Pubblicato il

Patriarcato, lotte e diritti: il femminismo secondo Daniela Pellegrini


di Michela Pagarini (Lettera Donna, 24 maggio 2018)


– È stata una delle prime in assoluto in Italia, quando un giorno del ’64 convocò una riunione di donne. Dall’utero in affitto a #MeToo, intervista a una pioniera.

«In molti miti e racconti il patriarcato è nato dopo anni di prevalenza del femminile. Gli uomini a un certo punto hanno cominciato ad innervosirsi e alla fine hanno ribaltato gli equilibri di potere».
Cinquantaquattro anni di femminismo attivo alle spalle, tre libri di cui due autoprodotti, un gruppo di autocoscienza che ha fondato e che da quattro anni si incontra alla Casa delle Donne di Milano e una presenza quotidiana su Facebook, dal quale racconta in pillole la sua visione del mondo. Daniela Pellegrini – fondatrice del Demau, uno dei primi gruppi femministi italiani e più tardi – insieme a Nadia Riva – del circolo delle donne Cicip & Ciciap a Milano – una vita intera dedicata e immersa nella passione femminista, non ci gira intorno e sempre di più sogna «un risveglio collettivo delle donne, che le renda libere prima di tutto dalla fascinazione del maschile e dalle sue scale di valori». Come si può riassumere la differenza fra i generi? «Semplice: da sempre le donne rischiano la morte per dare la vita. Gli uomini, invece, rischiano la vita per dare la morte». Con Daniela, in libreria con La materia sapiente del relativo plurale, abbiamo parlato delle lotte del ’68, ma anche di utero in affitto e ovviamente #MeToo.

DOMANDA: Lei è una delle femministe più longeve d’Italia, come è iniziato il suo percorso?
RISPOSTA: 
Da giovanissima mi angosciava molto il mio destino. La specie umana, con i suoi meccanismi violenti e le logiche di sopraffazione su tutto e tutti, ma essenzialmente sulle donne, non mi sembrava il posto adatto a me. «Cosa ci faccio qui, cosa c’entro con questa umanità?», mi chiedevo con inquietudine. La mia visione del futuro era così opprimente che, mentre crescevo, ho pensato spesso al suicidio perchè non vedevo alcuna collocazione felice né come essere umano né, men che meno, come donna.

D: E poi cos’è successo?
R:
 Dopo tanto riflettere, nel 1964 ho avuto l’intuizione di convocare una riunione di donne, le uniche con cui sentivo di avere un terreno comune da cui partire a riflettere. È nato così il primo gruppo femminista in Italia: Il suo nome era DACAPO (Donne a Capo). Quel gruppo è stata la mia salvezza.

D: Perché?
R: Col senno di poi, credo che non sarebbe potuto andare diversamente: per come mi sentivo e per come vedevo il mondo, l’unica cosa possibile per me era cambiarlo, o almeno provarci. E così ho fatto.

D: E vi ha dedicato praticamente tutta la vita.
R: Molte donne l’hanno fatto oltre a me, anche se io certamente sono una delle più vecchie. Ma come avrei potuto farne a meno? È il senso stesso della mia esistenza ad essere messo a tema. È l’unica passione che mi ha preso davvero nella vita, ed è anche rassicurante, perchè ho sempre pensato che sarà il soggetto donna a dare un altro significato all’esistenza della specie. Su questa convinzione ho basato tutte le mie passioni e, ahimè, da lì sono derivati anche tutti i miei dolori.

D: Per esempio?
R: 
L’inizio dell’inquinamento patriarcale. Oggi si dice che tutto è partito dal ‘68? Molte donne che avevano appena cominciato ad interrogarsi e riflettere, soprattutto attraverso l’autocoscienza – che si faceva in condizioni di intimità nelle nostre case, sono fuggite davanti all’invasione delle donne attiviste, ai loro toni, alle piazze. Dal ‘68 in poi fu chiara la differenza enorme che c’era tra la politica delle donne e quella tradizionale della delega. Le «compagne» contavano sulla complicità dei compagni di altro percorso, evidentemente supponendo che un movimento avrebbe appoggiato l’altro.

D: E invece non ha funzionato…
R: No, perché la commistione distraeva le donne e sottraeva forze ai nostri obiettivi più specifici e soprattutto dalle nostre pratiche, che si stavano ancora strutturando. E infatti alla lunga la presenza delle sessantottine ha sbilanciato completamente il movimento delle donne, a cui prima di quel momento partecipavano anche quelle non politicizzate, le casalinghe e quelle senza riferimenti precisi. Tutte sparite, dopo quella fase. Dopo quel passaggio il movimento ha perfino cambiato nome: ha preso a chiamarsi femminismo quando dalle case siamo scese nelle piazze.

D: Ve ne siete accorte solo a posteriori?
R:
 No anzi, lo vedevamo chiaramente, tant’è che all’inizio (io ma anche altre due pioniere come Carla Lonzi e Serena Castaldi) non accettavamo nemmeno che entrassero nei nostri gruppi donne che militavano contemporaneamente in ambiti misti. Se volevano stare con noi, allora dovevano abbandonare l’attività con gli uomini. Quella sì era radicalità di scelta politica e di movimento, oggi non credo esista più niente di simile, e mi piacerebbe ricostruirla.

D: Cosa facevate, su cosa vi interrogavate?
R: 
La nostra modalità principale di confronto era l’autocoscienza, pratica che tutt’oggi ritengo ancora necessaria per mettere in luce i meccanismi del patriarcato e ciò che hanno prodotto. Ci siamo tutti convinti che il mondo si divida in opposti che o si attraggono o si uccidono, una visione che contempla solo la possibilità di essere alleati o nemici e che prevede sempre e solo un vincitore e un vinto. È un’idea del mondo che purtroppo è diventata anche la base del movimento delle donne, ma per quanto mi riguarda è soltanto la base del grande bluff del patriarcato.

D: Che sarebbe?
R: Tutto ciò che è stato elaborato ed è substrato delle nostre vite si basa sul fatto che metà dell’umanità ha preso il potere, basando il suo predominio sulla denigrazione, l’espulsione e lo sfruttamento dell’altra metà e prendendo potere sulla materia e sui corpi, attuandone poi la separazione forzata dal pensiero. Anche termini banali come maschile e femminile per esempio, concorrono a questo meccanismo, perché si portano dentro tanti e tali stereotipi imposti che inevitabilmente si finisce in un braccio di ferro.

D: Come si cambia la narrazione di un’intera realtà?
R:
 Bisogna sfatare il mito del leader e l’idea che sia forte chi ce l’ha più duro. Oggi, per esempio, moltissime donne vogliono risultare vincenti, un concetto tipicamente legato al potere e alla viriltà dal quale spesso originano anche scelte disastrate e disastrose per loro stesse. Per inseguire quelle scale di valori è necessario infatti deformare di parecchio il concetto di autodeterminazione, fino ad arrivare alla svalorizzazione di sé e ad accettare che il proprio corpo venga sfruttato e la propria esistenza posseduta o governata da altri.

D: Si riferisce a questioni come la gestazione per altri? Che ne pensa?
R: 
Beh, anche quella. Cosa posso dirti? Capisco ma non intendo (ride), mi è difficile entrare in una critica vera e propria di questa questione, almeno per come viene posta normalmente, perché non è niente di nuovo, anzi. La retorica del dono d’amore (il figlio) al maschio, è sempre stato il violino suonato dal patriarcato alle donne, esiste da secoli. Adesso, semplicemente, il dono non è più al maschio prescelto ma a chiunque si prenda quel potere o trovi il modo di farselo dare. Ora è sempre più accettata la loro monetizzazione: il denaro sostituisce e cancella la sacralità dei corpi, la relazione e il senso del rispetto.

