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Recensione “A proposito di Elena” – tsd.it

Su TSD.it è uscita una recensione di “A proposito di Elena” di Giuseppina Norcia.

Eccone un estratto:

“Prima di addentrarci nel libro che più che romanzo storico, definirei “saggio divulgativo sulla figura di Elena nella letteratura”, mi pare opportuna una breve inquadratura su tempi e luoghi.
La guerra di Troia è storicamente provata, è durata una decina d’anni e si è conclusa probabilmente attorno al 1250 a.C.. Gli scavi effettuati dall’archeologo Schliemann seguendo le descrizioni riportate nei testi omerici hanno evidenziato testimonianze riconducibili a un’antica città che si trovava in Asia Minore, all’entrata dello stretto dei Dardanelli, suddivisa in più strati appartenenti a epoche diverse, uno dei quali bruciato attorno al 1250 a.C.
Non è storicamente attendibile il fatto che la guerra sia stata scatenata dal rapimento di una donna, Elena.
Il motivo va ricercato in un contesto commerciale, in quanto la posizione sopra descritta apriva la via a transiti navali, scambi di merci e quindi buoni introiti economici.
Troia, o Ilio, appariva in tutto e per tutto una piazza da conquistare.
Sulla scia di questa antica guerra, le cui testimonianze potevano essere state tramandate per via orale, si è poi ricavata la leggenda.
E, la leggenda, racconta che Elena, bellissima regina di Sparta, sposa di Menelao, venne rapita per amore da Priamo e portata a Troia. E per riprendersi l’amata, il re spartano mosse l’esercito aprendo la via a una guerra che avrebbe visto la caduta di Troia e, in seguito, la nascita di due grandi poemi: l’Iliade e l’Odissea.”

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Quale bellezza salverà il mondo? Il mito di Elena

Su Camminosiracusa.it è uscito un bell’articolo firmato da Giuseppe Matarazzo su “A proposito di Elena” di Giusi Norcia.

Eccone un estratto:

“«Crediamo di conoscerla, Elena – scrive Norcia -, eppure per certi versi di lei non si sa niente, se non l’effetto sugli altri. Desiderata e temuta dagli uomini, disprezzata (e temuta) dalle donne. Non riabilita il femminile, non è un’eroina come Antigone o Ifigenia, donne del coraggio e del sacrificio. La sua Bellezza è “imperdonabile”. Così sembrerebbe». «Non c’è più tempo, è questo il Tempo. Voltati. Prima che si sbricioli la bellezza del mondo. Voltati, e per la prima volta guardami», grida Elena. Ieri, oggi. «Alcuni miti o personaggi possono rimanere quasi sopiti, per poi risvegliarsi, attivarsi quando risuonano con un dato tempo – riprende Norcia -. Credo, ad esempio, che in questo momento un personaggio come Elena sia interprete di temi urgenti, dall’uso dei corpi delle donne alle cause (o ai pretesti…) dei conflitti, dal rapporto tra verità e mistificazione al potere tremendo o salvifico che la bellezza ha sul cuore umano. “La bellezza, senza dubbio non fa le rivoluzioni. Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei”. Quale bellezza, dunque, salverà il mondo?». Da Elena a Dostoevskij. La domanda è lì. Per la risposta «non c’è più tempo». È questo il tempo.”

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“Carne da macello” fra i consigli di lettura della Casa delle Donne di Milano

Carne da macello. La politica sessuale della carne” di Carol J. Adams è fra i consigli di lettura della Casa delle Donne di Milano.

La recensione, di cui lasciamo un estratto, è firmata da Franca Tombari.

“Scritto nel 1990, viene pubblicato ora in Italia per la prima volta, ma è ancora molto attuale perché esplora la relazione tra il patriarcato e il consumo di carne. Libro chiaro e potente, è un classico del movimento vegano e femminista, conosciuto in vari paesi.

