Pubblicato il

Intervista a Deborah Ardilli


di Benedetta Sangirardi (F Magazine, 28 dicembre 2018)


– Sessismo: che cos’è? È la domanda che ha fatto più tendenza su Google nel 2018. Qualcosa sta cambiando?

Intervista a Deborah Ardilli
Ricercatrice indipendente. Il suo ultimo libro è Manifesti femministi (Morellini Editore con VandAePublishing).

Il movimento delle donne è ripartito. Ma i nostri diritti vanno difesi

Che cos’è per lei il sessismo?
«Un termine equivoco. Se ne parla per indicare discriminazioni nate dal pregiudizio ai danni delle donne. Ma attenzione: la disuguaglianza di genere non è solo una questione di mentalità. Non basta fare piazza pulita dei pregiudizi per veder rimosse anche le discriminazioni. Chi lo crede, temo abbia un approccio idealista e poco attento alla realtà».

Ci fa un esempio?
«Nel mondo 76 donne su 100 devono prendersi cura di genitori e figli, spesso da sole e naturalmente gratis. Possiamo pensare basti ribaltare qualche pregiudizio perché queste donne abbiano accesso a un mercato del lavoro retribuito e facciano carriera quanto i colleghi maschi?».

Nel 2018 si è parlato molto di sessismo. È cambiato qualcosa?
«Non so se l’opinione pubblica si sia davvero svegliata dal torpore: difficilmente le femministe accedono ai grandi mezzi di comunicazione. Al contrario, si è moltiplicata in tv la platea degli esperti di questioni di genere che non hanno competenze».

Però il movimento delle donne, oggi, è più attivo che mai.
«È vero, da almeno due anni viviamo una sua fase di ripresa su scala globale, trainata dalle mobilitazioni in America Latina e dal MeToo. Ma ci sono anche tante regressioni. Non è un caso che siamo costrette a difendere ciò che abbiamo conquistato, come il diritto all’aborto che qualcuno periodicamente mette in discussione».


Pubblicato il

La piccola principe, presentazione del libro di Daniela Danna


(Mentelocale, 13 dicembre 2018)


Domenica 16 dicembre 2018 alle 21.00 il circolo La Scighera ospita la presentazione del libro La piccola principe: lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione di Daniela Danna. L’incontro con Daniela Danna si svolge nell’ambito del ciclo Pianta Anarchica; a dialogare con l’autrice è l’attivista Lgbt Nathan Bonni.

Milano –Lo spunto dell’ultimo libro della sociologa Daniela Danna, proviene dall’aumento negli ultimissimi anni, da parte di adolescenti e famiglie, di richieste di accesso ai percorsi di transizione e autodeterminazione, che permettono di smettere di vivere il ruolo di genere relativo al sesso biologico di appartenenza per arrivare a vivere pienamente nell’identità di genere di elezione (transgenderismo). È un tema che tocca vari aspetti, da quello legato alla fascia dell’adolescenza con le difficoltà di trovare una propria identità personale, fino a quello squisitamente medico e psicologico (in Italia la transizione è coperta dal Servizio Medico Nazionale mentre all’estero spesso è in regime privato).

Milano –Il libro ha aperto un dibattito, a volte dai toni aspri, che si inserisce in un clima di contrapposizione e di opposizione creatosi negli ultimi anni tra mondo lesbico/femminista e mondo trans. Dibattito che spesso rimane confinato ai circoli Lgbt, ma che riveste un grande interesse  per chiunque perché riguarda l’identità sessuale e quella di genere. Soprattutto in un periodo come quello attuale, nel quale la compagine governativa, ed evidentemente gran parte della popolazione, vuole ricondurre la questione a una rigida visione tradizionale dei ruoli.

Dalle 19.00 cucina aperta con piatto del giorno, panini, bruschette e taglieri. Ingresso con tessera Arci.


Pubblicato il

Intervista a Daniela Danna

Daniela Danna parla del suo ultimo libro, “Dalla parte della natura”, con Il posto delle parole.
Qui potete trovare l’intervista completa.


In un dialogo “a tu per tu” con l’umanità, la Natura, in una sorta di personalizzazione letteraria, “ci parla”, affrontando tematiche nevralgiche della nostra odierna civiltà: equilibrio ambientale, disuguaglianza sociale, predominio delle multinazionali, visione libera della sessualità. Con un approccio ecofemminista, questo breve ma fulminante pamphlet attacca il sistema capitalista e patriarcale caratterizzato dalla supremazia maschile, dove donne, animali e ambiente appartengono a categorie analoghe, considerate come proprietà e beni da dominare e sfruttare. E anche se noi esseri umani siamo parte della Natura, questo mondo ha tracciato un solco cosi profondo tra noi e lei, da renderla non solo estranea, ma addirittura ostile nemica. Queste semplici pagine sono un invito a conoscerla meglio, allo scopo di rispettarla. E in questo processo, cambiare noi, smettendo di modificare lei.

 

Daniela Danna, è ricercatrice confermata in Sociologia generale presso il Dipartimento di studi sociali e politici della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Insegna Politica sociale per la laurea triennale in Scienze sociali per la globalizzazione. Tra i suoi interessi di ricerca figurano analisi dei sistemi-mondo, rapporti tra i generi, studi sulla sessualità, sociologia dell’ambiente, sociologia storica. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: La piccola principe. Lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione.


 

Pubblicato il

Rebecca Town… alla scoperta di cinque città!

Becky è una splendida newyorkese, modaiola, acuta, passionale, dal passato tormentato e scrittrice di guide turistiche.  È protagonista di una serie di romanzi ambientato ogni volta in una città diversa, una città descritta come si confà a una guida: le tappe da non perdere, i locali più trendy ma anche quelli più defilati e che però meritano “una menzione”, i luoghi dello shopping, le strade, i cibi… Ogni luogo diventa così l’incantevole cornice ai misteri che Becky, detective per caso, si trova a risolvere. Una città, un delitto. Ma c’è anche la personale vicenda della nostra esuberante guida, che nel corso di ogni romanzo troverà l’amore, scoprirà la verità sulla misteriosa morte dei genitori e… Chissà?

La serie:
– Rebecca Town a Parigi: edizione cartacea/e-book
– Rebecca Town a Londra: edizione cartacea/e-book
– Rebecca Town a Roma: edizione cartacea/e-book
– Rebecca Town a Praga: edizione cartacea/e-book
– Rebecca Town a New York: edizione cartacea/e-book

 

Manuela Siciliani è nata a Torino nel 1978. Laureata a Milano in Relazioni Pubbliche, oggi vive a Sanremo. Mamma e moglie prima di tutto, fa l’agente di viaggi per passione e scrive per diletto. Rebecca Town, la protagonista dei suoi romanzi, vi porterà alla scoperta di meravigliose città dove, suo malgrado, si troverà a risolvere complicati casi di omicidio. Il tutto condito da leggerezza e love story.

Pubblicato il

Evento – La buona moneta, Siracusa


Venerdì 14 dicembre
Urban Center, via Nino Bixio 1, Siracusa


Pierangelo Dacrema, autore de “La buona moneta. Come azzerare il debito pubblico e vivere felici (o solo un po’ meglio)” partecipa venerdì 14 dicembre Moneta complementare. Uno strumento a “impatto zero” per gestire le sindromi da crisi.

PROGRAMMA
Introduzione
Luigi Martines
                     Onda Coin

Interventi
Pierangelo Dacrema
Economista e docente all’Università della Calabria

in Breve storia della moneta
– Funzione della moneta nell’economia;
– Economia finanziaria e credit crunch;
– Le monete complementari come soluzione : storia e attualità;

Renato Mannheimer
                 Sociologo, saggista e sondaggista italiano

in Sondaggio sulle monete complementari
– Percezione della crisi e l’atteggiamento verso le monete complementari

Tavola Rotonda
Modera
Laura Del Santo
Opinionista Economica

 


Le dimensioni del debito pubblico italiano sono un fattore di rischio che ostacola qualunque politica di sviluppo della nostra economia. Un problema annoso, tema di dibattito e di scontro a ogni vigilia del voto.
Le politiche di austerità volte ad arginare il debito si sono rivelate inefficaci, oltre che dolorose. In un’Italia afflitta da disoccupazione e vaste sacche di indigenza occorrono provvedimenti adatti a promuovere consumi, investimenti, occupazione e reddito. E il loro ineludibile presupposto è la disponibilità di moneta.
Ma come procurarsela in presenza di un debito pubblico abnorme e di regole europee che ne impongono il drastico ridimensionamento?
L’unica risposta a esigenze così contrastanti è che il nostro debito pubblico venga rimborsato con una nuova moneta nazionale a corso forzoso. In più occasioni, Lega e M5S hanno preso le distanze dall’euro e caldeggiato la creazione di una moneta italiana. La posizione di Pierangelo Dacrema è radicalmente diversa. In modo chiaro, asciutto e convincente, questo libro mostra che il benessere della nostra nazione non sta nell’uscita dall’euro. E che un’Italia alleggerita dal debito e dotata di una propria moneta diventerebbe più forte, a tutto vantaggio dell’euro e dell’Europa.