D: Insomma una donazione un po’ coatta.
R:
 È sempre stato così, perché diciamo la verità: non tutte le donne desiderano partorire e non credo che tutti gli uomini vogliano inseminare qualcuno, anche se si dà per scontato il contrario. La procreazione tradizionale prevede due parzialità che si devono mettere insieme per poter fare un figlio, tentare altre vie implica la scelta di un rapporto di potere anziché la scelta di una relazione autentica. Ed è qui che secondo me c’è il nodo di tutto, la dipendenza che ogni relazione mette in atto e che nella famosa scala di valori patriarcale non è contemplata. Va rivalutata e accolta invece, e bisogna farla diventare un valore anziché una sudditanza.

D: E come si fa?
R:
 Beh, basta accettare che nessuno può vivere senza dipendere da tutto il resto, la materia vivente è legata indissolubilmente a tutte le altre materie, dalle piante alle api, dalle quali dipende la nostra sopravvivenza. Ecco perciò l’importanza anche del linguaggio, altro punto caro al femminismo: quanto ci piace pensare di non dipendere da nessuno? Smettiamola di raccontarci storie: non è possibile.

D: Men che meno nell’autonomia fra uomini e donne?
R: 
Ho letto da qualche parte che nei ventri tutti i feti all’inizio partono come XX, e questo mi fa ben sperare che questo femminile alberghi e rimanga anche nei DNA che poi si trasformano in XY. Siamo tutte e tutti pieni di cromosomi misti, nessuno è puro, né nel sesso né nel pensiero. Data quest’evidenza, vorrei allora che emergesse ciò che c’è di buono in questa base comune e che ci aiutasse ad accettare tutte le nostre parzialità. Le differenze ci sono e ci saranno sempre, non serve definirle, combatterle o imporle, che senso ha basarvi un intero sistema esistenziale?

D: Come facciamo ad analizzarle, essendovi immerse?
R: Il separatismo è un altro strumento molto utile in questo senso, perché permette di individuare e assumersi la responsabilità del doppio che ognuno di noi ha dentro di sé. Così come mi piace pensare che in ogni uomo ci sia un po’ di quella doppia X femminile originaria, altrettanto so che in ogni donna alberga la cultura patriarcale in cui siamo cresciute.

D: E quando i contesti separati si dividono, come nel caso dei diversi femminismi?
R:
 Il concetto di femminismi è la negazione stessa del femminismo, che ha sempre avuto una base unica e comune da scardinare, il patriarcato e la cultura che ne deriva, basata su contrapposizioni e abusi. Nel movimento delle donne peraltro era già prevista ogni differenza individuale, libertà di pensiero, opinione e diversità, perché ognuna aveva come mandato, ancora prima della battaglia sociale, l’attenzione alla propria autenticità. Perciò il termine femminismi per me non ha senso, riporta tutto alle contrapposizioni e alle differenze.

D: I famosi conflitti fra donne… che si fa?
R:
 La cosa più semplice è ricominciare a fare autocoscienza, che si differenzia da tutti gli altri modi di parlare e confrontarsi grazie alle sue basi di ascolto e non giudizio. Ti insegna a riportare tutto a te e alle tue contraddizioni, abbatte le distanze con le altre donne e ti mette dentro di te anche quando discuti di qualcosa di apparentemente esterno. Senza queste modalità si arriva a poco, ma può essere molto difficile riuscirci, perché significa mettersi in discussione davvero nel profondo, soprattutto sui propri traguardi. Per me non si è mai arrivate a un punto di arrivo.

D: Parliamo di #MeToo e delle denunce che si levano da molti settori: qualcosa sta cambiando?
R:
 Sta mutando la consapevolezza dei danni che fa questa cultura, ma mi sembra che ancora non si mettano in risalto le basi su cui poggia questo potere di fare malversazioni sulle donne. Sono avvisaglie di un inizio, dall’Ottocento a ora ci sono stati miglioramenti, almeno qui da noi, ma per ora mi sembrano rimanere all’interno di un paradigma che non viene nominato. Se non cambia il sistema, se non cambiano le donne, non cambieranno nemmeno gli uomini, al massimo ci staranno un po’ più attenti.

D: Insomma dobbiamo cambiare ancora noi…
R: Beh sì. Qualche tempo fa ho assistito all’entusiasmo di un gruppo di donne per una rappresentazione dell’Otello, erano davvero ammirate, bei costumi, bella regia. Però io dico: è una rappresentazione storica e «artistica» del femminicidio, nella quale si dice che è giusto che Otello sia geloso e che lui abbia il potere di uccidere Desdemona. Da secoli le donne assistono a questa rappresentazione, applaudendola e finanziandola perché opera di un genio, senza riflettere sui suoi contenuti e messaggi. Questa è la fascinazione del maschile che dobbiamo combattere o certe cose non cambieranno mai.

D: La strada è ancora lunga, insomma.
R:
 Sono ottimista. A parte certe donne acute che sono sempre esistite, il femminismo è assai giovane e non si può pensare che in pochi anni possa cancellare e superare tutti i secoli di patriarcato che abbiamo sulle spalle e tutti questi crimini che vengono perpetrati contro di noi (e contro altri uomini) da secoli.

D: La politica può aiutare?
R:
 Una volte le femministe non dialogavano volentieri con la politica, nell’idea che un sistema a misura d’uomo non potesse essere utile per scardinare quel sistema stesso. Oggi invece c’è la corsa, tutte vogliono esserci, e allora penso che chi ci crede dovrebbe unirsi alle altre e fare un partito di donne, o come pensano di fare un cambiamento insieme a chi non vuole cambiare? Non credo sia la strada adatta agli obiettivi del femminismo, ma posso capire chi vi punta per cambiare leggi che vietano libertà alle donne o al contrario costringono loro a cose che non desiderano.

D: Quindi non condivide la politica come mezzo ma ne comprende il desiderio?
R: 
Credo sia inevitabile, a un certo punto, desiderare di entrare all’interno di quel potere di cui cerchiamo di smontare dalle basi. Una volta provata l’ebbrezza di aver partecipato o vinto una battaglia, è difficile rinunciarvi. Tale gioia ti incastra nella contraddizione tra il volerci essere ancora e il desiderio di provare altre vie per cambiare la situazione. Questa è la cosa che mi fa soffrire di più: non poter fare a meno di queste gioie che da, un lato ti nutrono e dall’altro ti mantengono dentro quella situazione, impedendoti di uscirne. Ma provo rabbia, perché mi rendo conto che poggia su basi infide, di cooptazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per concludere ecco la risposta dell’autrice: «GRAZIE Michela, sei riuscita a rendere lievi anche le mie durezze e fierezze così come la mia radicale anima di donna con le donne… L’hai fatto anche per riuscire a farmi ascoltare da chi non mi conosce ma può intendere… SONO FELICE che questo faccia parte della relazione che con te ho potuto e voluto avere. Riconoscersi perfino nelle diversità tra noi (e con le altre donne) che tu riesci a mettere “a” contatto e  “in” contatto é il vero piacere che sanno esprimere i corpi di donna… e su cui un nuovo paradigma dei rispetti può iniziare».