I motivi per non consumare carne, o se si preferisce, i prodotti di origine animale, sono molti: ambientali (gli allevamenti intensivi sono una delle principali fonti di inquinamento da Co2 e quindi del cambiamento climatico),  salutisti (troppa carne fa male), etici (la soppressione di altri esseri viventi animali  non è ammissibile secondo gli antispecisti), ed infine culturali, per la stretta relazione tra il dominio patriarcale e l’ideologia del consumare carne. Adams si concentra su quest’ultimo fatto: evidenzia la stretta relazione tra la violenza sui corpi degli animali e quelli femminili, ugualmente trattati come pezzi di carne, e sottolinea come la carne stessa sia simbolo del patriarcato perché è l’alimento che, si dice, apporta forza muscolare.  Quindi è prediletta dai maschi e serve a costruire una certa idea di mascolinità, mentre, nella cultura in cui è la normalità la  sopraffazione e il dominio, il cibo vegetariano e/o vegano viene  associato ai gay, alle donne  e ai soggetti moralmente e fisicamente deboli. Perciò sono stati osteggiati e ridicolizzati coloro che   volevano   astenersi dal consumo di animali morti: proprio questo avviene quando si mangia carne, si mangiano animali uccisi spesso in modo cruento. La violenza viene allontanata e mascherata: l’animale reale, con la sua vita fisica, viene separato da ciò che viene  messo sulla nostra tavola e per nascondimento diventa semplicemente “carne” che si può consumare  ed anche  abusare. L’autrice conclude: “Il vegetarianismo può essere una parte integrante dell’identità femminile autonoma: è una ribellione contro la cultura dominante, indipendentemente dal fatto che si è dichiarata o meno una rivolta contro le strutture maschili. Resiste alla struttura del referente assente, che rende oggetti le donne e gli animali”.”

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Donne e animali: quattro chiacchiere con Barbara Balsamo su “Carne da macello” di Carol Adams – Vocisinistre

Su Vocisinistre è uscita un’intervista a Barbara Balsamo su “Carne da macello. La politica sessuale della carne” di Carol J. Adams.

Eccone un estratto:

“Abbiamo intervistato Barbara Balsamo, che insieme a Silvia Molè, Matteo Andreozzi e Annalisa Zabonati ha collaborato alla pubblicazione dell’edizione italiana di La politica sessuale della carne di Carol J. Adams, pubblicato da Vand.A.edizioni. Barbara Balsamo ha anche curato, e in parte tradotto, Liberazione totale del filosofo americano Steven Best, edito da Ortica Editrice.

Ricordiamo che “Carne da macello” sarà presentato a Roma Martedì 28 Luglio, dalle 18:30 alla Casa Internazionale delle donne.

VOCI SINISTRE: Come nasce l’idea di portare in Italia, a trent’anni dalla sua pubblicazione negli Usa, La politica sessuale della carne di Carol J. Adams?

BARBARA BALSAMO: L’impatto della pubblicazione del libro di Carol J. Adams, ormai 30 anni fa, è stato dirompente e grazie a questo studio i movimenti di lotta sociale, in particolare quello femminista, hanno subito una grande trasformazione rispetto al passato. Ha contribuito e sostenuto l’intersezionalità. In particolare, le istanze antispeciste che fino ad allora non avevano ancora trovato una collocazione tra le lotte sociali hanno iniziato a circolare in ambito femminista. In questi anni chi propone e teorizza l’antispecismo politico ha suggerito numerose prospettive e strategie di lotta. Certamente la prospettiva intersezionale è tra le più significative. The Sexual Politics of Meat è stato tradotto in moltissime lingue, anche in italiano grazie ad Annalisa Zabonati e Matteo Andreozzi e finalmente quest’anno pubblicato dalla casa Editrice Vand.A.edizioni.

