualità. […] La “donna” ha senso solo nei sistemi di pensiero e nei sistemi economici sessuali e ne consegue che le lesbiche non sono “donne”».

Siamo abituatx ad una rappresentazione del femminile sotto l’attento occhio del male gaze, in cui il corpo viene erotizzato dal patriarcato e proprio qui si inserisce Wittig, scorporando il corpo dallo sguardo maschile e riportandolo a qualcosa che “non ha ancora nome”. Ardilli sottolinea più volte come il termine “corpo” sia polisemico, non esiste solo a livello fisico ma anche sociale, evacuato teoricamente dalla presenza maschile.

Il corpo lesbico e il corpus letterario lesbico nascono dalla distruzione del corpus dominante (eterosessuale) – che vede le donne come appropriate dagli uomini, sinonimo di patriarcato e legittimazione ideologica – e vogliono sconvolgere ed aggredire i pilastri della nostra percezione eterosessuale del mondo.

Le protagoniste nello scritto di Wittig non sono personaggi convenzionali ma due pronomi personali: io e tu, pensati in una relazione non gerarchica e permutabili. I due pronomi, nel corpo dei frammenti, subiscono una metamorfosi e vengono usati per reinterpretare, per esempio, storie del mondo classico. Ricorre infatti nei miti l’inganno che prelude uno stupro e Wittig cerca di cambiare il corso della storia utilizzando la poesia.

Cossutta e Ardilli entrano nel vivo del discorso sbattendo la porta senza preoccuparsi di offendere una qualche parte del pubblico presente e questo perché il centro del talk mirava a sovvertire il pensiero comune. D’altronde i temi affrontati da Wittig sono essi stessi rivoluzionari e il suo concetto di lesbismo è da intendersi come rivolta. Essere “donna”, per la scrittrice, significa essere appropriata dagli uomini; rompere il contratto sessuale significa di conseguenza cercare di mettere fine alla storia materiale e simbolica di appropriazione.

Wittig ne “Il corpo lesbico” supera il dimorfismo sessuale, il corpo si materializza e smaterializza in un loop senza fine, costruendo un sistema di segni ed espressivo che non ha precedenti. Questo libro rimane ad oggi uno dei più complessi ed oscuri della letteratura wittighiana e per quanto sia sempre stata una figura estremamente conversa nel panorama culturale europeo è però innegabile che il suo pensiero abbia procurato disturbo e che abbia creato un dibattito mai chiuso sulla concezione della libertà individuale.

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Recensione – Lo scandalo della felicità

Articolo di Ivana Margarese, originariamente comparso su Marel – voci dall’isola

“A volte una donna, dimenticata e taciuta, si “appella” a un’altra donna per prendere corpo e uscire dall’oblio. È un richiamo misterioso che, negli ultimi decenni, storiche, letterate, artiste hanno imparato a riconoscere e decifrare. Siamo una schiera che porta alla luce un incommensurabile patrimonio di vite celate per costruire, finalmente, una genealogia femminile: solo allora un millennio diverrà un giorno. Un giorno in cui altri e altre conosceranno le “sconosciute” nascoste negli scarti della storia”.
Pina Mandolfo racconta la storia di una donna coraggiosa, la principessa Anna Valdina, che nel 1600 a Palermo fu monacata a forza quasi bambina e trascorse cinquant’anni della sua vita nel tentativo di ottenere un processo per lo scioglimento dei voti, fino a riuscirci. La storia privata si intreccia con eventi e personaggi della Palermo spagnola, contrapponendo la logica del desiderio e della scelta del singolo agli intrecci di potere del tempo in un romanzo dal ritmo musicale e appassionato che permette al lettore di entrare dentro “una stanza tutta per sé”.


Lo scandalo della felicità
 è un titolo molto bello che ben rende la vicenda che racconti in questo romanzo, ovvero quella della principessa Anna Valdina, costretta a farsi monaca appena adolescente, contro la sua volontà. Come nasce l’esigenza di raccontare questa storia? Cosa ti ha condotto a Anna Valdina?