Pubblicato il

Novità – Nonostante il velo (nuova edizione)

NONOSTANTE IL VELO
di Michela Fontana
416 pp. – 17,90 € | ebook 7,99 €
VandA.ePublishing in collaborazione con Morellini Editore
da oggi in libreria

Ha fatto grande sensazione nel mondo la notizia che da giugno 2018 le saudite potranno guidare l’auto: la rimozione del bando è solo una delle timide ma importanti aperture in un Paese ben noto per la segregazione della donna.

Dietro la rigida cortina che separa la parte femminile dal resto della società, sono proprio le donne a esprimere le più forti istanze di rinnovamento.

Nei due anni di soggiorno in Arabia Saudita, la giornalista Michela Fontana ha avuto modo di conoscere e intervistare attiviste, donne d’affari, studentesse, scrittrici e di raccoglierne i pensieri, i sogni, le battaglie. Nonostante il velo è un libro inchiesta di grandissima attualità per conoscere “dal di dentro” il cuore del più integralista paese islamico. Un regno che sembra essere sulla via del cambiamento dopo l’affermazione sulla scena politica del nuovo uomo forte, l’erede al trono Mohammed Bin Salman, che fra le altre cose ha intrapreso un significativo percorso di riforme sociali, alcune delle quali riguardanti il mondo femminile.

«Negli anni vissuti a Riad ho scoperto che sempre più donne saudite si fanno protagoniste del loro destino. Non più rassegnate e sottomesse, ma attive e coraggiose. […] Sono loro il tesoro nascosto del paese». Michela Fontana

In una società dove solo il 17% delle donne cerca un impiego, sono sempre più numerose quelle che superano le barriere della tradizione e si cimentano in professioni notoriamente esclusive del sesso maschile – architetto, finanziere, ingegnere, artista, scrittore –, come dimostrano la partecipazione alla Biennale di Venezia o il successo del coraggioso libro Ragazze di Riad di Rajaa Alsanea, incoraggianti segnali di una presa di consapevolezza del proprio ruolo, ora non più strettamente legato al volere dell’uomo.

Il libro è una polifonia di voci di donne di estrazioni sociali diverse – donne d’affari, professioniste, islamiste o semplicemente figlie, mogli o madri –, ognuna con il suo vissuto sempre teso in una costante dicotomia tra libertà e restrizione. Diciassette storie che ritraggono le molteplici, e talvolta contraddittorie, sfaccettature di una società in trasformazione, stralci di vita raccolti oltrepassando muri invalicabili, felici istantanee di sudate conquiste. Una presa d’atto, quella dell’autrice, di una situazione che ha «rafforzato la convinzione che non si può chiedere a un popolo cresciuto in una cultura diversa dalla nostra di seguire una strada tracciata da altri. Né si può forzare la storia, che in ciascuna nazione deve fare il suo corso, con i suoi tempi».

«“La piscina degli uomini è all’aperto, è più grande della nostra ed è bellissima, ma non te la posso mostrare” mi ha detto Sofia. E ha aggiunto, con civetteria, che quando viaggiava all’estero con il marito per le vacanze non era un problema per lei nuotare in bikini nelle piscine miste degli alberghi dove soggiornavano.» – Harem

«“Mio padre era molto religioso, ma non era un conservatore. A lui devo tutto, la mia istruzione e il mio coraggio. […] ‘Sii te stessa’ mi ripeteva. È lui che ha indirizzato la mia vita. Avevo dieci anni, avevo appena finito la scuola religiosa e nessuno in famiglia voleva che continuassi gli studi, perché ero una donna. Allora lui mi ha rapito. Mi aveva iscritto a un collegio in lingua inglese senza dirlo a nessuno, nemmeno a me. […] Quando gli ho chiesto piangendo se avrei potuto vedere ancora la mamma mi ha detto che sarebbe trascorso molto tempo, ma che era per il mio bene, per avere una vita migliore della sua.» – Aisha: puttane e comuniste

«“Quando sono all’estero posso fare molte cose, e riconosco che le università che i miei figli e le mie figlie frequentano sono fantastiche. […] Ma non capisco la vostra cultura e soprattutto non approvo la libertà che viene concessa alle donne. Le ragazze escono con i ragazzi quando sono giovani, si vestono in modo sconveniente e magari rimangono incinte. Per noi è inconcepibile. Da noi la donna è considerata un bene prezioso, è protetta, trattata come un gioiello. Quando parlate di noi in Occidente vi preoccupate soltanto del velo e della guida, ma non sapete niente delle nostre tradizioni. Io non voglio che le donne guidino nel nostro paese perché è troppo pericoloso. Che bisogno c’è di guidare, è tanto comodo avere l’autista! E il velo io lo metto volentieri. È il mio modo di ringraziare Dio di avermi dato dei figli sani, Al Hamdulillah (Grazie a Dio)!”» – Oro nero: i ricchi

Michela Fontana, giornalista e saggista milanese, ha vissuto quindici anni tra Stati Uniti, Canada, Svizzera, Cina e Arabia Saudita. Il suo libro Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming (Mondadori, 2005), tradotto in inglese, francese e spagnolo, ha vinto il “Grand Prix de la biographie politique” nel 2010. Ha pubblicato inoltre Percorsi calcolati (1996) e Cina, la mia vita a Pechino (2010), entrambi con la casa editrice Le Mani.


Pubblicato il

Intervista – La buona moneta

Pierangelo Dacrema è stato ospite lunedì 14 maggio a TGR Piazza Affari: ha parlato di economia e del suo libro La Buona Moneta. Come azzerare il debito pubblico ed essere felici (o solo un po’ meglio) pubblicato da VandA ePublishing in collaborazione con Edizioni All Around.

Qui l’intervista.


La buona moneta
Le dimensioni del debito pubblico italiano sono un fattore di rischio che ostacola qualunque politica di sviluppo della nostra economia. Un problema annoso, tema di dibattito e di scontro a ogni vigilia del voto.
Le politiche di austerità volte ad arginare il debito si sono rivelate inefficaci, oltre che dolorose. In un’Italia afflitta da disoccupazione e vaste sacche di indigenza occorrono provvedimenti adatti a promuovere consumi, investimenti, occupazione e reddito. E il loro ineludibile presupposto è la disponibilità di moneta.
Ma come procurarsela in presenza di un debito pubblico abnorme e di regole europee che ne impongono il drastico ridimensionamento?
L’unica risposta a esigenze così contrastanti è che il nostro debito pubblico venga rimborsato con una nuova moneta nazionale a corso forzoso. In più occasioni, Lega e M5S hanno preso le distanze dall’euro e caldeggiato la creazione di una moneta italiana. La posizione di Pierangelo Dacrema è radicalmente diversa. In modo chiaro, asciutto e convincente, questo libro mostra che il benessere della nostra nazione non sta nell’uscita dall’euro. E che un’Italia alleggerita dal debito e dotata di una propria moneta diventerebbe più forte, a tutto vantaggio dell’euro e dell’Europa.


Autore: Pierangelo Dacrema
Titolo: La buona monetaCome azzerare il debito pubblico e vivere felici (o solo un po’ meglio)
Collana: VandA.Original
Luogo e data di pubblicazione: Milano, febbraio 2018
ISBN e-book: 9788868993382
ISBN cartaceo9788899332198 – in coedizione con Edizioni All Around

Pubblicato il

‘Rebecca Town a Parigi’, il primo dei romanzi ‘gialli’ della scrittrice sanremese Manuela Siciliani


di Andrea Di Blasio  (Riviera24.it, 15 luglio 2014)


– Becky, la protagonista dei suoi libri, è una scrittrice di guide turistiche, newyorkese, bellissima, intraprendente e patita della moda. Un’autrice esordiente locale si affaccia al mondo della narrativa pubblicando la prima trilogia della serie: Rebecca Town.