VOCI SINISTRE: Nella postfazione curata da te e Silvia Molè c’è questa frase: “Immaginiamo cosa si potrebbe fare se ci si unisse tutti e tutte”. Il tema delle alleanze è molto dibattuto sia all’interno del femminismo che dell’antispecismo. Se, da una parte, la questione femminile e quella animale faticano a guadagnare il giusto riconoscimento da parte degli altri movimenti per la giustizia economica e sociale, dall’altra, gli stessi movimenti femminista e antispecista si trovano continuamente frammentati all’interno, con correnti più radicali ed altre che, spesso, strizzano l’occhio ai fondamenti ideologici che dovrebbero proporsi di combattere. Lo stesso mancato riconoscimento, ad esempio, della necessità di allargare lo sguardo alla schiavitù animale da parte di una buona fetta di femminismo ne è un esempio tangibile. Quali chiavi pratiche offre, secondo te, Adams affinché si riemerga da questa situazione di stallo?

BARBARA BALSAMO: La questione, come hai già esposto nella domanda, è complessa e purtroppo difficile da districare. Tuttavia, ogni cambiamento nei movimenti porta momenti di riflessione e resistenza, come quando sono state elaborate le istanze del femminismo postcoloniale africano. Anche in quel caso ci fu una certa resistenza, oggi, per fortuna, ampiamente superata. Ritengo che queste forme di diffidenza e chiusura siano (ahimé) fisiologiche. L’atteggiamento di chiusura e pregiudizio verso i Rom anche da parte di una certa sinistra radicale ne è un esempio. La questione animale, forse la più ostica da cogliere e accogliere, non è esente da queste dinamiche. Al contempo, la frustrazione derivante dal senso di impotenza che colpisce molti attivisti, soprattutto in ambito antispecista, induce all’identitarismo e quindi all’esclusione sia nelle riflessioni teoriche che nelle prassi degli altri movimenti di lotta. Il testo di Adams è stato un apripista in questo senso, argomentando e analizzando la prospettiva intersezionale tra oppressione della donna e oppressione animale. Ogni giorno assistiamo all’”animalizzazione” della donna. Il punto centrale del testo è il corpo. La reificazione del corpo, delle donne come degli altri animali, e la conseguente sua mercificazione sono un nodo cruciale nell’analisi della studiosa statunitense. Purtroppo, spesso le donne si sentono discriminate nel momento in cui si stabilisce il legame donna / animale come se questa connessione fosse di per sé già discriminatoria. Siamo al paradosso: pensare che sia discriminatorio assimilare la donna all’animale è proprio ciò che dimostra la Adams in Carne da macello. Lo specismo radicato strutturalmente nel pensiero sociale non solo impedisce di cogliere i nessi causali tra specismo e oppressione della donna ma ostacola la riflessione su queste dinamiche di potere interconnesse. In sintesi, le donne rifiutano di essere associate agli altri animali (come spesso si rifiuta l’associazione schiavitù animale/schiavitù umana) poiché considerati per antonomasia inferiori! Un cortocircuito del pensiero che la Adams ha tentato di interrompere, a mio avviso con un discreto ma lento successo. Il corpo è il luogo fisico e simbolico sul e nel quale si manifestano mercificazione e guerre ideologiche. Ed è anche il campo dell’intersezione. Questo processo di gerarchizzazione e de-formazione dei corpi è lo stesso che applichiamo agli altri animali. Proprio dall’oppressione degli altri animali – corpi completamente “altro da quelli umani” – deriva infatti il concetto stesso di smembramento dei corpi. L’analisi della Adams parte da qui e arriva alla teorizzazione del referente assente che è il cardine generativo delle gerarchie e delle oppressioni della donna e degli altri animali. Per poter comprendere a fondo il fenomeno delle oppressioni e la questione intersezionale delle lotte bisogna però chiarire un aspetto imprescindibile: il capitalismo. La genesi strutturale delle società di dominio culmina con il capitalismo moderno. Il fil rouge che passa dalla questione animale gettando un’abbagliante, pionieristica luce sulla prospettiva intersezionale delle oppressioni deve necessariamente partire dalla lotta al capitale che genera e struttura i rapporti di forza e di dominio.”