 

Pierangelo Dacrema è professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria. Ha insegnato nelle Università di Bergamo, di Siena, alla Cattolica, alla Bocconi e alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Con VandAePublishing ha pubblicato La dittatura del PIL, Trattato di economia in breve, Lettera aperta a uno studente universitario e Fumo bevo e mangio molta carne.

 

 


 

Pubblicato il

Intervista a Michela Fontana


RSI (lunedì 10 dicembre 2018)


– Donne in Arabia Saudita.

Uno dei Paesi dove le donne sono in maggiore difficoltà è l’Arabia Saudita. La scrittrice Michela Fontana ha presentato uno spaccato della realtà quotidiana e della situazione attuale completo ed esauriente.
Grazie ai due anni passati a Riad, Michela Fontana ha potuto conoscere bene la realtà saudita, soprattutto quella femminile. Nel suo libro-inchiesta “Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita“, attraverso lo sguardo delle donne, l’autrice racconta i paradossi e le ambiguità del paese che ha ispirato alcuni dei più pericolosi movimenti fondamentalisti, fornendo una chiave di lettura per interpretare un mondo islamico che fatichiamo a comprendere, semplicemente perché non lo conosciamo.
Michela Fontana è stata la vincitrice, nel novembre 2018, della prima edizione del Premio Letterario Allumiere.
L’autrice è stata intervistata il 10 dicembre dalla Radio Svizzera Italiana nella trasmissione Alba Chiara.

Qui potete trovare l’intervista.


 

Pubblicato il

Evento – La piccola principe

Milano, 16 dicembre 2018 ore 21


– VandA.ePublishing presenta  La piccola principe di Daniela Danna.

Domenica 16 dicembre Daniela Danna presenterà il suo libro, La piccola principe. Lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione, uscito per VandAePublishing a luglio 2018, al circolo ARCI La Schigera.

Lo spunto dell’ultimo libro di Daniela Danna, sociologa, proviene dall’aumento negli ultimissimi anni, da parte di adolescenti e famiglie, di richieste di accesso ai percorsi di transizione e autodeterminazione, che permettono di smettere di vivere il ruolo di genere relativo al sesso biologico di appartenenza (transgenderismo).
È un tema che tocca vari aspetti, da quello legato alla fascia dell’adolescenza con le difficoltà di trovare una propria identità personale, fino a quello squisitamente medico e psicologico (in Italia la transizione è coperta dal Servizio Medico Nazionale mentre all’estero spesso è in regime privato).
Il libro ha aperto un dibattito, a volte dai toni aspri, che si inserisce in un clima di contrapposizione e di opposizione creatosi negli ultimi anni tra mondo lesbico/femminista e mondo trans. Dibattito che spesso rimane confinato ai circoli LGBT, ma che riveste un grande interesse per chiunque perché riguarda l’identità sessuale e quella di genere. Soprattutto in un periodo come quello attuale, nel quale la compagine governativa, ed evidentemente gran parte della popolazione, vuole ricondurre la questione a una rigida visione tradizionale dei ruoli.
La Pianta Anarchica, partendo proprio da La piccola principe, vuole provare a condividere la conoscenza della situazione. Insieme a Daniela Danna saranno presenti Nathan Bonni, attivista LGBT, e Marina Cortese, ginecologa. Per la Scighera Chiara Catellani e Andrea Perin.

Cucina aperta dalle 19.00
Ingresso con tessera Arci

Possono i minorenni voler cambiare sesso? Da dove viene questa strana richiesta, dal momento che cambiare sesso non è realmente possibile? L’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna, secondo la quale il mondo è un testo e la realtà materiale non ha alcuna importanza, sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.
Se sei un bambino effeminato, diventerai bambina. Se sei un maschiaccio, allora sei “veramente” un ragazzo. Big Pharma ti sorride: ti venderà ormoni per tutta la vita.

 

Daniela Danna, è ricercatrice confermata in Sociologia generale presso il Dipartimento di studi sociali e politici della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Insegna Politica sociale per la laurea triennale in Scienze sociali per la globalizzazione. Tra i suoi interessi di ricerca figurano analisi dei sistemi-mondo, rapporti tra i generi, studi sulla sessualità, sociologia dell’ambiente, sociologia storica. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Dalla parte della natura, VandAePublishing in coedizione con Morellini Editore.


Vi aspettiamo al circolo ARCI La Scighera, via Candiani 131, Milano

Pubblicato il

Natura


Viversani e belli (30 novembre 2018)


È lei a insegnarci l’ecologia.

La Natura si umanizza e dialoga con noi, “ci parla”, affrontando temi essenziali, come l’equilibrio ambientale. Con tono bonario, se la ride di questa sciocca umanità che ha squilibrato il rapporto società—natura senza rendersi conto dell’effetto boomerang che la minaccia. È questa la struttura narrativa che Daniela Danna ha scelto per il suo libro “Dalla parte della natura. L’ecologia spiegata agli esseri umani” ([VandAePublishing in co-edizione con] Morellini ed). “Non sono avido, ho solo paura del futuro” conclude, con le spalle al muro, l’uomo. La natura gli risponde: “Allora comincia a investire in azioni positive verso i tuoi simili, piuttosto che in azioni in Borsa.”

Pubblicato il

Premessa di Resistenza Femminista a “Il mito Pretty Woman” di Julie Bindel


Resistenza Femminista, 26 novembre 2018


Ieri 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, tutte noi donne e sopravvissute abbiamo mostrato la nostra forza al mondo prendendo parola contro chi ci vuole vittime passive e mute di fronte ad un patriarcato sempre più pervasivo e violento.

Ieri 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, tutte noi donne e sopravvissute abbiamo mostrato la nostra forza al mondo prendendo parola contro chi ci vuole vittime passive e mute di fronte ad un patriarcato sempre più pervasivo e violento. Resistenza Femminista e SPACE international hanno organizzato incontri in diverse città italiane: Milano, Bologna, Roma per dire ancora una volta che la prostituzione è violenza maschile e che non accettiamo che questa violenza sia normalizzata, sanitarizzata come “lavoro” o  raccontata come esperienza ‘glamour’ di “liberazione sessuale”. Mentre il 20 novembre a Roma Rachel Moran e Fiona Broadfoot raccontavano la loro esperienza nell’industria del sesso e il loro attivismo a sostegno del modello nordico, il 25 novembre a Parigi la stessa Rachel insieme ad un’altra sopravvissuta di SPACE del Sud Africa Mickey Meji e ad Ashley Judd del Movimento Metoo univano le loro voci per dire basta alla violenza maschile sulle donne e le bambine. Lo stesso giorno in Spagna ha preso parola la sopravvissuta e attivista Amelia Tiganus durante la manifestazione contro la violenza sulle donne che ha visto una grande partecipazione di abolizioniste. La voce delle sopravvissute sta facendo il giro del mondo e nessuno potrà fermarci. Essere una sopravvissuta significa aver vinto contro la violenza maschile, ma la lotta continua tutti i giorni, per questo abbiamo deciso di pubblicare oggi la premessa alla traduzione in italiano da noi curata del libro di Julie Bindel “The pimping of prostitution” adesso disponibile in anteprima per VandA.ePublishing con il titolo “Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione”. La versione definitiva del libro uscirà a gennaio, ma sono già disponibili copie ordinabili qua: https://www.vandaepublishing.com/prodotto/il-mito-pretty-woman/. Come per il libro di Rachel ” Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione”  anche questa traduzione è per noi un atto politico, quello di Julie è un libro denuncia che sfata i falsi miti che circondano la prostituzione:  quello del sex work e della ‘puttana felice”, un’inchiesta dettagliata condotta in 40 paesi per un totale di 250 interviste a sopravvissute, sfruttatori, compratori di sesso, attiviste, accademici/che e personalità politiche.

Il 21 novembre a Bologna Julie Bindel ha tenuto un discorso sulla violenza maschile contro le donne durante la seduta del Consiglio Solenne del comune di Bologna in occasione della celebrazione del 25 novembre. Nei prossimi giorni pubblicheremo il testo integrale del suo intervento che ha profondamente colpito tutti i presenti. Julie a partire dalla sua esperienza trentennale con la sua associazione femminista “Justice for Women” ha raccontato le storie di due donne vittime della violenza maschile, Emma Humphreys e Sally Challen.  Il caso di Emma in particolare mette in luce l’intreccio tra abusi sessuali subiti nell’infanzia/adolescenza, violenza domestica e prostituzione. Il suo fidanzato abusante l’aveva prima comprata quando era prostituita sulla strada a soli 15 anni e poi era diventato il suo sfruttatore. La storia di Emma è emblematica, rappresenta la storia di moltissime donne e ragazze nel mondo che continuano ad essere abusate nell’industria del sesso. Per questo il discorso di Julie è fondamentale: non è possibile considerare la prostituzione qualcosa d’altro, un lavoro, anzi una soluzione alla disoccupazione e alla povertà femminile come dicono certi sostenitori del sex work.  