Becky, la protagonista dei suoi libri, è una scrittrice di guide turistiche, newyorkese, bellissima, intraprendente e patita della moda.

Un’autrice esordiente locale si affaccia al mondo della narrativa pubblicando la prima trilogia della serie: Rebecca Town. Manuela Siciliani di 36 anni che vive a Sanremo raggiunge il suo sogno: scrivere un romanzo. Becky, la protagonista dei suoi libri, è una scrittrice di guide turistiche, newyorkese, bellissima, intraprendente e patita della moda; ma deve improvvisarsi detective, perché ogni luogo che ci porterà a visitare, attraverso i suoi occhi, descrivendone i monumenti, le strade e il cibo, diverrà scenario di un terribile omicidio. Il genere è stato de nito “ibrido” perché i romanzi nascono come gialli, ma all’interno troviamo anche storie d’amore e descrizioni così particolareggiate delle città da sembrare davvero delle guide turistiche. La prima uscita è Rebecca Town a Parigi. Il primo intricato caso di Becky, a seguire la VandA. epublishing ha pubblicato Rebecca Town a Londra. Doppia indagine. Ora non ci resta che aspettare il terzo: Rebecca Town a Roma. Passione e mistero. In accordo con la casa editrice si sta già lavorando al quarto, ambientato a Praga.

Tuffiamoci alla scoperta di Becky visitando la sua fan-page (https://www.facebook.com/pages/Becky-Town/) che Manuela aggiornerà costantemente, e visto che i romanzi sono in corso d’opera l’autrice vorrebbe lanciare una sPda: interagire con i lettori e capire le preferenze del pubblico attraverso i commenti e le recensioni (Ben è l’uomo giusto per Becky? Meglio Peter? Quali città vorreste visitare insieme all’esuberante protagonista?) Un po’ come avviene per le serie televisive, i produttori sondano il terreno… e quasi sempre la maggioranza vince! I libri sono acquistabili su Amazon a prezzi abbordabili: 3,99 per l’ebook e 7,20 per il cartaceo.

Pubblicato il

Evento – Daniela Pellegrini @ Campeggia Femminista


Cecciola di Ramiseto, 23 giugno 2018, ore 17.


– VandA.ePublishing annuncia la partecipazione, sabato 23 giugno, dalle ore 17, di Daniela Pellegrini a Campeggia femminista contro la riproduzione artificiale e il sistema che la rende necessaria.

Daniela Pellegrini interverrà, dalle ore 17, alla presentazione parlando del suo libro La materia sapiente del relativo plurale.

La teoria del “relativo plurale” è una nuova metodologia di indagine scientifica, quella del rispetto verso la materia vivente ed esistente e le sue sperimentazioni e dei suoi risultati, in grado di sostituire la manipolazione con l’osservazione, la presa di contatto, l’ascolto e l’apprendimento delle sue messe in atto.

Vi aspettiamo!


 

Pubblicato il

La buona moneta, ovvero come azzerare il debito pachiderma


di Fausta Chiesa (Il corriere, 9 maggio 2018)


– Il debito pubblico italiano viaggia sui 2.256 miliardi e le regole europee ci impongono di ridurlo drasticamente. Ma come? La proposta «forte» dell’economista Dacrema: «Una valuta parallela». Se ne discute il 14 maggio a Milano.

Come convivere felicemente con un elefante che pesa 2.256 chilogrammi, anzi pardon 2.256 miliardi di debito, cioè il debito pubblico italiano? È il tema sul quale Bankitalia è intervenuta il 9 maggio nell’audizione sul Documento di economia e finanza, mettendo così in evidenza il grande rimosso dell’intera discussione post elettorale fra i partiti. Il vicedirettore generale, Luigi Signorini, ha infatti ricordato che il debito pubblico italiano nell’eurozona è inferiore solo a quello greco e che supera rispettivamente di 68, 35 e 34 punti percentuali quello dei suoi vicini di casa, ovvero Germania, Francia e Spagna. Per Bankitalia, non c’è alcun rischio imminente ma tenere conto della capacità di assorbimento dei mercati è obbligatorio. E riportare il debito pubblico su un percorso di «stabile e duratura riduzione» è indispensabile.

Già, ma come? Una proposta fuori dal coro l’ha fatta un economista – Pierangelo Dacrema, docente di Intermediari finanziari all’Università della Calabria – che non è nuovo a lanciare idee contro corrente: basti ricordare il libro «La dittatura del Pil». Ora Dacrema esce con il libro (in versione cartacea e ebook) «La buona moneta». La buona moneta sarebbe emessa a rimborso dei titoli del debito pubblico dello Stato italiano – essenzialmente BOT, CCT, BTP – in una nuova valuta a corso forzoso in Italia a partire dalla più vicina possibile data futura, con un rapporto 1 a 1 sull’euro. La gestione della circolazione della nuova valuta, della quale non sarebbe quindi prevista una versione “contante”, né cartacea, né metallica, sarebbe riservata al sistema bancario. Inoltre, non potrebbe essere investita in attività finanziarie. Avrebbe corso forzoso: nessuno potrebbe rifiutare pagamenti.

Se la conversione cominciasse subito – calcola Dacrema – permetterebbe di abbattere 480 miliardi di debito nel biennio 2018-2019 e di scendere al 60% del Pil in sei anni. Altrimenti, come rispettare il «Fiscal Compact», con cui l’Italia si è impegnata, per il prossimo ventennio, a ridurre il debito di una cinquantina di miliardi l’anno? Il dado è tratto, chi vorrà raccoglierlo? Intanto, se ne parla. Un’occasione è la presentazione del libro lunedì 14 maggio a Milano (ore 18, Biblioteca Sicilia), con l’autore e Renato Mannheimer.


Pubblicato il

Intervista – Manuela Siciliani

Manuela Siciliani è stata ospite venerdì 11 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino all’evento organizzato da SEU Scrittori Emergenti Uniti, Sogni d’inchiostro – Staffetta di talenti letterari.
Qui l’intervista di Gabriele Farina.

 


 

La serie di Rebecca Town è composta da 5 imperdibili volumi:
Rebecca Town a Parigi
Rebecca Town a Londra
Rebecca Town a Roma
Rebecca Town a Praga
Rebecca Town a New York

 

 

Becky è una splendida newyorkese, modaiola, acuta, passionale, dal passato tormentato e scrittrice di guide turistiche. Ogni romanzo è ambientato ogni volta in una città diversa, una città descritta come si confà a una guida: le tappe da non perdere, i locali più trendy ma anche quelli più defilati e che però meritano “una menzione”, i luoghi dello shopping, le strade, i cibi… Ogni luogo diventa così l’incantevole cornice ai misteri che Becky, detective per caso, si trova a risolvere. Una città, un delitto. Ma c’è anche la personale vicenda della nostra esuberante guida, che nel corso di ogni romanzo troverà l’amore, scoprirà la verità sulla misteriosa morte dei genitori e… Chissà?


 

Pubblicato il

Evento – “Trilogia SCUM” @ Giardino dei Ciliegi, Firenze


Firenze, 11 maggio 2018, h 18


– VandA.ePublishing e Morellini Editore presentano venerdì 11 maggio, ore 18, Trilogia SCUM di Valerie Solanas. 

 

Dopo una breve presentazione di Liana Borghi, intervengono le due curatrici, Stefania Arcara e Deborah Ardilli.

Trilogia SCUM presenta per la prima volta nel mondo tutti gli scritti di Solanas – Manifesto SCUM in una nuova traduzione e due inediti a livello mondiale In culo a te, Prontuario per fanciulle – in un unico volume arricchito da due introduzioni critiche.