Camminando per le vie di Palermo mi sono imbattuta per caso in una mostra dell’Archivio di Stato  che metteva in mostra alcune pergamene usate per le professioni di voto. La stessa mostra pubblicizzava il carteggio di un processo per lo scioglimento dei voti richiesto da una donna, Anna Valdina, di illustri natali monacata a forza nel 1600. Essendo il mio progetto di vita quello di portare alla luce donne taciute dalla storia non potevo che raccogliere, quasi come un dovere, i dettagli di questa vicenda che mi incuriosì molto a tal punto che trascorsi dei mesi dentro l’archivio per decifrare e poi finalmente riuscire a leggere le testimonianze del processo.

“Scrivendo di Anna Valdina, immaginando la sua vita, sentivo la mia intrecciarsi alla sua, in quel prodigioso corpo a corpo che si stabilisce tra chi scrive e le sue creature. Il suo tempo è diventato il mio e quello di tante donne che, ieri come oggi, lottano per mettersi al mondo libere”. La protagonista, come te, è siciliana e ha vissuto in un secolo di sfarzi, inganni e ipocrisie ostile alla sua voglia di chiarezza e di espressione senza infingimenti. Ritengo che l’habitus siciliano si riveli spesso piuttosto teatrale o legato allo sguardo, al silenzioso movimento del guardare ed essere guardati più che all’azione palese e manifesta. Vorrei una tua considerazione.

Personalmente non credo che il “principio” di vanità sia peculiare della tradizione siciliana. La nobiltà delle corti europee ruotava intorno all’apparire. Dietro il quale nascondere intrighi, silenzi, trame. Forse oggi quel costume è superato ma la spavalda abitudine della maldicenza, del turpiloquio usati e abusati senza filtri non sono da meno. Restringendo il campo alla nostra terra direi che la teatralità del gesto e della parola forse è un costume antico ma anche dell’oggi. Lo vedo soprattutto nel parlare palermitano talvolta esagerato e triviale, tal’altra gradevole e così coinvolgente da stupire e del tutto peculiare la cui singolarità è difficile da imitare.

Tra i ringraziamenti c’è anche quello a Maria Nadotti, donna impegnata da sempre nella riflessione sulla condizione femminile. Qual è il rapporto che vi unisce?

Maria è una vecchia e cara amica. Ci siamo incontrate casualmente nel corso di un convegno della Società Italiana delle Storiche a Siena circa ventotto anni fa. Da allora la nostra amicizia è cresciuta condividendo eventi letterari, festival cinematografici e momenti di vita comune. La complicità fatta di ammirazione reciproca di condivisione di idee e progetti ha nutrito la nostra relazione.

“Angoscia, per mettere in scacco la morte e trascinare la vita, qui, sul luogo in cui una donna possa avanzarsi attraverso l’angoscia, sentirsi ascoltata da donne, nel luogo che non rigetta, sentirsi letta, accompagnata, nel luogo che fa corpo con il tuo corpo, al di là della Legge e della sua scena della castrazione, nello spazio già aperto dal movimento delle donne, quel gesto, quel pensiero che soli possono dare al testo poetico la sua portata politica”. All’inizio del romanzo riporti queste straordinarie parole di Hélène Cixous. E via via nel testo in apertura delle varie parti troviamo in epigrafe Adrienne Rich, Anna Maria Ortese, Virginia Woolf e altre che intrecciano la loro voce a quella di Anna e alla tua creando così una disseminazione di voci femminili che raccontano la storia di una difficile conquista della libertà per le donne. Non a caso in conclusione c’è un riferimento a Olympe de Gouges, morta per la sua rivendicazione di libertà.

Portare alla luce il soggetto femminile precipitato nelle scorie della storia o creare un legame con altre donne dell’oggi il cui vissuto è fonte di stima, di sana emulazione è la strada per la creazione di un corpo collettivo forte che potrebbe incidere nella crescita e nella messa al mondo della libertà delle donne. E’ la necessità di creare quella genealogia femminile imprevista dai canoni disciplinari. Impedita da una sudditanza creata dall’impianto potente della disparità di genere. Le donne citate nel mio libro oltre alle protagoniste sono le tante a cui dobbiamo appellarci e alle quali io mi appello insieme a tante altre più o meno note per colmare la distanza tra noi e la cultura che ci è stata data. Nutrimento simbolico per il nostro sesso. Anna in convento fa esperienza dell’invidia e del livore delle altre monache ma anche del sentimento di amicizia e solidarietà tra donne in maniera non dissimile a ciò che ciascuna di noi ha sperimentato nel corso della sua vita. Che ruolo ha l’amicizia nel sostenere le nostre idee?