Il movimento internazionale delle sopravvissute alla prostituzione sta diventando sempre più forte, si espande in tutto il mondo, Julie Bindel ci presenta la sua storia a partire dagli anni ’80 con la fondazione del gruppo WHISPER [Donne che hanno subito violenza nel sistema prostituente in rivolta] fino alla nascita nel 2012 di SPACE international: le donne di tutto il mondo stanno dicendo che la prostituzione è violenza. Sul fronte opposto i gruppi per “i diritti delle sex workers” la cui storia inizia con COYOTE [Basta con la vostra vecchia morale] un gruppo di ascendenza liberista le cui componenti non si trovavano nella prostituzione, ma dicevano di rappresentare la “voce delle prostitute” quando in realtà tra i soci c’erano rappresentanti dell’industria del sesso (tra i finanziatori c’era la rivista Playboy), compratori di sesso, conservatori. Il primo gruppo che grazie a finanziamenti consistenti (anche della chiesa metodista della California) ha avviato il marketing della prostituzione come “liberazione sessuale”, diffondendo il mito della “puttana felice”.  Nel 1985 la risposta delle sopravvissute all’industria del sesso non tarda ad arrivare: Evelina Giobbe fonda WHISPER in contrapposizione al messaggio mistificatorio di chi come COYOTE voleva occultare la violenza intrinseca del sistema prostituente. SPACE international e il movimento MeToo stanno continuando con grande coraggio l’opera di svelamento e informazione sulla violenza maschile nonostante le intimidazioni e la violenza messa in atto dalla lobby pro-sex work che cerca di zittire, censurare, ostacolare in ogni modo una forza ormai inarrestabile. 

Il movimento per l’abolizione della prostituzione è sempre più vitale e si espande nel mondo. Resistenza Femminista ne è parte e la traduzione di questo libro costituisce una scelta politica precisa, sulla linea che da anni perseguiamo di dare voce alle sopravvissute e alle indagini e testimonianze che portano alla luce la realtà di violenza e sopraffazione rappresentata dall’industria del commercio sessuale. Ancora una volta, come per il libro di Rachel Moran, Stupro a pagamento, abbiamo scelto di tradurre e accompagnare il libro e l’autrice negli incontri che via via avranno luogo con lettrici e lettori in Italia. Come Julie Bindel, consideriamo la prostituzione violenza contro le donne e le bambine e dedichiamo il nostro lavoro di attiviste e sopravvissute affinché la realtà di questa violenza emerga con la stessa chiarezza con la quale le donne hanno riconosciuto e chiamato con il suo nome la violenza domestica e la violenza sessuale.

Una delle domande che questo libro pone è: perché è così difficile riconoscere la violenza della prostituzione, o meglio, la prostituzione come violenza, come archetipo di ogni violenza contro le donne? Ci siamo trovate ad affrontarla in una discussione a proposito di come tradurre una frase del libro. La frase è di una sopravvissuta e si riferisce alla fatica che le donne in generale fanno ad ammettere che è la domanda di accesso sessuale ai corpi delle donne da parte degli uomini a sostenere un mercato che, nelle parole di Judith Herman, costituisce “un’impresa mondiale che condanna milioni di donne e bambine alla morte sociale, e spesso letteralmente alla morte, per il piacere sessuale e il profitto degli uomini”. A parere della sopravvissuta Evelina Giobbe, riconoscere la violenza della prostituzione ci impone il compito doloroso di “guardare dall’altra parte del tavolo a cui facciamo colazione”, in altre parole, di guardare chi ci sta davanti tutti i giorni, gli uomini che conosciamo e amiamo: i nostri amici, figli, compagni, mariti, fratelli, padri. In un primo momento ci siamo chieste se la frase fosse un’espressione idiomatica e avevamo pensato di tradurla con “guardare in faccia la realtà”. Poi però ci siamo dette che, paradossalmente, la nostra difficoltà a tradurre letteralmente in quel caso corrispondeva alla difficoltà che Giobbe riconosce ed esprime: la difficoltà di nominare e affrontare il problema che la prostituzione pone per le relazioni tra uomini e donne.

È più facile in effetti dare retta alle ragioni di chi parla di “scelte” delle donne e offre l’immagine rassicurante di un contratto sessuale paritario. Molto più faticoso è ascoltare la voce di chi ci ricorda che quel “contratto” è in realtà il pagamento di un abuso, un pagamento che coinvolge chi lo subisce cancellando la violenza agli occhi della società e rendendo dolorosissimo per chi lo subisce affrontare il proprio trauma e l’invisibilità sociale del proprio abuso.

Tuttavia, affrontare la violenza “nascosta in piena vista” della prostituzione è esattamente ciò che dobbiamo fare se davvero vogliamo avere una qualche speranza di costruire e percorrere la strada che ci porti alla fine della violenza maschile contro le donne. Non c’è da farsi illusioni: la sfida non è semplice. Il Modello nordico che noi sosteniamo intende rendere visibile la responsabilità degli uomini nel mantenimento di un sistema di controllo e oppressione della libertà delle donne. Quel sistema, il patriarcato, si regge su una disuguaglianza che sottrae alle donne la possibilità di lavorare ed essere indipendenti, rafforzando la disuguaglianza con un abuso travestito da lavoro che non fa altro che consolidare l’ingiustizia e la discriminazione. Il controllo sessuale e riproduttivo delle donne è l’obiettivo, perché è alla base di un sistema che non si potrebbe reggere se quel controllo venisse a mancare, ma costituisce anche il punto di partenza e il puntello dell’intero sistema. La risposta di alcuni, di definire la prostituzione un lavoro come un altro, non sarebbe altro che la legalizzazione dell’oppressione e dello sfruttamento delle donne. Non a caso Lina Merlin non ha mai definito la prostituzione un lavoro. Con la legge a lei intitolata, nel 1958 Lina Merlin ha liberato e donne che venivano schedate, rinchiuse nei bordelli e bollate con infamia per l’abuso compiuto su di loro dagli uomini. Definendo come crimine ogni attività volta a favorire e sfruttare la prostituzione altrui, la legge da lei voluta ha compiuto un passo fondamentale per la libertà delle donne. Quello che resta da fare è eliminare gli squilibri sociali ed economici e le condizioni culturali che portano a considerare l’atto di pagare per l’accesso sessuale al corpo di un essere umano – il più delle volte il corpo di una donna, una ragazza, una bambina – come una transazione economica accettabile.

Ha scritto Luisa Muraro:

Secoli di complicità tra uomini, di assoggettamento delle donne, di moralismo ingiusto, di cattiva letteratura e di assuefazione, hanno portato la società a non rendersi conto che la ferita inflitta all’umanità con la pratica della prostituzione, non è più accettabile. E non lo è mai stata. Non ci sono regole che tengano. Così com’è accaduto per i ricatti sessuali sul posto di lavoro da parte di quelli che hanno più potere, verrà il momento – ed è questo – in cui la non eliminabile vergogna della prostituzione, sempre rigettata sulle donne, tornerà alla sua vera causa, che è una concezione maschile degradata del desiderio e della corporeità.

Il filo che collega ogni violenza contro le donne è ormai visibile.