Per leggere l’intera intervista clicca qui.

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Innamorate, Chiara Aurora Giunta

Francesca e Gaetana sono molto diverse tra loro.

Francesca è una ragazza del Nord che sembra aver assunto su di sé le regole severe impostale dalla famiglia, Gaetana invece è di tutt’altra tempra: giovane, sportiva e determinata nella vita come sulle discese in assetto variabile di cui è campionessa.

Tra loro nasce una forte intesa che presto si trasforma in amore, un amore per cui dovranno essere disposte a cambiare se non vorranno rinunciarvi. 

Leggine un estratto…

“Francesca e Gaetana uscirono dal locale mano nella mano, passeggiando per corso Como tra la folla rumorosa. In silenzio percorsero la rampa pedonale che s’inerpicava fino a piazza Gae Aulenti, un gioiello luccicante racchiuso tra le torri cromate degli edifici che la circondavano, incastonandola come un diamante prezioso.

La piazza brulicava di attrazioni, attorno alle quali si accalcavano persone di ogni età; faticarono a smarcarsi tra i capannelli di chi guardava giocolieri e chi faceva la fila per pattinare sull’emiciclo montato allo scopo, chi si attardava tra i baracchini di un mercato racchiuso tra casette di legno e chi comprava dolcetti e frittelle da una moto Ape dai colori sgargianti. Sul lato opposto della piazza, raggiunsero il ponte proteso su viale Melchiorre Gioia. Dai parapetti di acciaio potevano scorgere lo spettacolo di un fiume ininterrotto di auto i cui fari tracciavano ghirlande di giochi di luce. Alzando il capo, ammirarono la punta d’acciaio del cono avveniristico della torre Unicredit, una freccia luminosa protesa verso il cielo limpido e terso, punteggiato di stelle velate dal riflesso delle luci della città. Francesca e Gaetana camminavano senza proferire parola, le mani strette, timorose di perdersi ancora. Fu solo all’estremità opposta del ponte che raggiunsero il palazzo d’acciaio e vetro dove era l’appartamento di Gaetana. L’androne, illuminato da faretti fluorescenti, sembrava un palcoscenico pronto per la recita, al centro del quale campeggiava un tavolo trasparente di cristallo azzurrino su cui un portiere gallonato osservava gli schermi dei computer di controllo. Non appena le vide, l’uomo si alzò di scatto e si fece loro incontro con modi cordiali e professionali. «Buonasera, contessina. Felice di rivederla.» «Grazie, Filippo. Tutto bene a casa?» «Certo. Devo ringraziarla per il regalo a mio figlio.» «Lascia stare, solo un pensiero.» Francesca era un po’ confusa: non era abituata a tanta opulenza e ne era un po’ intimidita. Gaetana le strinse la mano e l’avvisò: «È solo apparenza, quando saremo sopra, vedrai che tutto sarà perfetto!» «Ma è già perfetto. Solo che mi sembra… troppo.» Entrarono nell’ascensore dalle cromature lucide e le porte si chiusero con un lieve sibilo. Finalmente erano sole. Gaetana l’attirò a sé e la strinse forte come se avesse temuto di perderla da un momento all’altro. Francesca affondò il viso tra i riccioli scuri e inspirò il profumo di Angel che sulla pelle di Gaetana assumeva un che di sensuale e fanciullesco al tempo stesso. Ebbe una vertigine di piacere. Le loro bocche non riuscivano a staccarsi, mentre l’ascensore saliva silenzioso fino a fermarsi dolcemente al piano. Solo allora riuscirono a riprendersi e si voltarono all’unisono mentre le porte si aprivano su un ampio soggiorno open space dalle cui vetrate si poteva ammirare uno spettacolo ancora più suggestivo di quello della passeggiata. Milano era ai loro piedi, colorata e ammiccante. Le luci soffuse della sala contribuivano a creare un’atmosfera rarefatta che metteva in risalto il chiarore della città in movimento, come un quadro vivente appeso alla parete del cielo nero. «Ma è stupendo!» esclamò Francesca, non sapendo se era più stordita per la vicinanza di Gaetana o per quanto le era apparso all’improvviso. «Sì. È vero, ma tu sei più bella» in effetti non aveva staccato gli occhi dalla compagna che teneva stretta per mano. Non aggiunsero altro. In pochi minuti i vestiti erano in terra e loro due stavano salendo una scala a vista che tagliava elegantemente la sala. «Dove… dove andiamo?» riuscì ad articolare Francesca, facendosi trascinare docilmente. «In camera mia, vedrai, ti piacerà» disse con un sorriso Gaetana, ma dovette fermarsi presa dalla voglia irresistibile di baciarla ancora e di accarezzare il suo corpo nudo. Pochi passi ancora e furono in una grande camera con un immenso letto rotondo, alle pareti specchi fumé riflettevano ogni angolo della camera e facevano da cornice a una grande finestra a parete illuminata dalla notte cittadina. Gaetana porse la mano a Francesca e si sdraiarono sul materasso fissandosi mute negli occhi. La passione bruciava sulla loro pelle e quasi esitavano a darle corso nel timore di rovinare la magia del momento. Le mani presero a sfiorarsi prima timidamente poi con audacia. Fu Gaetana a fermarsi, quando sembrava che nulla avrebbe potuto frapporsi fra loro. «Non mi hai detto se hai pensato a me in questi giorni…» «A volte, soprattutto la notte…» «E…» «Sì, mi sono toccata pensando a te…» «Ahhh» Gaetana si piegò su di lei e la sua lingua prese a scorrerla fra i seni. «Questo è troppo. Ora però devi farmi vedere come hai fatto» la tentò. Francesca si sentì avvampare, l’inguine in fiamme. «Io non so…» Gaetana le prese una mano e la guidò verso il suo sesso. «Fammi vedere, ti prego…» La mano di Francesca prese a muoversi tra i riccioli biondi, le dita premevano e formavano lenti cerchi premendo sul suo punto più sensibile. Gaetana la fissava avida delle sue reazioni, accarezzandosi un seno languidamente. «Non lo avevi mai fatto prima, vero?» chiese con voce roca. «No» mugolò Francesca.