Ritengo che le invidie e le gelosie tra donne siano un veleno letale che indebolisce il nostro sesso e ci toglie la capacità e la forza per un cambiamento radicale. Come già detto solo la solidarietà, l’ammirazione, la complicità è la strada per prendere in mano il mondo e donare pace e bellezza.

Che ruolo ha l’attesa in questo romanzo?

 “L’attesa” era il titolo che in un primo momento avevo scelto per il mio libro. L’attesa della protagonista durata oltre cinquant’anni mi è sembrata qualcosa di straordinario. Giorni, mesi, anni incredibilmente lunghi con un unico progetto la libertà. Un canto di libertà che difficilmenteNun essere umano riesce a portare avanti. Immaginare Anna Valdina nutrirsi di questo sentimento senza mai lasciarsi prendere dal desiderio di cedere è così vicino a qualcosa che è mio. La lotta che dagli anni ’70 ad oggi con tante altre donne mettiamo in atto contro la misoginia imperante, più o meno manifesta, che affligge il nostro mondo e che ci affligge. Ma dire “Lo scandalo della felicità” poi mi è sembrato poi più significativo perché lottare per la nostra libertà quando c’è qualcuno che ti impedisce fa scandalo esige gesti e parole scandalose. Così che l’attesa si fa scandalosa per la singolarità di gesti e parole che la nutrono.

Infine vorrei chiederti un parere sui cambiamenti che osservi in termini di diritto per le donne e su cosa ti auguri per il futuro.

    -Purtroppo la risposta è semplice e non certo positiva. Abbiamo raggiunto obiettivi impensabili anni fa. Ma l’equivoco dell’emancipazione ci rende ancora soggette e discriminate. Nel nostro privato sentiamo di aver raggiunto una autodeterminazione che troppo spesso non corrisponde al nostro stare al mondo. E se in molti paesi le donne sono ancora assoggettate, non credo che nel mondo occidentale si viva la prossimità di ruoli di vera parità pur nella nostra irriducibile differenza. Quella parità che ci consenta di essere guida del mondo. Un mondo che il patriarcato e il soggetto maschile, diciamolo pure, ci consegna giorno dopo giorno, sempre più alla deriva. Colpevole di discriminazioni, violenze, stupri, femminicidi, per non parlare di guerre e azioni rovinose per il pianeta. Lotteremo ancora, così come recitava uno slogan del femminismo glorioso degli anni ’70 “La lotta non è finita”. Quella lotta che ha regalato esito felice alla mia protagonista la assumo come simbolica per un esito simile per noi donne tutte che nell’oggi cerchiamo la strada scandalosa della vera democrazia: la felicità.

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Recensione – Il mio nome è Aoise

A cura di Emma Fenu, comparsa originariamente su Cultura al Femminile

Il mio nome è Aoise è un romanzo di Marta Correggia, magistrata, edito da Vanda nel 2022.

Di cosa tratta Il mio nome è Aoise?

Aoise raccoglie erbe medicamentose nella foresta.

Erabon riceve una scarica di pugni in faccia.

Aoise corre nelle piantagioni di cacao.

Erabon sale su barcone in balia delle onde.

Aoise va a scuola ed ha la grafia più bella della classe.

Erabon si tinge le palpebre di azzurro e la bocca di rosso.

Aoise si addormemta sullo stuoino ascoltando le fiabe del nonno.

Erabon è corpo da macello, penetrato per tutto in giorno.

Aioise è la parte pura di Erabon, quella che credeva di fare la parrucchiera in Italia, di innamorarsi e diventare madre, di studiare l’italiano ed apprendere sempre più cose.

Erabon è la schiava del sesso, solo carne a cui hanno tolto perfino il nome, l’identità e la sacralità del ventre.

Ci sarà un giorno in cui Aoise, nel suo grembo che è stato di tutti, lascerà spazio ad Erabon, la chiuderà nelle sue viscere, lasciando che il passato sia storia.

Perché leggere  Il mio nome è Aoise?