Le sopravvissute e le attiviste abolizioniste lo stanno mettendo sotto gli occhi di tutti e stanno sfidando il meccanismo di difesa di una dissociazione che Judith Herman non esita a dichiarare “praticata come norma sociale”. Di fronte alla prostituzione, a suo giudizio, “la scelta di evitare di sapere opera ai margini della nostra coscienza”.6 La dissociazione è un meccanismo che salva chi subisce la violenza, ma rischia di diventare anche la condanna a vivere in esilio da sé stesse. Per troppo tempo noi donne siamo state in esilio dal nostro posto nella società e abbiamo usato la nostra forza per resistere e sopravvivere. Ma adesso come sopravvissute da ogni parte del mondo prendiamo parola, per denunciare e smascherare il vero volto dell’industria del sesso che stupra e uccide e di chi la alimenta, gli stupratori a pagamento. Quell’industria che si nasconde dietro il mito di Pretty Woman, della prostituzione come lavoro sessuale o “sex work”. Bindel ricostruisce due storie parallele: quella del movimento internazionale delle sopravvissute che da WHISPER [Donne che hanno subito violenza nel sistema prostituente in rivolta], fondato nel 1985 da Evelina Giobbe, arriva fino a SPACE International [Sopravvissute all’abuso della prostituzione che chiedono di illuminare l’opinione pubblica] – movimento di sopravvissute provenienti da nove paesi – e quella della lobby pro-prostituzione, i gruppi per i “diritti delle sex worker”. WHISPER nasceva come risposta al gruppo liberista COYOTE [Basta con la vostra vecchia morale], al cui interno c’erano donne che si spacciavano come “la voce delle prostitute” senza essere o essere state nella prostituzione e uomini che ne sostenevano l’agenda politica, ovvero che la prostituzione fosse un lavoro come un altro: erano politici, studenti, rappresentanti di associazioni, compratori di sesso. Nasceva così il marketing dell’abuso sessuale venduto come potere delle donne (il cosiddetto “empowerment”) e il mito della “puttana felice”. L’espressione “sex work” (“lavoro sessuale”)/“sex worker” (“lavoratrice sessuale”) diventerà la parola d’ordine di una lobby fatta di accademici, assistenti sociali, politici, proprietari di bordelli e di agenzie di escort (come Douglas Fox, dell’International Union of Sex Workers, che si dichiara un “sex worker” pur essendo uno sfruttatore) e compratori di sesso, una lobby ben finanziata con lo scopo di decriminalizzare l’industria del sesso a livello globale, ovvero trasformare gli sfruttatori in manager e garantire il “diritto” degli uomini di abusare impuniti i corpi delle donne. Ma, come spiega Rachel Moran, la prostituzione non è “né sesso, né lavoro”, il fatto che ci sia di mezzo del denaro non cambia la natura di quello che succede, ovvero che si tratta di stupro, uno stupro anche più traumatico e devastante non solo perché reiterato, ma perché perennemente ignorato, negato, normalizzato dalla società patriarcale.

È arrivato il momento di compiere scelte che ci consentano davvero di immaginare e dunque rendere possibile una società non patriarcale fondata sul rispetto e la libertà per le donne e gli uomini. La prostituzione è misoginia che genera misoginia, odio verso le donne: dobbiamo eliminarla. Questo libro è un’opera fondamentale per procedere nella direzione aperta da Lina Merlin ed è per questo che ci piace ricordare qui l’hashtag con il quale invitiamo tutte le donne e gli uomini a lottare con noi e portare a termine la rivoluzione femminista: #iosonoLinaMerlin.

Ringraziamo Morellini Editore e VandA.ePublishing, in particolare Angela Di Luciano, per avere creduto in noi e per il sostegno alla lotta abolizionista. L’amicizia e la relazione tra donne sono davvero la chiave del cambiamento.

Resistenza Femminista

Pubblicato il

25 novembre 2018

Il 25 novembre è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: fu istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ricordare l’omicidio, avvenuto proprio il 25 novembre del 1960, delle sorelle Mirabal, attiviste della Repubblica Domenicana.

Questa giornata è diventata l’occasione ideale per LOTTARE contro violenza sulle donne e il femminicidio.

La violenza sulle donne, sul loro corpo, ha molte forme e molti volti, troppe, troppi. Dobbiamo difenderci, ribellarci ad un’insidiosa assuefazione che ha seminato, morti, violenze, soprusi continui sotto i nostri occhi. Si può iniziare questa battaglia con l’informazione.

Leggete per informarvi perché non c’è progresso senza conoscenza.

Per il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, acquistate e leggete i nostri titoli migliori:

  • Manifesti femministi” a cura di Deborah Ardilli raccoglie testi composti in Italia, in Francia e negli Stati Uniti (alcuni di questi tradotti per la prima volta)dalle più attive rappresentanze del femminismo radicale dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta del XX secolo.
  • Temporary mother” di Marina Terragni è un pamphlet “anarchico” e necessario di fronte alla portata della posta in gioco: i bambini e la differenza femminile, garanzia di civiltà e umanità.
  • Il mito Pretty Woman” di Julie Bindel è la prima e unica indagine mondiale sulla prostituzione, completa, audace e coraggiosa, che sfata il falso mito del sex work. Perché la prostituzione non è un lavoro, ma un abuso a pagamento.
  • Dalla parte della natura” di Daniela Danna è un fulminante pamphlet ecofemminista che attacca il sistema capitalista e patriarcale, dove donne, animali e ambiente sono considerate proprietà e beni da dominare, sfruttare, rapinare.
  • Trilogia Scum” di Valerie Solanas presenta per la prima volta nella loro integralità e con l’accompagnamento di un approfondito apparato critico, gli scritti di Valerie Solanas, figura cruciale della controcultura anni Sessanta e icona del femminismo radicale.
  • La piccola principe” di Daniela Danna è una lettera ai più giovani che vuole contestare l’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna che sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.

Diciamo basta alla violenza contro le donne!

Pubblicato il

Il mobbing sulle sopravvissute alla prostituzione


Resistenza femminista (5 febbraio 2018)


Ogni volta che una donna denuncia la violenza che subisce deve mettere in conto di essere attaccata e denigrata.. […] Ecco il racconto di Julie Bindel di quel che succede quando le donne osano parlare della prostituzione e della sua violenza.

Ogni volta che una donna denuncia la violenza che subisce deve mettere in conto di essere attaccata e denigrata. Accade con il “#MeToo”, accade con la violenza domestica, accade per le sopravvissute alla prostituzione. Ecco il racconto di Julie Bindel di quel che succede quando le donne osano parlare della prostituzione e della sua violenza.

[estratto dal libro “The pimping of prostitution“]

Un numero impressionante di sopravvissute all’industria del sesso mi ha raccontato storie horror di come siano state etichettate come pazze, bugiarde, truffatrici, visionarie e masochiste. È orribile ma non sorprende. Negli anni ho assistito a come le sopravvissute siano state oggetto di bullismo, siano state minacciate, umiliate, calunniate, diffamate dagli attivisti pro- prostituzione e dai rappresentanti del mercato del sesso.

Un esempio si affaccia alla mente. Come giornalista collaboratrice di quotidiani a diffusione nazionale, decisi di fare un’intervista a Rachel Moran in seguito al successo del suo libro diventato bestseller “Paid For” e del suo lavoro di fondazione del movimento delle sopravvissute in Irlanda. Una giovane giornalista femminista che curava una sezione di un prestigioso quotidiano britannico rispose al pezzo con un “no”, dicendo: “circolano voci sulla sua autenticità in più di un ambiente… ”. Le chiesi da dove venissero queste voci ma non mi ha mai risposto.

Sabrinna Valisce conosce bene il modo in cui agisce la lobby pro-sex work. Dopo tutto Valisce ha fatto parte del New Zealand Prostitutes Collective come volontaria per 24 anni. Ha promosso campagne per introdurre la nuova legge che ha depenalizzato i bordelli e la prostituzione di strada perché credeva sinceramente che avrebbe migliorato la condizione delle donne e avrebbe garantito loro maggiore libertà. Dal momento che la lobby pro- prostituzione si basa sulla mistificazione dei fatti, sui miti e sui vecchi classici giochi di potere, è particolarmente insopportabile quando qualcuno di loro passa dall’altra parte.

Valisce mi ha detto che a un evento a Townsville nel quale stava parlando, durante la presentazione del libro “Prostitution Narratives”, un membro senior di Scarlet Alliance (il gruppo australiano della lobby pro-prostituzione) ha tentato in ogni modo di impedirle di parlare. “È salita su una sedia cercando di sovrastare la folla che voleva ascoltare me, fischiando, interrompendomi e urlando” ricorda Valisce. ”Non ho provato rabbia e neanche disturbo. Stranamente mi sono identificata con lei. Penso che avesse paura. Posso capire perché, un tempo sono stata anch’io sulla difensiva“, ‘Non togliermi quello con cui mi guadagno da vivere. Non ho nient’altro. Non so dove altro andare’. L’ho guardata, le ho sorriso, ho annuito e le ho detto ‘Ti capisco’. Non era una risposta preparata, era istinto”.

Valisce aveva poi invitato il membro di Scarlet Alliance e le altre donne pro-prostituzione che la accompagnavano a parlare con lei dopo l’evento. “Una venne da me e riuscimmo a parlare serenamente. Le altre tre mi accerchiarono. Fu una sensazione strana. Poi si avvicinarono e cominciarono a urlare tutte insieme con le voci che si sovrapponevano l’una sull’altra.”

“Vivono costantemente sulla difensiva, ma non riescono ad accettare che non si sia d’accordo sulle soluzioni ai problemi. Non è stato certamente il solo episodio di bullismo che mi sia capitato e neanche minimamente il peggiore. È stato in quel momento che mi sono resa conto di come avessi vissuto sul limite per tanto tempo e di come fare la vita non mi mancasse per nulla.”