Le piaceva sentirsi guardata da lei, accresceva il piacere che continuava a darsi. Il suo corpo sembrava incamerare l’energia che quelle carezze suscitavano in lei, pronte a esplodere in un orgasmo che ancora non voleva assecondare. Gaetana le si avvicinò e cominciò ad accarezzarla anche lei. Le sue dita scivolarono umide dentro il sesso di Francesca, muovendosi al suo ritmo, invadendo ogni suo orifizio. «Oh, Gaetana, è bellissimo!» esclamò Francesca e il suo corpo si abbandonò a un orgasmo tanto violento da toglierle il respiro. Inarcò i fianchi e si protese verso Gaetana che le chiuse la bocca con un bacio rovente, la lingua che saettava tra le sue labbra. Il silenzio della camera fu invaso dal respiro affannoso di Francesca, quasi un canto di passione. Quando il suo corpo si placò e il suo respiro si fece più regolare, Gaetana sussurrò al suo orecchio: «Tutto questo è troppo per te?» «No, Gaetana non è mai troppo» e non mentiva. In fondo, però, ma molto in fondo, si sentiva in colpa: non le aveva detto di avere un marito. Soprattutto di essere andata a letto con lui, rientrata a Milano. Ma era sicura che Gaetana sarebbe ripartita in breve tempo e che ogni cosa sarebbe tornata alla normalità. Allora perché creare problemi e rovinarsi un momento così bello?”