Il romanzo racconta una delle tante vicende che coinvolgono le prostitute nigeriane: ragazze giovani e ingenue che affrontano un viaggio estenuante, si sottopongono a rituali magici per cui, se scappano. gli spiriti dei morti si vendicheranno sulla famiglia, vengono violentate e picchiate e infinr costrette a prostituirsi tutto il giorno fino a riscattare la liberta per la somma di 50.000 euro, una cifra enorme considerando che da sole sostengono le piccole spese e inviano denaro in patria.

Un libro crudo, straziante e poetico sul corpo delle donne, sull’uso di ciò che ancora viene considerato oggetto di piacere e possesso, e sulla rinascita. Da leggere.

Sinossi

Una volta arrivata a Castel Volturno, ad Aoise non rimane nulla, neppure il suo nome.

Lei e le sisters, Joy, Friday, e Prudence, hanno già giurato il Ju Ju e attraverso i riti sciamanici, le ragazze nigeriane restano vincolate per anni al loro destino di prostituzione.

Se disobbediscono, gli spiriti se la prendono con le loro famiglie.

E poi senza soldi, dove possono andare?

All’interno della Connection House, Aloise vive esperienze di estrema violenza. Ma in quell’inferno in terra si consumano anche sentimenti di amicizia, di complicità di protezione fra donne.

Donne come lei, ognuna con un nome, una faccia e una storia. Una storia vera, un romanzo sull’orrore della prostituzione e dello sfruttamento umano, ma anche sulla forza dell’amicizia e dell’amore, sul coraggio e su quella resistenza nutrita dalla speranza che possono portare anche le più disgraziate ragazze di Benin City a costruirsi una vita nuova, lontano dalla fame e dallo sfruttamento.

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Recensione – Lo scandalo della felicità

Articolo di Floriana Coppola, originariamente comparso su Re[a]daction Magazine

Nel romanzo Lo scandalo della felicità, storia della principessa Valdina di Palermo, edito da Vanda Edizioni,  Pina Mandolfo narra con uno stile fluido e scorrevole le drammatiche vicende di una ragazzina della nobiltà palermitana che, nel seicento, fu costretta forzatamente a diventare monaca e a rimanere per cinquant’anni reclusa in un monastero. Trascorse una vita intera nel tentativo di ottenere un processo per lo scioglimento dei voti, fino a riuscirci pochi anni prima di morire.

Pina Mandolfo, regista e scrittrice palermitana, socia fondatrice della Società Italiana delle Letterate, dice “ A volte una donna dimenticata e taciuta, si “appella” a un’altra donna per prendere corpo e uscire dall’oblio. E’ un richiamo misterioso che, negli ultimi decenni storiche, letterate, artiste hanno imparato a riconoscere e decifrare. Siamo una schiera che porta alla luce un incommensurabile patrimonio di vite celate per costruire finalmente una genealogia femminile: solo allora un millennio diverrà un giorno. Un giorno in cui altri e altre conosceranno le “sconosciute” nascoste negli scarti della storia. Nell’Archivio privato gentilizio Papè di Valdina, Pina Mandolfo ha studiato con paziente tenacia il lungo epistolario che ha portato Anna Valdina allo scioglimento dei voti. Il romanzo racconta questa battaglia interminabile di questa giovane donna costretta dal padre tiranno e anaffettivo, per motivi economici ed ereditari, ad accettare un destino di abuso e di maltrattamento psicologico.

La bambina è costretta a rinunciare alla vita e ai suoi desideri, ai suoi talenti per diventare prigioniera in convento, senza aver mai dichiarato  nessuna vocazione religiosa. La storia della protagonista e della sua vita di clausura si intreccia con i fatti più rilevanti e con i personaggi della Palermo spagnola, in un racconto affascinante e struggente, carico di tensione. Un personaggio femminile coraggioso e indimenticabile che emerge in tutta la sua diversità. Mai compiacente, sicura di volere assolutamente porre fine a quella ingiustizia vissuta dalla famiglia come un destino ineluttabile, Anna Valdina scrisse realmente lettere appassionate e sincere, cercando ogni genere di alleanze per uscire dal convento, in cui era stata rinchiusa contro la sua volontà. Lettere che vengono in parte inserite nel romanzo.

