di Davidia Zucchelli (Munera, febbraio 2018)
– Ieri sera ho partecipato alla presentazione del nuovo libro di Pierangelo Dacrema “La buona moneta. Come azzerare il debito pubblico e vivere felici (o solo un po’ meglio)”, Ed. Allaround, 2018, al Fopponino, a cui hanno preso parte Renato Mannheimer (sociologo), Giuliano Castagneto (Giornalista di MF Milano Finanza) ed Alfredo Costa (Sindacalista).
È stato un incontro molto interessante e vivace, come deve essere quando si affrontano problemi rilevanti, e gli spunti di riflessione non solo e non tanto dal punto di vista economico, ma soprattutto sociale sono stati davvero molti. Non è stato un incontro per gli “addetti ai lavori”, ma per i cittadini.
Conosco Pierangelo da molti anni e non mi ha stupito la sua vivacità intellettuale; so che il suo libro è frutto di una profonda riflessione e della consapevolezza della necessità di trovare tempestivamente una soluzione ad un problema che pesa come un macigno sul nostro paese, sebbene pochi ne parlino. Soprattutto in campagna elettorale, quando dovrebbe essere invece uno dei temi principali di discussione. Evidentemente la gravità del problema non è percepita. Non ancora.
L’autore propone una soluzione drastica, ovvero la creazione di una moneta parallela all’euro, assegnata ai sottoscrittori dei titoli di Stato italiani alla loro scadenza e spendibile, forzosamente, solo nel nostro paese. Da un punto di vista prettamente tecnico, le obiezioni sono – come l’autore ha ben presente – molteplici. Occorre pensare all’effetto “fuga degli investitori esteri “ dall’Italia, che si vedrebbero consegnare una moneta per così dire parziale, alle possibili conseguenze di una eventuale ma probabile imitazione da parte di altri paesi (più o meno sgangherati dell’Italia), all’inflazione che potrebbe derivarne, agli effetti negativi sull’euro per il “quasi” abbandono da parte di uno dei principali paesi europei, solo per citarne alcuni. Non saprei ovviamente quantificare tali effetti e dare una risposta immediata a questi interrogativi. Occorre riflettere, alcuni aspetti non mi sono chiari. E mi riprometto di farlo. Peraltro, come per ogni innovazione, gli effetti non sono mai perfettamente prevedibili.
Ma quello che vorrei ora richiamare sono gli elementi che costituiscono il punto di partenza della riflessione di Pierangelo e che meritano di essere ripresi. Innanzitutto il debito pubblico italiano, della cui gravità come dicevo ormai pochi sembrano avere consapevolezza, soprattutto se – come ha sottolineato Pierangelo – a Mario Draghi succederà Jens Weidmann alla guida della Banca Centrale Europea nel 2019. Perché è nota la diffidenza di Weidmann, attualmente presidente della Bundesbank, nei confronti del nostro paese, tale da fargli dire in sostanza che “l’Italia deve salvarsi da sola”, e che quindi non avrà nessuna intenzione di acquistare titoli italiani in quantità massiccia come ha fatto Draghi negli ultimi tempi con effetti positivi sia per l’Italia sia per l’Europa intera.
La diminuzione del debito, propone Pierangelo, potrebbe essere raggiunta usando una moneta parallela all’euro, che egli non chiama lira ovviamente per evitare l’equivoco di pensare alla completa sostituzione dell’euro, ma VALEX al cambio di 1 a 1 contro l’euro, al quale si affiancherebbe, poiché – ed è questo il fulcro della riflessione di Dacrema – la nostra attenzione deve essere rivolta non alla moneta, ma ai cittadini. La moneta/denaro è diventato negli ultimi decenni il centro di ogni obiettivo economico/politico, il fine da raggiungere, a scapito di tutto il resto. Il valore della moneta è divenuto più prezioso del bene dei cittadini. Si legge a pagina 40, “La stabilità del valore della moneta – l’oggetto sociale prezioso al punto da essere quasi divinizzato – non è stato presupposto di alcunché di socialmente interessante, almeno per quella cospicua parte dell’Europa che è stata penalizzata in termini di reddito, occupazione, benessere … quanto è accaduto nel sistema dell’Eurozona racconta che la salute della moneta è stata considerata più importante di quella della cittadinanza. Racconta e spiega in modo inequivocabile che il denaro è diventato più importante degli uomini”.
I politici dicono che “non si possono sostenere gli investimenti con la spesa pubblica”, perché mancano le risorse finanziarie, mentre invece bisognerebbe invertire il ragionamento: “si deve sostenere la spesa, sfruttare le immense risorse di cui disponiamo, poiché essa poi genererà le risorse finanziarie”. Un po’ come è successo con il New Deal, che è al centro del pensiero di Keynes, più volte ricordato da Pierangelo.