Ti è piaciuto questo estratto? Dai un’occhiata al libro: Innamorate, di Chiara Aurora Giunta

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Viaggio a Siracusa con Giuseppina Norcia

Su Elle.com è uscito un articolo firmato da Gabriella Grasso con un profile dell’autrice Giusi Norcia e su “Siracusa. Dizionario sentimentale di una città“.

Eccone un estratto.

“Grecista e scrittrice, collaboratrice di lunga data dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, Giuseppina Norcia è molto legata alla sua città, cui ha dedicato il primo libro che ha scritto: Siracusa. Dizionario sentimentale di una città (uscito per VandA nel 2014). Appassionata e studiosa di storia antica e miti, nel 2017 ha pubblicato il romanzo per ragazzi Archimede. Una vita geniale (VerbaVolant); nel 2018 è uscita con L’ultima notte di Achille (Castelvecchi); da qualche mese è in libreria con A proposito di Elena (VandA), nel quale la storia della donna diventata simbolo assoluto di bellezza viene riletta e analizzata da nuovi (e moderni) punti di vista, lontanissimi dagli stereotipi.

Qui Giuseppina ci rivela la “sua” Siracusa. Tre luoghi iconici visti e raccontati da Giuseppina: attraverso una riflessione, un ricordo, una storia…

Per leggere l’intero articolo clicca qui.

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La bellezza tra salvezza e perdizione. “A proposito di Elena” di Giuseppina Norcia

Su Sulromanzo.it è uscita una bella recensione di “A Proposito di Elena” di Giusi Norcia firmata da Eva Luna Mascolino.

Eccone qui uno stralcio:

A proposito di Elena di Giuseppina Norcia, uscito per VandA edizioni in versione digitale nel mese di maggio e in edizione cartacea lo scorso giugno, è una pubblicazione che fin dal titolo fa riferimento alla sua struttura e al contenuto, pur mantenendo viva la curiosità di chi si appresta a leggere una trattazione ragionata su una delle figure mitologiche più celebri e decantate dell’antica Grecia. Proprio per questo, da una parte, il focus su Elena di Sparta sembrerebbe avere fin troppi precedenti autorevoli per suscitare interesse, anche se dall’altra parte la scansione scelta dell’autrice ne chiarisce l’originalità e gli approfondimenti svolti a monte.

Il testo, infatti, si configura come uno studio ragionato sulla natura archetipica e allo stesso tempo inevitabilmente umana della giovane figlia di Tindaro, che si sviluppa per lo più in ottica tematica, oltre che temporale, nel tentativo di scorporare le voci circolate su questo personaggio, le sue caratteristiche, le diverse versioni del suo mito e le parole che pronuncia secondo l’uno o l’altro autore classico. È per tale ragione che Giuseppina Norcia esordisce evidenziando innanzitutto il più grande paradosso legato alla sua storia, ovvero l’assenza di una qualsiasi descrizione fisica di Elena nonostante la fama di donna più bella del mondo, per poi concentrarsi sull’effetto che tanto fascino ha esercitato sulle persone intorno a lei e sul suo stesso destino individuale.”

Per leggere l’intera recensione clicca qui.

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A proposito di Elena – recensione Rivista Blam

Su Rivista Blam è uscita una bella recensione di “A proposito di Elena” di Giusi Norcia.

Eccone un estratto.

“A inizio giugno è uscito nelle librerie il nuovo lavoro di Giuseppina Norcia, pubblicato da Vanda edizioni, casa editrice indipendente che si definisce “dalla parte del femminismo” e si occupa di dar voce alle donne e al dibattito sul femminile. Per questo nel suo catalogo trova spazio anche un saggio bello quanto complesso come A proposito di Elena.

Elena di Sparta, emblema della bellezza: figura enigmatica ma contemporanea

“I miti non hanno vita per sé stessi, attendono che noi li incarniamo”, solo allora ci offriranno intatta la loro linfa.