 

Vi aspettiamo al Giardino dei Ciliegi, in via dell’Agnolo 5, Firenze.

Pubblicato il

Evento – “L’economia del dono” @ Auditorium Ente Cassa di Risparmio di Firenze


Firenze, 5 maggio 2018, dalle 11,30 alle 17,30.


– VandA.ePublishing annuncia la partecipazione, sabato 5 maggio, dalle ore 11.30, di Genevieve Vaughan.

       

 

L’evento sarà disponibile in streaming qui.

Ecco i libri di Genevieve Vaughan:
Homo donans
Per-donare
Le radici materne dell’economia del dono

 

Vi aspettiamo in Via Folco Portinari 5, 50122, Firenze!


 

Pubblicato il

Una via di fuga dal nostro debito


Il Giornale (30 aprile 2018)


– L’Italia ha nel debito pubblico, ormai pari al 132 % del Pil, la sua maggior vulnerabilità. 

L’Italia ha nel debito pubblico, ormai pari al 132 % del Pil, la sua maggior vulnerabilità. Tagli alle spese e al welfare, politiche di austerità e gli aiuti della Bce non sono riusciti, negli ultimi anni, a impedirne la lievitazione. Un vicolo cieco, se non si ridà sovranità al Paese collocandolo al di fuori dei confini dell’eurozona? Pierangelo Dacrema, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria, non è di questo avviso. E nel suo «La buona moneta. Come azzerare il debito pubblico e vivere felici», dà una ricetta per rendere sostenibile questo peso da oltre 2.200 miliari di euro.

La trama
Dal greenback di Lincoln durante la guerra di secessione ai Mefo di Scahft agli albori del nazismo, fino ai Certificati di credito fiscale di stampo keynesiano, nella storia contemporanea non sono certo mancate soluzioni eterodosse e fantasiose per provare a finanziare la crescita e disinnescare la mina del debito. Gli esempi citati si basano sulla circolazione di una valuta parallela rispetto a quella ufficiale, ed è questa la base della proposta di Dacrema. Con una premessa: l’Italia deve restare in Europa. Può farlo, secondo l’autore, anche se dovesse decidere di rimborsare Btp, Cct e Bot con una moneta a corso forzoso, cioè valida solo in Italia, con un rapporto 1 a 1 sull’euro, da impiegare fino a quando l’indebitamento non sia stato riportato entro il parametro del 60% (o anche fino al suo azzeramento). Uniche avventure: divieto per le banche di usare questa moneta per erogare prestiti o per operazioni finanziarie. L’operazione, ammette l’autore, non è esente da rischi. Il primo è che l’Europa dica no. L’altro è la massiccia vendita di debito italiano da parte degli stranieri.

Chi non può perderselo
Chi non crede che sia ancora una via d’uscita dal debito.

A chi non piacerà
A chi non ci crede più.


Pubblicato il

Evento – La materia sapiente del relativo plurale @ Casa delle donne, Milano


Milano, 18 aprile 2018, h 19.30.


“Guardati dall’impegolarti in circonvoluzioni mentali e frasi sopraffine e vuote: sono il segno di un simbolico assassino, negatorio di esistenze vere, con cui il potere ti tira dentro e insieme per renderti idiota, stupidamente succube. Non cercare di capire quello che non è da capire ma è da eliminare”
 

 

Arduo il compito che Daniela Pellegrini si è data in questo suo ultimo libro: unire una critica lucida e impietosa ai maschi della specie umana e al loro scellerato operare cercando nello stesso tempo di uscire dal dualismo che hanno voluto imporre in tutti i contesti per creare un potere di sopraffazione che li compensasse della ferita primordiale di non poter metter al mondo, ma solo essere messi al mondo. Nonostante sia il suo corpo di donna a permetterle di  vedere il maschile qual è nelle sue messe in atto, è la consapevolezza profonda dell’appartenenza forte alla materia tutta che ne guida il pensiero in questo tentativo di teorizzare un luogo terzo, quello dove sono le parzialità di ciascuno e di ogni cosa che insieme permettono la vita. Perché se la realtà stessa testimonia di questa evidenza, ben altro è il discorso che gli uomini ci hanno costruito intorno. Discorso da cui le donne non sono ancora riuscite a uscire. Daniela Pellegrini apre le contraddizioni che hanno abitato e ancora abitano il pensiero delle donne nella ricerca di una sintesi che mostri strade future da percorrere, senza piegarsi a semplificazioni o fraintendimenti che ne mettano in pericolo la forza e l’efficacia. Ma il libro non contiene solo la proposta di un discorso femminile sul mondo: analizza le attuali minacce al femminismo, smaschera un pensiero moderno che non ha in sé niente di nuovo e per l’ennesima volta ci interroga sul da farsi dopo avere visto il patriarcato in tutta la sua in-sapienza.

 

 


Pubblicato il

“La materia sapiente del relativo plurale”, il libro di Daniela Pellegrini alla Casa Donne


Il Paese delle Donne online, 15 aprile 2018


– Giovedì 19 aprile 2018 alle 18.30 nello Spazio da vivere della Casa delle Donne di Milano la Bibliomediateca presenterà il libro di Daniela Pellegrini “La materia sapiente del relativo plurale: ovvero il luogo terzo della parzialità”. Dialogherà con l’autrice Ilaria Baldini.

Giovedì 19 aprile 2018 alle 18,30 nello Spazio da vivere della Casa delle Donne di Milano la Bibliomediateca presenterà il libro di Daniela PellegriniLa materia sapiente del relativo plurale: ovvero il luogo terzo della parzialità”. Dialogherà con l’autrice Ilaria Baldini.

Questo incontro è il secondo nell’ambito della rassegna voluta e progettata dalla Bibliomediateca dal titolo Le pratiche politiche del movimento delle donne: corpi, voci, scritture. Le voci delle protagoniste che sul filo dei loro libri di recente pubblicazione ricostruiscono pratiche, pensieri e vissuti della storia del femminismo italiano.

Daniela Pellegrini,madre del femminismo radicale italiano e ideatrice del primo gruppo politico italiano di donne (Dacapo, 1964, divenuto poi Demau), perora da sempre il “separatismo” come azione fondante e creativa della politica delle donne nonché come vera autonomia dal patriarcato. Nel 1981 fonda a Milano, insieme a Nadia Riva, “Cicip & Ciciap“, primo circolo culturale e politico femminista, l’unico a mantenersi strettamente separatista nel tempo. Sempre con Nadia Riva crea la rivista “Fluttuaria, segni di autonomia nell’esperienza delle donne” (1987-1994). Da alcuni anni ha (ri)dato vita, presso la Casa delle Donne di Milano, alla pratica separatista dell’Autocoscienza.

“Riconsegnando alla materia, che per Pellegrini è la donnità che accomuna tutti, il suo ruolo di guida razionale della vita tutta ci conduce senza tentennamenti al luogo terzo, indiscutibilmente altro dal due patriarcale, come indiscutibilmente Altro sono le donne, soprattutto quando insieme riprendono quel percorso di autenticità iniziato negli anni ’70 con l’autocoscienza. Perché – dice Pellegrini -,è ancora oggi lo strumento più potente che abbiamo, insieme al separatismo. Allora la materia si incastra, si separa e si dispiega come un frattale, che è sia essenza che funzionamento: è la matrice che si rivela in tutta la sua potenza liberandosi dalle pietre sedimentate in secoli di dominio maschile. Il potere e il denaro che tanto la fanno da padrone perdono la loro forza e permettono la nascita di una specie sapiens di pratiche e pensiero.”