Anche Mau è stata oggetto di bullismo da parte della lobby pro-prostituzione che l’ha accusata di aver inventato la storia di essere una sopravvissuta all’industria del sesso. “I lobbisti mi hanno contattata su Twitter e hanno cercato di farmi passare per pazza. Esiste un gruppo di sex workers qui in Germania”, dice Mau. “sono sempre presenti su internet e hanno scritto che ero un fake, che mi ero inventata tutto. Lo dicono di chiunque dica la verità sulla prostituzione”.

Presto Mau si rese conto che molti giornalisti credevano alla storia dei lobbisti pro- prostituzione secondo cui lei avrebbe inventato la sua storia nella prostituzione. “I giornalisti tedeschi non mi contattavano perché pensavano che io fossi una che fingeva. Se cerchi su internet trovi scritto che io non esisto”, dice Mau. “Mi ha hanno mandato mail fingendo di essere una stazione radio che voleva intervistarmi e speravano che gli dessi il mio numero di telefono, ma non l’ho fatto”.

“Der Spiegel mi ha contattata”, racconta Mau, “e dopo avermi intervistata per un articolo sul mercato del sesso ha voluto la prova della mia esistenza, che è piuttosto difficile per me perché non posso dare il mio nome o il mio numero di telefono. È veramente meschino quello che sta facendo la lobby. Non puoi provare che esisti e che sei stata una prostituta. Non c’è nessun pezzo di carta che dice che sei una prostituta”.

LA LOTTA PER IL “DIRITTO” DI VENDERE SESSO

Tre attiviste pro-prostituzione, Terri-Jean Bedford (che aveva precedentemento gestito agenzie di escort), l’accademica Amy Lebovitch e Valerie Scott, hanno trascinato il governo canadese in tribunale sostenendo che la sua legge sulla prostituzione fosse incostituzionale. Le tre donne portavano avanti una compagna per eliminare tutte le leggi riguardanti il mercato del sesso.

Bridget Perrier si trovava in tribunale e, dopo la decisione del giudice, Bedford iniziò a scuotere il suo frustino (Bedford praticava BDSM), divertendo i tanti giornalisti intervenuti per scrivere su quello che stava accadendo. Perrier aveva portato con sé una cinghia che aveva chiamato “il bastone della sua pappona”, raccontando ai giornalisti che era stata picchiata dalla sua pappona con quello strumento tutti i giorni.

In tribunale con Perrier c’era sua figlia adottiva Angel, la cui mamma è stata uccisa da Pickton. “Terri-Jean era troppo codarda per affrontarmi, così si mise a inseguire una diciottenne la cui madre è stata assassinata da un serial killer di donne prostituite”, dice Perrier. “Ma avevo istruito bene la mia bambina. La mia bambina le disse: ‘Sul corpo di mia madre morta non saremo mai d’accordo che regolamentare la prostituzione sia un bene per le donne’”.

“Angel le disse che avrebbe combattuto perché la prostituzione non fosse legittimata, e Terri- Jean si spinse fino al punto di mettere le mani addosso alla mia bambina. Dopo che ebbe finito di punire mia figlia si mise ad inseguire una delle nostre sopravvissute, una ragazza che ha subito torture sessuali da quando aveva 11 anni fino ai 25. Andò da lei dicendole: ‘Perché piangi, questo è un giorno vittorioso per noi’. Mi ricordo la nostra ragazza che la guardava, e c’era una foto di questa ragazza e Terri-Jean sui giornali, e questa sopravvissuta puntò il dito dritto contro Terri-Jean e le disse: “Questo è un giorno d’inferno”.

“La lobby pro-prostituzione ha scaricato le foto delle mie bambine da facebook ”, dice Perrier “e ci hanno scritto sotto ‘le future puttane di Bridget’ . La lobby mi ha mandato foto di bambine che avevano rapporti con uomini adulti. Non riuscivo a smettere di guardare quelle foto perché la mamma che è in me voleva entrare in quelle foto per salvare quelle bambine piccole. Quelle erano bambine di 4 anni”. […]

Alice è stata prostituita nel Queensland all’età di 22 anni. “ Non avevo mai sentito il termine ‘gaslighting’ fino a quando non ho raccontato pubblicamente la mia storia di quando sono stata nella prostituzione”, dice Alice. “Il gaslighting è qualcosa che ho vissuto in modo continuo nella mia vita, a cominciare da quelli che mi hanno sfruttata sessualmente quando ero minorenne, da quando avevo 5 anni, fino all’età adulta, quando l’ho subito da vari altri abusanti e persone violente. Ma per nessun motivo al mondo mi sarei aspettata di incontrare persone che mettevano in atto gli stessi comportamenti dopo che avevano saputo che ero sopravvissuta all’industria del sesso”.

“L’aperta opposizione e il comportamento messo in atto nei miei confronti dalla lobby pro- prostituzione da quando ho cominciato a parlare in pubblico della mia esperienza nell’industria del sesso ha preso di sorpresa perfino il mio io pessimista catastrofico” racconta Alice. “Posso dire adesso con certezza che la lobby pro-prostituzione è il mostro più grande, più spietato e di gran lunga più crudele che io abbia dovuto affrontare, peggio delle malattie mentali che ho sviluppato come risultato di tutti i traumi che ho subito”.

Poco tempo dopo che Alice aveva criticato apertamente l’industria del sesso e raccontato le sue esperienze personali all’interno di essa, la lobby pro-prostituzione ha cominciato immediatamente ad etichettarla come SWERF (femminista radicale che esclude le sex worker), affermando che lei odiasse le donne che si trovavano nella prostituzione. “La lobbypro-prostituzione mette continuamente in dubbio il mio passato e dichiara che mi sono inventata il fatto di aver lavorato nell’industria del sesso,” dice Alice. “Quelli che non mi danno della bugiarda mi dicono che sono ‘naif’ ,‘stupida’ e che sono stata ‘sfruttata e usata’ dalle abolizioniste per portare avanti la loro causa. Altre mi hanno accusata di aver voluto fare soldi pubblicando la mia storia e dicono che rubo soldi alle sopravvissute e alle donne che si trovano nell’industria”.

Alla conferenza “L’oppressione più antica del mondo”, che si è tenuta nell’aprile del 2016 a Melbourne, in Australia, alcuni contestatori sono saltati fuori nel luogo di incontro distribuendo volantini che contenevano propaganda a favore dell’industria del sesso e sui cosiddetti benefici per coloro che scelgono di fare l’esperienza del sex work. In uno dei cartelloni di protesta c’era scritto “Perché essere poveri?” La lobby pro-prostituzione aveva cercato di far cancellare la conferenza prima che avesse luogo sostenendo che la discussione sui danni del mercato del sesso, che secondo la lobby sono invenzioni, sarebbe stata pericolosa per le donne che scelgono di stare nella prostituzione.

Le sopravvissute mi hanno anche raccontato di numerosi casi nei quali la lobby pro- prostituzione irrompeva durante eventi abolizionisti cercando di convincere le donne che erano uscite dalla prostituzione a tornarci, sostenendo che le sopravvissute dovevano aver vissuto delle sfortunate e rare brutte esperienze con i clienti e i papponi, e avrebbero dovuto lavorare nei bordelli “giusti”.

“Durante un evento, appena 10 minuti dopo il mio racconto del trauma terribile che l’esperienza nell’industria del sesso mi ha lasciato,” dice Alice, “una donna è venuta da me e ha iniziato a parlarmi di come si stava rendendo conto delle terribili condizioni lavorative che esistevano nei bordelli nell’area in cui eravamo (un posto dove la prostituzione è legale e regolamentata). Per lei le terribili condizioni di lavoro non includevano gli abusi dei clienti e dei datori di lavoro, o l’abuso massiccio di droghe usate comunemente come mezzo per sopportare i continui traumi”

 “No, per lei, le terribili condizioni di lavoro erano costituite dal fatto che, dal momento che la prostituzione era regolamentata con bordelli legali, chiunque ci lavorasse doveva consegnare una porzione dei suoi guadagni ai propri datori di lavoro. Presupponendo in maniera errata che si trattasse del posto dove avevo lavorato all’interno dell’industria del sesso australiana, questa donna mi assicurò che ‘le condizioni sono davvero migliori nel New South Wales e ti consiglio davvero di venire giù e dare un’altra chance al sex work’. Ero completamente sotto shock – non aveva ascoltato la mia storia che avevo raccontato appena 10 minuti prima? Scoprii più tardi che la donna con la quale avevo parlato aveva di recente lasciato la sua posizione di presidente di un gruppo austrialiano di sex worker – una posizione che aveva mantenuto per almeno dieci anni”.