Le vicende di Elena di Sparta, emblema della bellezza assoluta per la cultura occidentale, ci sembrano note. Crediamo di conoscerle dai banchi di scuola, dove abbiamo studiato l’assedio decennale di Troia da parte degli Achei, generato dal desiderio di possedere Elena. Moglie del re Menelao, rapita per amore (o per l’inganno di Afrodite) dal principe troiano Paride, Elena appare sin da subito il pretesto dello scontro tra i due schieramenti, la merce di scambio per la pace, il trofeo di guerra.

Ma cosa realmente sappiamo su Elena? Nessuno la descrive, nessuno ne considera la volontà o le inclinazioni, i pensieri e i sentimenti. Elena è un enigma, è espressione del desiderio ma anche dell’inganno. Gli uomini la desiderano, ma non l’hanno mai realmente osservata; le donne la odiano e la temono assoggettate dall’invidia e dal continuo confronto.

Elena non è dunque ancora oggi un simbolo potentissimo della mercificazione del corpo femminile? Della bellezza da possedere a tutti i costi ma che diventa schiavitù, prigione?”

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Afro-ismo – recensione Filosofemme

Su Filosofemme è uscita una bella recensione del nostro libro “Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero” di Aph e Syl Ko, firmata da Roberta Landre.

Eccone un estratto.

Aphro-ism: Essays on Pop Culture, Feminism, and Black Veganism from Two Sisters (2017), tradotto in italiano da feminoska e edito da VandA edizioni – Afro-ismo Cultura pop, femminismo e veganismo nero (2020) – è il tentativo ben riuscito di rendere in libro l’esperienza che Aph e Syl Ko hanno sperimentato scrivendo sul loro blog aperto nel 2015 sotto il nome di Aphro-ism, tra insicurezze e bisogni.

Loro stesse ci indicano le loro intenzioni: “Dedichiamo questo libro a chi s’impegna a creare una nuova architettura concettuale per il futuro. Speriamo che sia uno dei mattoni per la sua fondazione.”

Quindi un testo che si propone di sfidare le nostre categorie concettuali, la nostra visione del mondo, attraverso lo spirito critico, al fine di creare una nuova base teorica che sostenga delle pratiche inedite di vita. Ed è proprio questo iato di possibilità quello che le sorelle Ko vogliono aprire; riappropriarsi della capacità immaginativa per scardinare le dicotomie su cui l’attuale sistema sociale si regge.


Il Veganismo Nero è il mezzo con cui intendono combattere: è sia una forma di resistenza politica, che uno strumento metodologico entro il quale inquadrare le oppressioni sistemiche prodotte e sostenute dal pensiero coloniale.


La loro analisi prende le mosse dal pensiero antirazzista, che nel suo intrecciarsi con l’antispecismo – attraverso i movimenti di liberazione nera e animale – origina una riflessione circa la comune dipendenza delle nozioni di “umanità” e di “specie”. Nella prospettiva del veganismo nero questi -ismi (antirazzismo e antispecismo insieme a tutti gli altri) sono necessariamente conciliabili.”

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“A proposito di Elena” – recensione e intervista a Giusi Norcia

Su Letteratitudine è uscito il pezzo di Daniela Sessa su “A proposito di Elena” con una bella recensione e un’intervista a Giusi Norcia.

Eccone uno stralcio:

“Già chiamarla Elena di Sparta o Elena di Troia apre immensi e fecondi scenari. Ma apriamone un altro: se Elena fosse un calligramma, una bella poesia disegnata da Teocrito fino ad Apollinaire. Immaginiamo le parole di Elena intorno al ventre del cavallo di Troia pieno di greci (amici o nemici?) o le parole per Elena dette da Gorgia o inflitte dall’euripidea Ecuba: cosa diventerebbero sulla pagina? Un uovo e un punto interrogativo.