Guardati dall’impegolarti in circonvoluzioni mentali e frasi sopraffine e vuote: sono il segno di un simbolico assassino, negatorio di esistenze vere, con cui il potere ti tira dentro e insieme per renderti idiota, stupidamente succube. Non cercare di capire quello che non è da capire ma è da eliminare. (La materia sapiente)

Arduo il compito che Daniela Pellegrini si è data in questo suo ultimo libro: unire una critica lucida e impietosa ai maschi della specie umana e al loro scellerato operare cercando nello stesso tempo di uscire dal dualismo che hanno voluto imporre in tutti i contesti per creare un potere di sopraffazione che li compensasse della ferita primordiale di non poter metter al mondo, ma solo essere messi al mondo. Nonostante sia il suo corpo di donna a permetterle di vedere il maschile qual è nelle sue messe in atto, è la consapevolezza profonda dell’appartenenza forte alla materia tutta che ne guida il pensiero in questo tentativo di teorizzare un luogo terzo, quello dove sono le parzialità di ciascuno e di ogni cosa che insieme permettono la vita. Perché se la realtà stessa testimonia di questa evidenza, ben altro è il discorso che gli uomini ci hanno costruito intorno. Discorso da cui le donne non sono ancora riuscite a uscire. Daniela Pellegrini apre le contraddizioni che hanno abitato e ancora abitano il pensiero delle donne nella ricerca di una sintesi che mostri strade future da percorrere, senza piegarsi a semplificazioni o fraintendimenti che ne mettano in pericolo la forza e l’efficacia. Ma il libro non contiene solo la proposta di un discorso femminile sul mondo: analizza le attuali minacce al femminismo, smaschera un pensiero moderno che non ha in sé niente di nuovo e per l’ennesima volta ci interroga sul da farsi dopo avere visto il patriarcato in tutta la sua in-sapienza.


 

Pubblicato il

Novità – “Nonostante il velo”

Il giovane erede al trono saudita Mohammed bin Salman  che ha appena visitato Stati Uniti e Francia, sta cercando nuovi consensi in occidente. È lui, insieme al padre Salman, a porsi come audace modernizzatore dell’Arabia Saudita, fino ad oggi il paese più chiuso del mondo arabo. È lui ad avere finalmente concesso alle donne saudite il permesso di guidare l’automobile e ad avere pianificato riforme sociali che prevedono anche  la  riapertura dei cinematografi e la concessione di visti turistici.  In questo momento significativo e rivoluzionario per la società saudita esce in una nuova edizione aggiornata Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita di Michela Fontana, in libreria con VandAePublishing e Morellini Editore, uno straordinario viaggio dentro la società saudita, attraverso le voci delle donne.   

 

Nuova edizione aggiornata COMING SOON

Pubblicato il

Il macellaio di Damasco, Bashar al-Assad

In Siria la guerra continua. E Assad avanza! Il regime di Damasco, insieme all’alleato russo, prosegue la sua offensiva per la riconquista delle ultime  aree del Paese ancora controllate dai ribelli.  Tutt’altro che intimidito dall’attacco occidentale della scorsa settimana,  il presidente Bashar al-Assad, come promesso, rimane fortemente determinato a  riconquistare “ogni centimetro quadrato” della Siria. 

Ma chi è Bashar al-Assad? 

Chi è luomo Bashar?


Autore: Anna Momigliano
Titolo: Il macellaio di Damasco
Collana: VandA.Original
Luogo e data di pubblicazione: Milano, novembre 2013
ISBN e-book: 9788898475117

Pubblicato il

Vigorelli in mostra a palazzo Sormani

A proposito della bella mostra Brama di Vita e di Letteratura. Giancarlo Vigorelli nel clima culturale del Novecento, in corso presso la Biblioteca Sormani di Milano, che attraverso l’esposizione dell’intero fondo del grande critico e letterato – le sue carte, recentemente ordinate e catalogate, le edizioni originali con dedica, le riviste letterarie, le fotografie e le sue opere d’arte – ricostruisce le fasi dell’eterogenea attività di Vigorelli e il suo rapporto con scrittori e artisti del Novecento Italiano.

 
 Vi ricordiamo
 

Da Svevo a Pasternak, da Pavese e Parise a Moravia e De Beauvoir, quattordici affascinanti profili di grandi scrittori e poeti pubblicati da Giancarlo Vigorelli tra il 1966 e il 1967, testimonianze preziose e grandi pezzi di critica letteraria. Un tributo al grande intellettuale e critico letterario in occasione del centenario della sua nascita.
Dalla nota introduttiva di Gian Paolo Serino:
«Ha lasciato tanto Vigorelli. Ha lasciato tanto soprattutto a chi non se n’è accorto. Ha lasciato un’idea di cultura e di civiltà, di bontà e di amore che solo la letteratura – quella viva, quella d’azione, non quella polverosa di saggi e saggisti- è riuscita a dare».

Autore: Giancarlo Vigorelli
Titolo: Omaggio a Giancarlo Vigorelli. Brani scelti da La terrazza dei pensieri
Luogo e data di pubblicazione: Milano, giugno 2013
ISBN e-book: 9788898475131


Pubblicato il

Evento – “Trilogia SCUM” @ Libreria Minerva, Trieste


Trieste, 5 maggio 2018, h 18.30.


– VandA.ePublishing e Morellini Editore presentano sabato 5 maggio, ore 18.30, Trilogia SCUM di Valerie Solanas. 

Presentazione di Trilogia SCUM a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli organizzata in collaborazione con Non una di meno e l’associazione culturale Andades.

Valerie Solanas, frequentatrice del Greenwich Village e della Factory, lesbica dichiarata, icona del femminismo radicale, è l’autrice del celebre Manifesto SCUM.

La sua opera, riscoperta nel mondo anglosassone da più di un decennio, resta invece ancora poco nota al pubblico italiano. Trilogia SCUM colma questa lacuna, presentando per la prima volta nel mondo tutti gli scritti di Solanas – Manifesto SCUM in una nuova traduzione e due inediti a livello mondiale In culo a te, Prontuario per fanciulle – in un unico volume arricchito da due introduzioni critiche.

Intervengono:

Deborah Ardilli, una delle curatrici
Francesca Scarpato, studiosa di letteratura femminile

 

Vi aspettiamo alla Libreria Minerva, in via San Nicolò 20, Trieste.

Pubblicato il

Evento – “Trilogia SCUM” @ Libreria Moderna, Udine


Udine, 30 aprile 2018, ore 18.


– VandA.ePublishing e Morellini Editore presentano Lunedì 30 aprile, ore 18, Trilogia SCUM di Valerie Solanas. 

Seconda presentazione a Udine per Valerie Solanas – Trilogia SCUM a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli.

Valerie Solanas, frequentatrice del Greenwich Village e della Factory, lesbica dichiarata, icona del femminismo radicale, è l’autrice del celebre Manifesto SCUM.

La sua opera, riscoperta nel mondo anglosassone da più di un decennio, resta invece ancora poco nota al pubblico italiano. Trilogia SCUM colma questa lacuna, presentando per la prima volta nel mondo tutti gli scritti di Solanas – Manifesto SCUM in una nuova traduzione e due inediti a livello mondiale In culo a te, Prontuario per fanciulle – in un unico volume arricchito da due introduzioni critiche.

Intervengono:

Deborah Ardilli, una delle curatrici
Francesca Scarpato, studiosa di letteratura femminile

 

Vi aspettiamo alla Libreria Moderna, in via Cavour 13, Udine.