Sono stata testimone degli abusi e delle calunnie diffuse contro Moran in più di un’occasione. Moran descrive il trattamento che le ha riservato la lobby pro-prostituzione come profondamente lacerante e distruttivo

 Lo stesso schema si ripete nella vita di tutte le sopravvissute che prendono parola in pubblico. A Berlino, durante la conferenza per il lancio del suo libro, la prima domanda che è stata fatta a Moran è stata: “che cos’hai da dire a quelli che sostengono che hai inventato tutto?” “Non c’è da meravigliarsi se le donne più giovani, più vulnerabili sono perseguitate proprio perché prendono parola pubblicamente. Ovviamente si tratta di una strategia consapevole da parte della lobby pro-prostituzione, e queste donne giovani non riescono a reggere lo stress,” dice Moran. “Sono felice di essere arrivata a fare attivismo quando avevo passato i 35 anni ed ero uscita dalla prostituzione da più di dieci anni. Niente può perseguitarmi e sono ben capace di gestire lo stress.”

Il movimento delle sopravvissute all’industria del sesso continua a crescere nonostante gli sforzi di papponi e lobbisti pro-prostituzione. Una cosa che ho capito durante il tempo che ho passato con le sopravvissute abolizioniste è quanto siano piene di speranza e ottimiste, nonostante tutte le barriere e gli ostacoli che devono affrontare.

“Sono qui per fare la differenza ”, mi ha detto una sopravvissuta che ho incontrato nel Minnesota. “Per parlare per conto delle persone considerate inutili. Oggi piango perché sono guarita, perché ho vinto, perché sono sopravvissuta.”


Pubblicato il

“Femminile plurale”, scritta una meravigliosa pagina di Cultura


La Provincia, 6 novembre 2018


– Ad Allumiere sabato pomeriggio si è scritta una meravigliosa pagina di cultura con la “C” maiuscola che resterà indelebile nel cuore di tutti.

Ad Allumiere sabato pomeriggio si è scritta una meravigliosa pagina di cultura con la “C” maiuscola che resterà indelebile nel cuore di tutti. Tantissime persone nell’Auditorium (e altrettante nell’androne del museo con la diretta streaming e altre sono rimaste fuori per mancanza di spazio) hanno assistito alla finale della prima edizione del concorso letterario “Femminile plurale”, madrina d’eccezione la grande, Dacia Maraini, la più grande scrittrice vivente, una donna eccezionale che ha incantato tutti. Letteratura, musica, arte ma anche le tematiche attuali narrate nei libri finalisti: queste le sfaccettature meravigliose della cultura a tuttotondo toccate durante la manifestazione e tutte queste arti sono state presentate ai massimi livelli rendendo speciale e unica la serata tanto che all’unisono il pubblico, le scrittrici finaliste e il pubblico si sono complimentati per la perfetta organizzazione. A dirigere e gestire gli spazi e i momenti come un perfetto direttore d’orchestra è stato il presentatore d’eccezione Gino Saladini che, tra l’altro, ne ha approfittato anche per fare un elogio della cultura e ha invitato a «spegnere più spesso televisioni e mezzi informatici e dedicarsi alla lettura e alla Cultura in tutte le sue componenti. Leggete, leggete, leggete».

La manifestazione è stata eccezionalmente organizzata dall’assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità Brunella Franceschini in collaborazione con il sindaco Pasquini, la Pro Loco, l’amministrazione comunale e un eccezionale gruppo di lavoro composto da Flavia Verbo, Valerio Chiacchierini,  Tiziana Franceshini, Francesca Tiselli, Cecilia Toffali e Karyn Minerva e con il prezioso contributo della Fondazione Cariciv e del Consiglio Regionale del Lazio.

  Lo scettro della vittoria di questa prima edizione è andato al libro reportage “Nonostante il velo scritto dalla giornalista Michela Fontana (edito da VandAePublishing e Morellini); secondo posto per “Gli anni forti” scritto da Paola Martini (ed. Manni); terzo posto, invece, per “La Ragazza nella foto” di Donatella Alfonso e Nerella Sommariva (ed All Around).

Intelligente, chiara e sensibile Dacia Maraini ha raccontato la sua vita, i suoi libri, la sua famiglia e i tanti amici con cui ha diviso porzioni di vita fra i quali Pasolini, Moravia (autore della prefazione del suo primo libro) e tante grandi scrittrici e alla fine è stata disponibile a incontrare i tanti ammiratori e a firmare loro le copie dei suoi libri che erano in vendita durante la manifestazione;  ha raccontato della sua passione per i viaggi ereditata dalla nonna «che sola zaino in spalla ha girato il mondo». La Maraini ha parlato del ruolo della scrittura al femminile nel tempo, sottolineando come questa sia discriminata, specie dalle istituzioni: «Oggi  le cose sono cambiate – ha spiegato – grazie soprattutto a quelle autrici che nel secondo dopoguerra, col sostegno dell’editore Luigi Einaudi, si definirono scrittori, elevando la prosa femminile fino ad allora confinata ai romanzi rosa. Penso a Lalla Romano, Anna Banti, Anna Maria Ortese, Elsa Morante, Natalia Ginzburg. Avendole conosciute posso dire che erano donne eccezionali e coraggiose, sia pure diverse tra loro».  Ha raccontato che  deve la sua passione per la lettura e la scrittura alla mamma e alla nonna che erano scrittrici, al padre etnologo che scriveva i  saggi « Tornati dal campo di concentramento in Giappone eravamo – ha spiegato ancora – poverissimi – l’unica cosa che a casa nostra non mancava mai erano i libri. Leggere è importante per la propria formazione, è un motore che mette in motosa fantasia. Il libro viene scritto da uno scrittore ma ogni lettore lo riscrive nella sua fantasia». Ha raccontato le sue esperienze da scrittrice di testi teatrali di nicchia (uno che qualche anno fa ha debuttato a Civitavecchia) e di suoi testi utilizzati per il cinema. Durante la serata le autrici finaliste hanno raccontato i loro libri con intervalli di musica al pianoforte (a quattro mani) eseguita magistralmente da Paola Ingletti e Assunta Cavallari e con alcune pagine dei libri lette e recitate dall’attrice Novella Modellini. Tutti e tre i libri hanno toccato tematiche forti: Donatella Alfono con “La Ragazza della foto” ha raccontato la storia vera di un partigiano ebreo di buona famiglia e una giovane contadina, Paola Martini con “Gli anni forti” ha tracciato uno spaccato del decennio tra il 1968 e il 1978, quando in Italia, le donne conquistarono diritti fondamentali come quello alla sessualità, alla maternità consapevole, all’uguaglianza fra uomo e donna; infine la vincitrice Michela Fontana con “Nonostante il velo” ha parlato della condizione delle donne in Arabia Saudita. Non a caso Allumiere con Femminile plurale ha scelto di premiare e mettere in gioco scrittrici donne «di oltre 5mila concorsi letterari per la prima volta Allumiere – ha spiegato la giurista Veronica Ricotta ha indetto un concorso di questo genere». «La comunità di Allumiere – ha spiegato l’assessore Brunella Franceschini – deve molto alle donne, fin da quando, mentre gli uomini lavoravano nelle cave di allume, loro mandavano avanti la vita familiare e sociale. Negli anni ’70, poi ad Allumiere nacque la prima cooperativa femminile che confezionava abiti, “La Lumiera” e che è ricordata nella mostra fotografica nel Palazzo Camerale a cura di Rita Moraldi, una delle sue fondatrici».

Impeccabili gli alunni dell’Istituto alberghiero Stendhal, sotto la supervisione della dirigente Stefania Tinti, che sono stati perfetti camerieri e hostess durante l’aperitivo finale. Da rilevare che il book office della libreria “Scrittori e Manoscritti”  di Ladispoli ha registrato il tutto esaurito per i tre libri finalisti e quelli della Maraini  (la scrittrice presenterà il suo ultimo libro proprio nella libreria di Ladispoli).

La presidente della Fondazione Cariciv Gabriella Sarracco, piacevolmente colpita dalla manifestazione ha già anticipato il sostegno dell’Ente per l’edizione del 2019 di questo concorso. Orgoglioso il sindaco Antonio Pasquini: «Complimenti all’assessore Brunella Franceschini e a tutto il suo gruppo che è stato fantastico. Un anno di grande lavoro svolto con passione, professionalità, spirito di gruppo ed amore verso il prossimo. Ritengo giusto, importante e doveroso voler premiare il valore della donna, ancor oggi, purtroppo, troppo spesso messi in ombra. Il successo di questa prima edizione è stata una partenza fantastica per un grande progetto che guiderà positivamente la nostra comunità. Questo vuole anche dire donare al prossimo. Grazie ragazze».