Occorre cioè cercare di valorizzare tutte le risorse, soprattutto umane, di cui disponiamo, di cui il nostro paese dispone. Una disoccupazione inaccettabile, pari al 12% complessivamente, ma con punte assurde prossime al 50% fra i giovani nel sud, è la prova dell’esistenza di tante risorse sprecate.
La moneta deve cioè tornare ad essere uno strumento, non il fine. Così come Keynes suggeriva alle massaie inglesi di spendere i risparmi e di investirli in consumi (gli investimenti sono consumi protratti nel tempo!) così ora è necessario che le risorse – che ci sono, la liquidità non è ora un problema – vengano utilizzate, vengano messe in circolazione, non accumulate. Ma cosa è divenuta la moneta? Lo stesso bitcoin sembra stare a dimostrare il suo non essere moneta (cioè con corso legale che consente un qualunque scambio di beni/servizi) per essere piuttosto strumento di speculazione. Perché tanto interesse per il bitcoin? Per ottenere un vantaggio di prezzo/valore, non uno strumento di scambio (che è, di fatto, limitato solo a certi beni che rientrano nel circuito). Ed è proprio questa una caratteristica che potrebbe anche sostenere la fattibilità della imposizione di limitazioni alla nuova moneta VALEX (di carattere geografico, limitandola all’Italia, o anche merceologico, prevedendo il suo utilizzo in determinati mercati/beni). Se si ammette per il bitcoin, può essere – almeno – immaginata per una moneta parallela?!
La storia della finanza ci insegna che le grandi innovazioni in materia finanziaria e monetaria sono avvenute, ovunque, in Europa e in America sulla spinta della necessità di trovare soluzione a problemi gravi/urgenti (guerre, pestilenze, gravissime crisi….). La ripresa economica, pur significativa, attualmente in corso nel nostro paese, ci distrae ed oscura quello che deve rimanere un obiettivo centrale: appunto la riduzione del debito pubblico. Alcuni potrebbero obiettare che il Belgio è riuscito a ridurre il debito drasticamente nel giro di qualche anno, ma è anche vero che il Belgio ha una dimensione ben più piccola dell’Italia.
Gli esempi di successo nella storia non mancano. Dacrema ricorda Schacht, il presidente della Bundesbank e Ministro dell’Economia di Hitler, che è riuscito in soli 4 anni ad annullare la disoccupazione dal 25%, e a fare della Germania un paese forte (fin troppo, perché poi arrivò alla guerra, ma – ad ulteriore dimostrazione della sua statura professionale ed umana – egli si dimise quando la storia prese la via che tutti conosciamo).
Oppure il caso di Helmut Kohl, il Cancelliere della riunificazione tedesca, che contro il parere di tutti gli economisti decise la conversione del marco uno a uno con i tedeschi dell’est, che si videro in poche ore moltiplicare lo stipendio. Fu un atto di grande coraggio, contro ogni regola economica, ma che risollevò lo spirito di un paese, o meglio di una nazione, che riunificò la sua gente, prima ancora dei confini. E il suo successo è sotto gli occhi di tutti, ancora oggi. Lo stesso Kohl che ha poi attribuito alla Cancelliera Merkel l’errore di porre la Germania davanti all’Europa, quando invece l’Europa avrebbe dovuto guidare/indirizzare la Germania.
Certo la moneta parallela potrebbe finire per scacciare la moneta buona, secondo la nota legge di Gresham, ma se il fine è il benessere dei cittadini, la graduale riduzione delle disparità/disuguaglianze e la riduzione della concentrazione del reddito, essa merita una riflessione. È questo un altro importante obiettivo a cui tendere che Pierangelo sottolinea, ricordando una battuta di Checco Zalone: “Uno su 1000 ce la fa, e gli altri 999?”.
E’ stato proposto da più parti e in varie occasioni di sostenere il consumo di prodotti italiani, a chilometro zero, certamente per sostenere l’ambiente limitando l’inquinamento – anche questo uno degli obiettivi principali a cui tendere – ma evidentemente anche per sostenere la produzione interna. Analogamente, si può credere in una moneta nazionale, specificamente dedicata alle negoziazioni nazionali, senza escludere gli scambi internazionali (le nostre esportazioni superano le importazioni, non lo dimentichiamo), attuati con la moneta accettata all’estero, ma limitandoli al necessario.
Come vedete gli spunti sono molti. Non so, come dicevo, dare una valutazione esauriente alla provocazione di Dacrema, che merita di essere oggetto di un più approfondito esame, ma ho apprezzato molto il coraggio, la voglia di cercare una soluzione per il bene di tutti. Questo è uno di quei momenti in cui occorre buttare il cuore oltre l’ostacolo, superare il pensiero ragionieristico del “sì, si può fare se ho il denaro oppure no, non si può fare se non ce l’ho”, senza considerare piuttosto le altre enormi risorse e in particolare quelle umane di cui disponiamo.
Ma non vi viene in mente il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (che secondo le più moderne interpretazioni è stato un brillante esempio di condivisione e redistribuzione)?