Pubblicato il

La vera storia di Valerie Solanas


di Barbara Bonomi Romagnoli (La 27esima Ora, 5 aprile 2018)


– Per il grande pubblico Valerie Solanas – scrittrice e femminista statunitense morta in condizioni di indigenza– è anzitutto la psicopatica che ha sparato a Andy Warhol nel 1968, e, solo incidentalmente, l’autrice di Manifesto SCUM e degli altri testi, finora inediti in Italia.

Per il grande pubblico Valerie Solanas – scrittrice e femminista statunitense morta in condizioni di indigenza – è anzitutto la psicopatica che ha sparato a Andy Warhol nel 1968, e, solo incidentalmente, l’autrice di Manifesto SCUM e degli altri testi, finora inediti in Italia. Finalmente son stati pubblicati grazie al lavoro congiunto di due editori, VandA/Morellini, e alla cura di Stefania Arcara, docente di Letteratura Inglese e Gender Studies all’Università di Catania, e Deborah Ardilli, traduttrice e collaboratrice con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena, entrambe studiose femministe. «In una situazione di normalizzazione diffusa della violenza etero-patriarcale, di cui è parte integrante la cancellazione dell’attività intellettuale delle donne, la memoria del ‘grande pubblico’ opera in maniera selettiva e per questo mette in primo piano il gesto aggressivo di Solanas nei riguardi di un uomo, per di più ammantato di prestigio sociale e culturale. In tali condizioni, è fin troppo facile inquadrare Solanas come la quintessenza del nonpensiero, del collasso della ragione, e cercare nei suoi scritti nient’altro che una conferma», spiega Stefania Arcara. Non è semplice, quindi, leggere la sua opera senza pregiudizi, perché «la violenza esercitata da una donna risulta sempre intollerabile e il giudizio negativo ricade sulla sua scrittura, mentre lo stesso criterio non viene applicato, per esempio, alle opere di Norman Mailer, che accoltellò la moglie, o di William Burroughs e del filosofo Louis Althusser, entrambi uxoricidi, perfettamente integrati nel canone» racconta Arcara. «Sebbene sia stata una protagonista della controcultura statunitense degli anni Sessanta, Solanas scrittrice è stata a lungo oggetto di una damnatio memoriae, compresa la rimozione dalla storia del femminismo: negli Stati Uniti ci sono voluti trentacinque anni, da quando fu composta, perché la sua commedia Up Your Ass fosse messa in scena per la prima volta, molti anni dopo la sua morte. C’è voluto mezzo secolo perché questo testo fosse tradotto in Italia (da Nicoleugenia Prezzavento) e pubblicato nel nostro volume insieme alla nuova traduzione del Manifesto SCUM e al racconto autobiografico del 1966, Prontuario per fanciulle, che narra la giornata di una giovane lesbica proletaria che vive di accattonaggio e prostituzione per le
strade del Greenwich Village».

Solanas vendeva per strada il suo Manifesto, 25 cent per le donne e un dollaro per gli uomini, e la parola Scum è stata a lungo considerata come un acronimo di Society for Cutting Up Men (Società per l’eliminazione dell’uomo), ma la sigla in realtà non compare nel manifesto e l’autrice non era concorde con questa interpretazione perché, prosegue Arcara, «nei suoi testi la ‘teoria’, che ha un andamento contraddittorio, consiste in un’analisi – condotta con gli strumenti retorici dell’umorismo, del sarcasmo, del gergo di strada, dell’insulto – del rapporto sociale tra i sessi e della subordinazione delle donne nel sistema eteropatriarcale, arrivando ad una provocatoria soluzione politica: auspica l’abolizione del sistema binario e gerarchico dei generi, attraverso l’eliminazione di uno dei due, quello dominante che secondo lei è da considerarsi realmente “inferiore” proprio in quanto sente il bisogno di dominare».

Tradurre è anche un po’ un tradire, quale è stata la vostra esperienza rispetto a una scrittura come quella di Solanas? Si è perso qualcosa nella versione italiana?
«Pensiamo alla nostra traduzione come a un modo per rendere finalmente giustizia alla scrittrice Solanas. La nostra è la prima traduzione italiana basata sul rarissimo testo integrale approvato dall’autrice, la quale per tutta la vita fu ossessionata dall’integrità artistica e dal controllo, che non ebbe mai, della propria opera. Fino a oggi le traduzioni italiane di SCUM Manifesto si erano basate sul testo pubblicato dall’Olympia Press senza il consenso dell’autrice subito dopo l’attentato a Warhol – un testo mutilato di alcune parti e alterato dall’editore Maurice Girodias. Edizione che, tra le altre cose, riporta il titolo come acronimo, “S.C.U.M.”, che rimanderebbe a “Society for Cutting Up Men” (un’operazione di marketing editoriale giudicata ‘tasteless’, ‘di cattivo gusto’, da Solanas e finora sempre riproposta nelle traduzioni italiane, con il sottotitolo “società per l’eliminazione del maschio”): invece, nell’Edizione corretta da Valerie Solanas che l’autrice riesce finalmente a pubblicare in proprio nel 1977, il titolo è SCUM, cioè “feccia”, in riferimento alla posizione subordinata delle donne in un mondo egemonizzato dagli uomini ma anche un’operazione di sovvertimento dell’insulto, poiché sarà proprio la scum a guidare la rivoluzione contro quel sistema di potere che l’ha prodotta. Nella sua scrittura Solanas mescola registri stilistici diversi e lessici eterogenei, dal linguaggio scurrile allo stile visionario, dall’umorismo situazionista all’invettiva e all’aforismo, e a volte ricorre al gergo della controcultura del suo tempo. Per noi è stata un’esperienza molto bella restituire a Valerie Solanas la sua voce di scrittrice, così come ha fatto l’altra traduttrice, Nicoleugenia Prezzavento, che è anche regista teatrale, con la commedia Up Your Ass (In culo a te) che presto verrà da lei messa in scena. In accordo con la casa editrice VandA, abbiamo perciò scelto una copertina che ritrae l’autrice con la penna in mano, per restituire finalmente legittimità a Solanas scrittrice».

Ardilli, nella vostra introduzione al volume scrivete “il nome di Valerie Solanas, ancora oggi, segna il limite di rispettabilità e ragionevolezza che il femminismo deve osservare per essere tollerato, e pertanto la lettura delle sue opere è tuttora un atto eversivo”. Qual è oggi il limite di rispettabilità e ragionevolezza che i femminismi devono rispettare per essere tollerati?
«Per qualsiasi gruppo subalterno i limiti da osservare per non incorrere in sanzioni sono quelli dettati, di volta in volta, dalla pressione ideologica e materiale esercitata dalla controparte dominante. Non possiamo stabilire in anticipo, una volta per tutte, quale sarà l’efficacia di quella pressione, in quale misura sarà interiorizzata, aggirata o sfidata. Tuttavia, considerando che i sessi sono gruppi sociali non naturali e avendo chiara la posizione delle donne nella scala gerarchica del genere, mi pare ci sia ancora una straordinaria riluttanza a riconoscere l’esistenza stessa di una controparte e, di conseguenza, a legittimare un’attitudine conflittuale nei confronti degli uomini. Alla “folle” Solanas non si perdona facilmente il fatto di avere individuato, nominato e aggredito frontalmente quella riluttanza. E le si perdona ancora meno il ricorso a repertori d’azione violenti».