 

Pubblicato il

“Femminile plurale”, Dacia Maraini ospite alla chiusura del concorso


di Tiziana Cimaroli (Il Messaggero, 2 novembre 2018)


In nome e per conto delle donne, arriva ad Allumiere la prima edizione di “Femminile plurale”, atteso concorso letterario la cui finalissima si svolgerà domani alle 17.30 nella Sala nobile del Palazzo camerale di piazza della Repubblica. Continua a leggere “Femminile plurale”, Dacia Maraini ospite alla chiusura del concorso

Pubblicato il

BlackFridaySuffragetteMemorial un buono sconto per ricordare il Black Friday delle Suffragette del 1910

Era il venerdì 18 novembre 1910, giornata in cui 300 donne al motto “Fatti, non parole” marciarono verso la Camera del Parlamento a Londra per protestare e lottare per il diritto al voto. La polizia reagì in modo molto violento, picchiandole brutalmente, tanto che due di loro morirono a seguito delle ferite, e 115 furono arrestate. Da quel black friday, le suffragette alzarono il livello di lotta adottando tecniche di guerriglia urbana: rompevano le vetrine dei negozi, davano fuoco alle case, solitamente a quelle di uomini politici, o ai club riservati ai soli uomini. Centinaia di donne finirono in prigione durante gli anni delle battaglie per il voto; molte di loro, che per protesta facevano lo sciopero della fame, furono alimentate forzatamente.

La legge per il diritto di voto fu approvata in Gran Bretagna solo nel 1918, ed era limitata solo alle donne sposate e over 30 anni. Solo nel 1928 il diritto fu esteso a tutte le donne. In Italia sarà necessario aspettare il 1946 per il suffragio femminile. Mentre lo Stato di Città del Vaticano è l’unico al mondo a non riconoscere ancora oggi il suffragio femminile.

Per ricordare la storia delle lotte femminili e invitare alla scoperta dei temi del femminismo alla redazione di VandA abbiamo creato uno speciale buono sconto dedicato all’occasione BlackFridaySuffragetteMemorial che vale 5 Euro sull’acquisto di qualsiasi ebook. Scegliere gli ebook e metterli nel carrello, nel carrello si può attivare lo sconto copiando il nome del buono sconto nella casella. Il buono si potrà usare fino a domenica 25 novembre a mezzanotte.

Molti ebook costano meno di 5 euro e potrete averli gratis!

 

 

 

Pubblicato il

Convegno – Daniela Danna a Milano

Milano, 29 novembre 2018, dalle 10.00 alle 18.00


  Daniela Danna  partecipa al Convegno Mater Iuris.

Il diritto della madre: uscire dalla simmetria giuridica dei sessi nella procreazione

Convegno presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze politiche, economiche e sociali, via Conservatorio 7, 29 novembre 2018, Sala Lauree.

Comitato scientifico: Valentina Calderai (Diritto privato, Università di Pisa), Daniela Danna (Sociologia, Università di Milano), Olivia Guaraldo (Filosofia politica, Università di Verona), Silvia Niccolai (Diritto costituzionale, Università di Cagliari), Elisa Olivito (Diritto costituzionale, Università di Roma), Susanna Pozzolo (Filosofia del diritto, Università di Brescia), Monica Santoro (Sociologia, Università di Milano)

Programma

Il convegno intende stimolare una riflessione delle giuriste e di tutti coloro che studiano la società intorno ad una coppia di domande: ci chiediamo se sotto la rivisitazione paritaria e neutra, che ha interessato nel corso degli anni il diritto di famiglia, non sia all’opera ancora, o nuovamente, un diritto prevalente del padre, e se questo assetto non possa essere ripensato, alla luce del patrimonio del pensiero femminista nel diritto. A questo pensiero intendiamo richiamarci, nelle sue ricche sfaccettature, che annoverano figure e percorsi diversi, ma sono tutte accomunate dalla critica nei confronti dell’automatismo della parità e dell’aspirazione alla mera simmetria dei sessi; riflessioni che hanno saputo sempre, partendo dalle donne, parlare del mondo, riconoscendo e criticando i modelli di convivenza che si sono venuti affermando, i quali condizionano e influenzano, anche, l’argomentazione giuridica e la riflessione sociale.

Si pensi all’elaborazione della nozione di ‘uguaglianza valutativa’ di Letizia Gianformaggio; all’ampia riflessione che approfondisce l’intreccio fra capitalismo e patriarcato e, in questa cornice, alle considerazioni di Carole Pateman sul ‘contratto sessuale’ e sulle ambiguità del concetto di ‘genere’; oppure alla riflessione che coglie, con Martha Fineman, il legame tra la “neutralizzazione” della madre e le esigenze del mercato. Oppure, agli studi che hanno riconosciuto nella medicalizzazione del corpo femminile, della gestazione e del parto, l’annuncio di una idea di soggettività e di socializzazione basate sulla ‘managerializzazione del sé’, che si sono col tempo rivelate cruciali nella costruzione della governamentalità ‘neo-liberale’, come nella lettura di Barbara Duden; e ancora alle ‘istituzioni della maternità’ di cui parla Adrienne Rich, che possono assumere storicamente forme diverse, ma riproporre identiche finalità espropriative e di controllo sulle donne, in particolare nella surrogazione di maternità.

Molti sono gli ambiti che si aprono e che possono essere esplorati, sia in chiave di diritto positivo, sia di analisi filosofica e sociologica, a partire da una riflessione volta a interrogare problematicamente una simmetria giuridica dei sessi nella procreazione che neutralizza la donna.

In particolare, da un lato, è stato da lungo tempo sottolineato che l’approccio ‘neutro’ ai temi della famiglia in nome della “parità” e della “fungibilità tra i sessi” può nascondere una nuova insidiosa discriminazione, nel senso di un trattamento incongruo e inappropriato, e di una perpetua svalorizzazione, nei confronti dell’esperienza femminile. Oggi, sul terreno della concreta esperienza giuridica, segnali significativi di simili insidie vengono chiaramente alla luce quando, in nome di un interesse superiore del minore tutto declinato nel cono di un principio paritario di bi-genitorialità, l’applicazione dell’affido condiviso apre a tragiche contraddizioni nei casi di conflittualità e di violenza. Più equa ci appare una prospettiva che, ben oltre il discorso individualista e il suo correlato paritario – oggi egemoni nel diritto – faccia spazio, proprio nel diritto, a una concezione costitutivamente relazionale della soggettività, nei suoi aspetti più concreti e materiali.

D’altro lato, è consolidata la consapevolezza che la famiglia, organismo centrale nell’autonomia sociale, risente delle dinamiche interpretative e delle pratiche che interessano il “governo” delle soggettività, e l’idea stessa di individuo e di persona, pratiche che hanno un loro centro nevralgico nella regolazione della fecondità femminile e degli istituti connessi. In questo quadro, rappresenta una sfida interrogare, per un verso, il concetto neutro di ‘omogenitorialità’– che si sostituisce a espressioni, sessuate, quali ‘doppia maternità’ e ‘doppia paternità’ – e, per l’altro verso, confrontare la rivendicazione di un principio neutro di “genitorialità alla nascita” con il principio mater semper certa – universale fino all’introduzione dell’istituto giuridico della surrogazione di maternità in California con Johnson v Calvert (1993). Riteniamo che la regula juris del mater semper certa possa essere interpretata oggi in chiave favorevole a nuove dimensioni di libertà femminile, traducibili in istituti giuridici capaci di rispecchiare la differenza sessuale.

In questa cornice possiamo enucleare, esemplificativamente, alcune domande:

È possibile sviluppare un “universalismo” a partire dalla prospettiva femminista o l’analisi femminista deve essere annoverata tra quelle politiche “parziali” e/o di parte?
Si può andare oltre l’anatema “essenzialista” che colpisce ogni uso politico e intellettuale dell’idea di differenza sessuale?
Quali sono le connessioni tra prospettiva femminista e critica all’intreccio tra capitalismo e patriarcato?
Come tener conto della differenza sessuale nella generazione e nella filiazione?
Quali i percorsi della soggettività giuridica e dell’idea di libertà nelle visuali critiche del diritto, giusfemministe e della differenza sessuale?
Donna, concepito, terzi: come individuare la libertà femminile nella generazione, in una scena della filiazione sempre affollata da ulteriori interessi?

 

Pubblicato il

Evento – “La piccola principe” @Bergamo

Bergamo, 30 novembre 2018 ore 17.30


– VandA.ePublishing presenta  La piccola principe di Daniela Danna.

Venerdí 30 novembre Daniela Danna presenterà il suo libro, La piccola principe. Lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione, uscito per VandAePublishing a luglio 2018. Interviene Giovanni dall’ Orto.


 

Possono i minorenni voler cambiare sesso? Da dove viene questa strana richiesta, dal momento che cambiare sesso non è realmente possibile? L’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna, secondo la quale il mondo è un testo e la realtà materiale non ha alcuna importanza, sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.
Se sei un bambino effeminato, diventerai bambina. Se sei un maschiaccio, allora sei “veramente” un ragazzo. Big Pharma ti sorride: ti venderà ormoni per tutta la vita.

 

Daniela Danna, è ricercatrice confermata in Sociologia generale presso il Dipartimento di studi sociali e politici della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Insegna Politica sociale per la laurea triennale in Scienze sociali per la globalizzazione. Tra i suoi interessi di ricerca figurano analisi dei sistemi-mondo, rapporti tra i generi, studi sulla sessualità, sociologia dell’ambiente, sociologia storica. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Dalla parte della natura, VandAePublishing in coedizione con Morellini Editore.

