di Anna Vallerugo (Satisfiction, 2014)
– Rispetto e amore: non c’è pagina di “Siracusa Dizionario sentimentale di una città” (VandA epublishing) di Giuseppina Norcia che non lasci trasparire entrambi, nella tangibile profondità del legame che lega l’autrice – scrittrice giovane, entusiasta divulgatrice culturale, esperta di drammaturgia classica – alla sua città.
Un legame vivo, tutt’altro che fine a se stesso, che le concede la grazia di stilare un suo personale percorso di conoscenza tra storia, arte e mito siracusani, costruito sulla falsariga della guida turistica ma disposto secondo uno criterio alfabetico emozionale stupefacente che ne fa vero romanzo.
Il solco in cui si muove Norcia è quello del “manuale colto”: chi si accosta a questo libro vi troverà certo precise indicazioni per imbastire una significativa visita personale della città.
Il bello però (e ce n’è molto), viene dopo. Dal potenzialmente arido elenco di “must see”, Giuseppina Norcia si distacca in modo dichiarato fin dalle prime righe, dove annuncia un percorso tra memorie e agnizioni, tra la pesante eredità siracusana di un passato stratificato e la vitalità della Sicilia del presente.
“Di Siracusa potrei dirti molte cose, ma sarebbe come non dirti nulla”, spiega l’autrice, attaccando frontalmente il lettore. “Perché la città dei desideri scivola sempre dentro quella della realtà, la modella, la inventa a tal punto da non sapere io stessa quale sia la verità.
Il modo in cui raccontiamo una città non è che lo specchio della nostra anima. Ho sognato di essere felice, qui. Un mosaico di infinte storie guariva una terra malata. Ma ho visto anche città diverse separarsi sotto lo stesso nome o succedersi indifferenti e distratte, senza neanche guardarsi. Allora ho sentito come un suono di solitudini, di fughe immaginarie, di incolmabili distanze. Così non so dire se Siracusa sia una città felice o infelice.”
E’ solo ponendosela alle spalle dopo “averla abitata”, dice, e “lasciato che mi abitasse”, in una concreta lontananza geografica (un po’ come succede a certi grandi amori, che si inquadrano in tutta la loro potenza solo prendendone una necessaria, salvifica distanza), andando ad abitare lontanissima, a Newport, l’autrice riesce a coglierne finalmente l’anima e “china sul suo cuore di conchiglia” arriva a sentirne l’ “alfabeto segreto”.
Dalla A di Aretusa, la ninfa greca che a Siracusa trovò casa, alla zeta di Zucchero, presenza costante e copiosa delle leccornie del quotidiano, è tutto uno svolgersi di inviti a scoprire gli angoli noti ma soprattutto quelli più reconditi, intimi, della città, e dei cui splendori estasianti l’autrice ci rende partecipi portandoci con forza “dentro una Bellezza insostenibile”.
Norcia non “suggerisce” la visita: ci incalza, con un trasporto amorevole e contagioso e con un scrittura sorprendente, sorretta da un linguaggio colto e da un bagaglio di conoscenza che trasmette in totale assenza di qualsivoglia forma di pedanteria.
Più che nelle inevitabili descrizioni di vestigia antiche, fontane, piazze, angoli barocchi, dei retaggi di presenze greche, arabe, ebraiche, di interminabili assedi, di vittorie e sconfitte, di personaggi a vario titolo legati a Siracusa, (da Platone a Vittorini, tra gli altri, passando per Maupassant), Giuseppina Norcia incanta con i ritratti del presente, del piccolo, del quotidiano, che acquisiscono nelle sue pagine piena dignità di racconto.
E’ nella descrizione delle stradine secondarie che nessuno conosce, dei bassi trasudanti sensualità incontenibile, è nelle “imperfezioni colme di gioia” di vicoli gravati di “respiri d’ombra” (la cui apparizione inattesa potrebbe interrompere i nostri propositi di visita propriamente turistica e instillarci il dubbio “se continuare a camminare, diritti verso il mare, o rallentare il passo per farsi toccare da questa vita che vibra dietro le tende, dentro quei muri pieni di cicatrici, e ascoltarla, rispettosamente, senza fare rumore”), che Norcia prende voce alta, e tutta sua.
Uscendo dalla semplice funzione di vademecum, di guida, ogni storia si espande, tracima il passato, arricchisce il presente di senso e vita: Giuseppina Norcia ha la capacità di penetrare e com-prendere tutta la bellezza dell’ “infinitamente piccolo” che irrompe nella vita, disarma ogni calcolo, sa riempirci di doni inattesi”, così come di com-prendere e fare proprio il mito, presenza visibile e invisibile, scenografia sostanziante.
E’ compito non facile, che presuppone facilità di parola e una solida “intelligenza sentimentale”: caratteristiche che in questa giovane scrittrice ci sono tutte e che fanno ben sperare nel suo futuro nel mondo delle lettere.