Arcara, l’umorismo di Solanas secondo voi è ancora vincente? I femminismi di oggi sono capaci di far ridere?
«Quante volte, di fronte a una battuta “scherzosa” pesantemente sessista che – in quanto donne – non ci fa ridere, siamo state accusate di mancanza di senso dell’umorismo, magari con un paternalistico: “E fattela una risata…”? Per rispondere, parto da una mia osservazione basata sull’esperienza delle
presentazioni di Trilogia SCUM che abbiamo tenuto in giro per l’Italia, in contesti molto diversi. Al momento della lettura, da parte nostra o di attrici, di qualche brano di Solanas, puntualmente nel pubblico di fronte a me ho notato uomini che restavano serissimi, uomini sorridenti, imbarazzati più che divertiti, pochi (quasi certamente non eterosessuali) che ridevano di gusto, e donne che immancabilmente scoppiavano a ridere. Anche l’umorismo è un “terreno di potere” e la sua efficacia dipende da quale posizione occupa chi fa una battuta scherzosa, a spese di quale gruppo sociale, e di fronte a quale pubblico. Solanas fa un’operazione inedita, e molto potente perché esclude qualsiasi atteggiamento vittimistico, nel momento in cui usa l’umorismo per denunciare i rapporti sociali di potere basati sul sesso. Questa operazione la compie da scrittrice isolata, senza avere alle spalle una tradizione di satira femminista che oggi invece esiste e, soprattutto fuori dall’Italia, ha acquistato una certa visibilità. Oggi esiste un pubblico di donne che finalmente può ridere di battute femministe, perché
cinquant’anni di lotta ci hanno finalmente legittimate a farlo».

Ardilli, qual é il ruolo della marginalità nella vita di Solanas rispetto alla sua scrittura?
«Marginalità e scrittura sono dimensioni inscindibili in Solanas. La sua biografia, firmata da Breanne Fahs, è apparsa soltanto nel 2014 e chiarisce aspetti importanti di questo nesso. Quella di Solanas è stata una vita segnata da abusi precoci in famiglia, due gravidanze in età adolescenziale, da violenza economica, da reiterati rifiuti ogniqualvolta ha tentato di proporsi come scrittrice; ma è anche una vita caratterizzata da una coscienza lucida dell’oppressione vissuta e da uno slancio molto forte, da un desiderio lancinante di vita buona che brucia ogni mediazione».


Pubblicato il

VandAePublishing presenta: “12 case, tanti pianeti” di Agnese Bizarri


di Laura Brusa (Lo Sbuffo, 4 aprile 2018)


– Il libro racconta sotto forma di favole e poesie il tema dell’affidamento, spiegato in maniera semplice, ma molto ricca: sono esplorati tutti gli aspetti di questa esperienza, da quelli positivi a quelli più difficoltosi e impegnativi da affrontare. 

Il libro racconta sotto forma di favole e poesie il tema dell’affidamento, spiegato in maniera semplice, ma molto ricca: sono esplorati tutti gli aspetti di questa esperienza, da quelli positivi a quelli più difficoltosi e impegnativi da affrontare. Lo scopo è quello di mettere in luce ogni sfaccettatura e invitare alla riflessione, al chiarimento e al dialogo. La forma della favola è particolarmente indicata per un pubblico di bambinima il libro può essere molto stimolante anche all’occhio di un adulto, capace di cogliere sotto il rivestimento giocoso del testo tematiche profonde. L’affidamento produce un miglioramento in una situazione di vita difficoltosa, per cui si crea una sorta di alleanza tra la famiglia di origine e quella ospitante, che, unendo le loro forze, creano un contesto positivo e di arricchimento reciproco. Tramite lo scambio di idee, pensiero, culture, l’individuo crea un bagaglio di nuove conoscenze ed esperienze che lo completano, come viene spiegato nella favola “Formi e Ca: Formi-ca, due famiglie molto unite”, dove si gioca sull’unione dei due cognomi delle famiglie, che compongono la parola “formica”.

In “Elvira, finalmente!” è narrata la gioia di poter stringere nuove amicizie tra bambini e di poter condividere tempo, giochi, spazi, e persino le premure un po’ seccanti della “nuova famiglia”. Si insiste molto sul concetto di fiduciaun “fidarsi” che diventa “affidarsi”, evidenziato nelle storie della tartaruga e del camaleonte, dell’apprendista gnomo, e messo in rima nella poesia “Di te mi fido”. Il tema del rispetto delle proprie emozioni, punto nevralgico per la buona riuscita di un’esperienza di affidamento, è sviluppato con precisione e compiutezza in diverse favole: si propone un elenco delle emozioni possibili che si possono sperimentare in una simile situazione, tra cui l’incertezza, la preoccupazione, il dubbio, con lo scopo di insegnare ai bambini l’importanza di rispettare il modo in cui si sentono e di esprimerlo con le figure di riferimento. “Capitani paurosi” mette in evidenza come la paura sia un’emozione del tutto comprensibile e quasi inevitabile in questa situazione, ma che può essere affrontata e dissipata con l’aiuto fornito dai servizi di assistenza. Proprio alla struttura dei servizi sociali è dedicata la favola dei delfini, dove si introducono le figure dell’assistente sociale e dello psicologo, suggerendole al bambino come figure positive su cui possono contare in ogni momento. La favola “12 case, tanti pianeti” presenta in maniera giocosa la vita alternata tra diverse case, permettendo di focalizzarsi sugli aspetti positivi della situazione.

L’autrice dei testiAgnese Bizzarri, vincitrice del premio TOYP (The Outstanding Young Persons) per giovani talentuosi, si occupa di numerosi progetti per l’educazione e la cultura, e trasferisce tutte le proprie conoscenze pedagogiche con sapienza sulla carta, a partire dalla scelta della forma della favola: l’affidamento viene in questo modo presentato in maniera giocosa e leggera, con lo scopo di diminuire l’impatto di un così grande cambiamento. Tramite la conoscenza dei suoi aspetti, può essere vissuto in maniera emotivamente consapevole e serena. La scrittura vivace e accattivante stimola l’attenzione dei bambini e, nella sua semplicità, riesce a richiamare l’attenzione degli adulti che riescono a scorgere, al di sotto del velo della favola, la ricchezza dei contenuti soggiacenti. Il libro aiuta a porsi interrogativi ed esorta a esprimerli, a creare un dialogo tra le figure coinvolte nel progetto con l’assistenza sociale, per viverlo al meglio.

Le favole sono correlate dai disegni di Margherita Braga, illustratrice, pittrice e creatrice di oggetti, che con la scelta di ricalcare lo stile dei bambini nelle illustrazioni, permette a questi stessi di identificarsi e constatare che la stessa esperienza che si accingono a vivere non sia unica nella sua eccezionalità, ma condivisa da numerosi coetanei. Non sentirsi soli è essenziale, in modo che un bambino possa porsi la domanda: “se ce la fanno tanti altri bambini, perché non io?”.


Pubblicato il

Evento – “Trilogia SCUM” @ La libreria delle donne, Bologna


Bologna, 7 aprile 2018, ore 18.


– VandA.ePublishing e Morellini Editore presentano Sabato 7 aprile, ore 18, Trilogia SCUM di Valerie Solanas. 

Interviene Deborah Ardilli, una delle curatrici.

Nel corso della presentazione, per gentile concessione di Francesco Urbano Ragazzi e © Archivio Chiara Fumai, proiezione dell’opera video:
Chiara Fumai legge Valerie Solanas

Introduce Chiara Pergola, artista, attivista, femminista.

Vi aspettiamo alla Libreria delle Donne, in via San Felice, 16/A, Bologna.