Altre “personagge” emergono dalla narrazione, disegnando un’umanità femminile piegata dal potere religioso e politico, serva del potere economico, oppure perversamente dominata dalle logiche classiste e sessiste esistenti in quell’epoca. Sicuramente l’atteggiamento ribelle e provocatorio della protagonista venne tollerato, essendo una ricca nobildonna, la cui ricca famiglia foraggiava lautamente il monastero che imprigionava la principessa. Il padre e il fratello di Anna sono la rappresentazione del potere patriarcale sulle donne, trattate come schiave, persone considerate inferiori subordinate all’interesse economico della dinastia e per questo private di ogni libertà e del loro patrimonio anche legittimo.

Nel Seicento, per molto meno, le donne popolane rischiavano la morte, la tortura e il rogo. Pina Mandolfo riesce attraverso questo racconto drammatico a focalizzare l’attenzione sugli abusi e i maltrattamenti sulle donne novizie dalle donne consacrate e dai preti dell’istituzione cattolica, questione drammatica che sta diventando oggetto di studio e di denuncia da parte dell’Osservatorio Interreligioso contro la violenza sulle donne, associazione voluta fortemente dalla teologa Paola Cavallari. Infatti oltre la monacazione forzata, costume orrendo esistente in quel secolo, esiste un’ incresciosa dimensione di violenza e di sopraffazione  maschile. Le suore ancora oggi si chiudono nel silenzio per non denunciare gli abusi subiti, i casi di pedofilia attraversati, gli stupri e le gravidanze indesiderate. Silenzio dovuto anche agli effetti post-traumatici di tanta violenza e al senso di colpa che rende le suore psicologicamente travagliate da una percezione abnorme di complicità involontaria.

La dipendenza psicologica che si evince determina silenzio, vergogna e imbarazzo nel percorso di denuncia di tanta violenza.  Da qualche anno si sta affrontando la ricerca che studia e testimonia la violenza e i maltrattamenti fisici e psicologici che subiscono le donne nei conventi da parte dei preti. Nel romanzo di Mandolfo, l’atteggiamento aggressivo e giudicante interessa anche le donne che hanno gradi superiori e si accaniscono contro le giovani novizie.

Nella storia di Anna Valdina, il patriarcato religioso viene sostenuto sia dai sacerdoti che dalle badesse in questa narrazione. Il codice di genere presente nel racconto indica una cornice temporale politica e di classe ma apre uno squarcio nell’educazione ecclesiastica basata sulla manipolazione psicologica della gerarchia religiosa cattolica. Il monastero diventa una cittadella chiusa, una prigione reale dove la piramide gerarchica maschilista e misogina si duplica in un contesto verticistico e violento.  La forza delle donne consacrate, quando la vocazione è autentica,  testimonia la loro fede nella verità, fruttifica relazioni mature di sostegno e di reciprocità, vivendo in pieno la loro responsabilità nel servizio missionario, mentre la logica del potere che sta emergendo da tante denunce oggi fa capire che esiste ancora una misoginia e una sperequazione di genere che umilia e mortifica le donne nella chiesa, non dando loro la possibilità di emergere in quanto persone autonome e libere di scegliere. In questo contesto di abusi che parte da lontano, si evince la vulnerabilità femminile ancora presente negli spazi chiusi dei monasteri e dei conventi. Vulnerabilità psicologiche che le rendono ingenuamente dipendenti affettivamente dalle figure maschili dirigenti, che le accompagnano nella loro vita spirituale.

Alda Valdina non ha paura della gerarchia, riesce coraggiosamente a reggere dialetticamente il contrasto con le suore superiori per grado e con le altre persone di potere che incontra nella sua vita. In questo però è erede della sua classe, perché da aristocratica è consapevole della sua cultura, della sua collocazione sociale nel mondo. Nel romanzo è chiara la sudditanza sociale economica e culturale delle giovani donne, provenienti da classi marginali, contadine e operaie.   Ma questo coraggio è sicuramente non condiviso dalla maggioranza delle donne costrette nell’istituzione religiosa a subire il potere maschile. Causa di questa subordinazione può essere dovuto soprattutto dall’accompagnamento spirituale duale, che piega e manipola profondamente l’animo delle giovani e non le rende idonee a una conversazione paritaria e dialettica. Il romanzo di Pina Landolfo rende illuminante il principio che ci deve guidare ogni giorno nella nostra vita, ciò che è per ogni donna assolutamente irrinunciabile : la libertà, essere libera di scegliere.