 


Vi aspettiamo allo Spazio di documentazione La Piralide.


 

Pubblicato il

Evento – “La piccola principe” @Milano


Milano, 27 novembre 2018, h 19


– VandA.ePublishing presenta  La piccola principe di Daniela Danna.

Martedì 27 novembre Daniela Danna presenterà il suo libro, La piccola principe. Lettera aperta alle giovanissime su pubertà e transizione, uscito per VandAePublishing a luglio 2018.

 


 

Possono i minorenni voler cambiare sesso? Da dove viene questa strana richiesta, dal momento che cambiare sesso non è realmente possibile? L’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna, secondo la quale il mondo è un testo e la realtà materiale non ha alcuna importanza, sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.
Se sei un bambino effeminato, diventerai bambina. Se sei un maschiaccio, allora sei “veramente” un ragazzo. Big Pharma ti sorride: ti venderà ormoni per tutta la vita.

 

Daniela Danna, è ricercatrice confermata in Sociologia generale presso il Dipartimento di studi sociali e politici della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. Insegna Politica sociale per la laurea triennale in Scienze sociali per la globalizzazione. Tra i suoi interessi di ricerca figurano analisi dei sistemi-mondo, rapporti tra i generi, studi sulla sessualità, sociologia dell’ambiente, sociologia storica. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Dalla parte della natura, VandAePublishing in coedizione con Morellini Editore.

 


Vi aspettiamo al Circolo ArciLesbica, via Spallanzani 7, Milano.


 

Pubblicato il

Evento – Julie Bindel a Roma


Roma, 20 novembre 2018, h 16


Julie Bindel presenta in anteprima “Il mito Pretty Woman. Come la lobby del sesso ci spaccia la prostituzione“, già disponibile in e-book e in edizione cartacea da gennaio 2019 in co-edizione con Morellini Editore.

Nel corso di due anni, Julie Bindel ha raccolto 250 interviste in quasi 40 città e Stati viaggiando instancabilmente fra Europa, Asia, Nordamerica, Australia, Nuova Zelanda, Africa orientale e meridionale. Ha visitato bordelli legali, ha conosciuto papponi, pornografi, sopravvissute alla prostituzione e donne vendute da uomini considerati “imprenditori”. Ha incontrato femministe abolizioniste, attivisti pro sex work, poliziotti, uomini di governo, uomini che “vanno a puttane”. Un’indagine approfondita, appassionata e sofferta che rivela le bugie di una mitologia tesa a truccare gli sporchi interessi di un’attività criminale fra le più redditizie, la tratta globale. L’unico testo che tratta il tema a livello mondiale, in un momento in cui sono numerosi i governi che cominciano a interessarsi alla questione. Il libro uscito, nel 2017 (The Pimping of Prostitution: “Abolishing the Sex Work Myth”), è stato accolto con grande entusiasmo dalla critica e ha ricevuto eccellenti reviews da grandi firme dell’attivismo sociale, del femminismo, del giornalismo, una fra tutte, Gloria Steinem.

 

Pubblicato il

Julie Bindel a Bookcity


Milano, 17 novembre, h 14.


– VandA.ePublishing presenta  Julie Bindel a Bookcity.

Sabato 17 novembre alle 14 sarà presentato, in occasione di Bookcity, il nuovo libro di VandAePublishing: Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione uscirà a gennaio 2019 in coedizione con Morellini Editore.

L’incontro si tiene al Teatro Franco Parenti – Cafè Rouge sabato 17 novembre alle ore 14.

Di seguito la locandina dell’evento:

 

Vi aspettiamo al Teatro Franco Parenti, in via Pier Lombardo 14, Milano.

Pubblicato il

Le motivazioni del Premio Letterario Femminile Plurale a Michela Fontana per Nonostante il velo


Nonostante il Velo: Donne dell’Arabia Saudita
di Michela Fontana, Vanda-epublishing, giugno 2018

Nonostante il velo di Michela Fontana è un lungo, affascinante viaggio in una società e in una cultura, quella dell’Arabia Saudita, di cui sappiamo ben poco, nonostante il paese rivesta un ruolo fondamentale e delicatissimo nello scenario geopolitico contemporaneo. Tra i tanti divieti imposti alle donne nei paesi islamici c’è anche quello di guidare. Un’azione che molte di noi compiono quotidianamente senza pensare che sia un diritto, un’azione negata ad altre donne come noi per cui la repressione di genere è talmente alta da impedirne addirittura la mobilità. Il 6 novembre 1990 a Riad viene organizzata una manifestazione per il diritto alla guida per le donne. Aisha, una delle promotrici della protesta, viene allontanata dalla capitale saudita. Nel 2011 la ribellione si riaccende grazie a una nuova generazione di attiviste che sfruttano anche i mezzi di comunicazione globale di cui disponiamo oggi grazie all’evoluzione di internet. Michela Fontana, attraverso la voce di undici donne dell’Arabia Saudita racconta la loro lotta e le loro paure, la loro storia, il loro quotidiano e la straordinarietà di una disubbidienza che è appannaggio soprattutto delle donne più abbienti di Riad che possono contare sulla copertura della famiglia, donne ritenute eversive dal governo e spesso allontanate.

Motivazione
Nominare, rinominare le cose per farle esistere: questo dovrebbe essere uno dei compiti della letteratura. Sottrarre all’oblio volti, storie, i nomi che nessuno pronuncia, per riconsegnarli infine al presente, con la forza della narrativa e dell’inventiva. Oppure con l’inchiesta, con la scrittura giornalistica. Michela Fontana, attraverso la testimonianza diretta di alcune donne saudite – l’Arabia Saudita resta un paese sconosciuto, anche perché impenetrabile, un vero e proprio inghiottitoio per le donne che devono confrontarsi con la proibizione, la vessazione, la sottoposizione a un guardiano che non si distrae mai – ci racconta da una prospettiva che ha a che fare con la quotidianità (una quotidianità che talvolta diviene intima) come proprio le donne si siano fatte portatrici di una clamorosa istanza di rinnovamento, sfidando con coraggio il proprio tempo e uscendone sì segnate, ma non sconfitte. Come richiede una scrittura di testimonianza, la lingua che sceglie l’autrice per raccontare di queste donne è schietta e sincera. A questa chiarezza di fondo contribuisce un utile glossario di servizio che spiega i tanti termini arabi che costellano il racconto-reportage. Michela Fontana ha anche uno spiccato interesse per l’onomastica araba, come spiega fin dalle prime pagine, e si preoccupa di tradurre sistematicamente il significato dei nomi delle donne che costituiscono il coro di voci di Nonostante il velo. Aisha, Nura, Hessa e le altre donne saudite, con le loro testimonianze, ci restituiscono un quadro sfaccettato e autentico della condizione della donna in uno dei Paesi islamici più repressivo, invitandoci a riflettere anche sulla condizione della donna in Italia, in una prospettiva femminile e plurale. Un grande paradosso aleggia intorno a questo libro: le donne che con i loro racconti hanno dato vita a Nonostante il velo non possono leggerlo, perché in Arabia Saudita è haram, cioè proibito. Il taglio di questa opera è veramente femminile e plurale : una donna che guarda, interroga, racconta da vicino altre donne, diverse da lei e fra loro per classe sociale, temperamento, esperienze di vita. Il calore del racconto in prima persona e la vividezza del reportage si alternano alla chiarezza del resoconto storico; seguiamo le vicende politiche di un intero paese, ma entriamo anche nelle case e negli ambienti di lavoro di chi lo abita, e soprattutto vediamo e ascoltiamo le protagoniste: donne più o meno giovani, più o meno ribelli, più o meno privilegiate. Mescolando con mano sicura memoir e giornalismo, Michela Fontana ha saputo creare un ritratto collettivo delle donne saudite pieno di dettagli e sfaccettature, lontano dai cliché e dalle generalizzazioni: in un’epoca in cui sembra sempre più difficile trovare chi guarda l’Altro da Sé con reale curiosità, il suo sguardo attento e rispettoso – ma anche lucidamente critico – e la sua scrittura precisa e mai banale sono strumenti preziosi di indagine e comprensione del mondo. Un lavoro meticoloso, empatico a tratti, condotto entrando nelle case, sedendo alle tavole, raccogliendo gli umori di professioniste, studentesse, attiviste, islamiste, scrittrici, mogli, madri – che ci aiuta a far luce su una delle tante prove a cui le donne sono costrette nella loro storia universale, e che faremmo bene a recuperare al nostro immaginario, perché il medioevo dei diritti non è mai scongiurato una volta per tutte.

Motivazione Primo Classificato 2018 – Premio Letterario Allumiere