Perché Elena e il suo mistero stanno in quell’origine divina così poetica e violenta assieme. Figlia di Nemesi o di Leda, Elena è quell’uovo appeso al soffitto della reggia di Sparta il cui fato coincide con il rapimento. Ogni attributo di Elena rimanda all’enigma, al bifrontismo, alla fuggevolezza, alla parvenza. Paride la porta a Troia “fittamente velata” come scrive Christa Wolf eppure tutti ne vedono la stravolgente bellezza, luminosa e seducente. Pure il rapimento ha la sua doppia semantica: Elena rapisce e viene rapita.

Soprattutto su questo ruota l’ultimo libro di Giuseppina Norcia “A proposito di Elena” che racconta, con quell’incanto verbale che è proprio della scrittrice, la storia di Elena, il suo destino di rapita attraverso i secoli. Un personaggio aereo appare l’Elena di Norcia, metamorfico nell’attraversare il tempo degli uomini con la stessa sfingea consistenza di Orlando di Virginia Woolf. Solo che qui si gioca su una sorta di eterno femminino che rimanda al corpo della Bellezza, un corpo voluttuario e cavo su cui, nella visione di Norcia, si gioca ogni guerra.  “Lei, la multiforme, la mutaforme, sa bene di essere molte cose, vittima e maestra di contemplazione, oggetto del desiderio e tessitrice visionaria chiamata a rappresentare la sua stessa storia. A rappresentare la storia del mondo”.

Norcia ricostruisce la storia della preda mitologica da una Elena zero a un’Elena 2.0 : un viaggio tra il mito e la contemporaneità intrecciando Saffo e Nabokov, Virginia Woolf e Omero, Albert Camus ed Euripide, Simone Weil e Zeusi.  Scrive Norcia in uno dei passi più interessanti del libro che per il pittore ateniese ci vollero “Cinque donne per fare un’Elena”. Lo stesso può dirsi di Giuseppina Norcia che per fare la sua Elena fa i ritratti in parole di Briseide, Aspasia, Ifigenia, Kore e… Alcibiade, il giovane e camaleontico stratega innamorato di Socrate, per cui Norcia, sulla scia di Plutarco si chiede “Che donna è Alcibiade?”.

È un tessuto “A proposito di Elena”, forse lo stesso che Elena ricamava nelle stanze infide di Troia: un libro fatto di rimandi e di incursioni sul presente che consentono a Norcia di gettare sul tavolo del mito alcune domande universali: sulla guerra, sulla marginalità delle donne, sulla violenza della guerra contro il corpo delle donne, sulla distruzione della Bellezza e sulla sua incessante ricerca. Il congedo lirico con l’immagine dell’albero di Elena, il platano del bosco fuori Sparta dove si celebravano le feste Helenie fa da controcanto a un secondo congedo, quello dell’esilio di Elena di Camus: si tradisce il bosco nell’epoca delle grandi città.

È un libro prezioso “A proposito di Elena” perché ha l’aspetto di Elena stessa: Norcia dissemina il libro di domande come a ribadire il segno ortografico che Elena incarna nel suo destino di drammatica Bellezza. Perché è esso stesso proteiforme: il racconto pare spezzare (o è il contrario?) una bozza di teatro. Ci sono un prologo e un dialogo dove Norcia si sdoppia nella voce narrante perché doppia (amore e terrore, dono e malattia) è l’idea di Elena, quattro monologhi e un epilogo affidati al personaggio Elena “Simulacri, accuse inconsistenti si contendono la vostra mente: non è bellezza ciò che crea infelicità; o se lo è, è una bellezza tradita, vilipesa, capovolta.”. La voce dell’Elena di Norcia è vellutata, evocativa, soffusa, blu. O forse è la voce di Norcia stessa, della sua scrittura limpida e con il ritmo di un esametro.”

Potete leggere l’intero articolo cliccando qui.